A MÒNITO
di Angelo Gaccione
Castiglione delle Stiviere Palazzo Pastorio |
Patrioti, lapidi
e polvere
Cosa
deve essere stata la battaglia del 24 giugno 1859
lo rivelano le parole di quello che diverrà l’ispiratore della Croce Rossa
Internazionale, lo
svizzero Jean Henry Dunant: “Il campo di battaglia è in ogni parte
coperto di cadaveri d’uomini e cavalli; le strade, i fossati, gli avvallamenti,
le macchie, i prati sono cosparsi di corpi morti, e gli accessi di Solferino ne
sono letteralmente coperti. I campi sono devastati, i frumenti e il grano turco
sono calpestati, le siepi rovesciate, i frutteti saccheggiati, di tratto in
tratto si incontrano pozze di sangue”. Dunant era un uomo d’affari e dunque
poco abituato alle carneficine dei campi militari, perciò ne restò fortemente
impressionato: “Il sole del 25 illuminò uno degli spettacoli più spaventevoli
che si possano presentare all’immaginazione”, sono ancora parole sue. La lapide
che ho potuto vedere a Castiglione delle Stiviere murata sulla facciata del
Palazzo Pastorio, quasi attaccato al Duomo, ci informa, infatti, che nei giorni
seguenti fu tra quanti prestò ai numerosi feriti, con slancio caritatevole, la
sua opera di soccorso, e proprio in quei giorni maturò l’idea di un organismo
che poi divenne la Croce Rossa.
La lapide murata a Palazzo Pastorio |
Messe a
confronto con le due guerre mondiali, per quanto spaventose potessero essere
quelle precedenti, comprese le guerre di Indipendenza italiane, restano pur
sempre poca cosa. La stessa guerra dei Trent’anni è poca cosa, anche se teniamo
per buone le ricerche storiche più recenti che parlano di circa 12 milioni di
morti complessivi, nel corso dell’intero trentennio.
Morti di
nazionalità diverse a San Martino come a Solferino, e i cui resti oggi riposano
assieme (almeno la morte non discrimina) negli ossari. Fra tanti crani, femori
e arti umani di ogni sorta, non c’è posto per un solo “osso” di animale. Non
se ne conserva memoria nelle due località risorgimentali; eppure, gli uomini
hanno obbligato migliaia di animali a subire il terrore delle loro battaglie,
con le devastazioni, le mutilazioni, il sangue, e il fuoco, che li ha travolti.
Molti di essi hanno salvato la vita a soldati e comandanti o ne hanno favorito
la gloria, ma non c’è lapide, né cippo, né iscrizione, che lo ricordi ai
posteri.
Solferino La lapide in Piazza Castello |
Una lapide murata in Piazza Castello ricorda invece la fierezza di Giuseppe Casnici che si oppose “al prestabilito disegno austriaco d’incendiare l’abitato e le messi”. Proprio così dice la scritta: incendiare abitato e messi.
Nel leggerla mi sono detto che una minaccia così
disumana avrebbe spinto chiunque, non solo i patrioti, ad imbracciare le armi
contro l’austriaco invasore e i loro mercenari. Perché di mercenari ce ne sono
sempre stati negli eserciti e nelle guerre, e il saccheggio per il bottino era
ampiamente autorizzato da condottieri e prìncipi, come lo erano lo stupro e
l’incendio. La presenza di mercenari contribuiva a rendere la guerra ancora più
spietata e malvagia nei suoi esiti. Perché una cosa è certa: le guerre fanno
emergere il peggio degli individui; li rende bestie più feroci di quanto già
abitualmente non siano.
San Martino La Torre Museo |
Contrariamente alla “giovane” Torre circolare di
San Martino della Battaglia, dedicata a Vittorio Emanuele II, alla cui sommità
di 74 metri di altezza si può salire
percorrendo una rampa a spirale molto comoda e agevole, gustandosi i
giganteschi affreschi dedicati al Risorgimento e quant’altro contenuto in
quello che è in realtà un vero e proprio Museo, un complesso monumentale, per
spaziare tutt’intorno ai vigneti ordinati in filari, ad una campagna ben tenuta
e facendo volare lo sguardo fino al lago di Desenzano, alla penisola di
Sirmione e ai monti che delimitano parti dell’orizzonte, la Rocca di Solferino è
una torre vetusta, risalente addirittura
al primo ventennio dell’anno Mille. Ha la forma quadrata e si innalza per soli
23 metri d’altezza. Ma poiché è posta sulla sommità di un colle che si eleva di
oltre 200 metri spaziando a perdita d’occhio sull’intera pianura circostante,
tanto è bastato perché passasse alla storia con l’appellativo di “la Spia
d’Italia”. Questa posizione strategica di prezioso “osservatorio”, si rivelò
importantissima durante la Seconda guerra di Indipendenza. Vi si accede
attraversando l’ampia piazza rettangolare, varcando la Porta a tutto sesto delle
mura e salendo a piedi fino alla cima.
Solferino. La Rocca |
In tutta la cittadina si respira un’atmosfera patriottica e sono tanti gli elementi che ve lo ricordano. Naturalmente non potrebbe essere altrimenti; ma a lasciare un’impressione più profonda (almeno per me è stato così), è la chiesa di San Pietro in Vincoli con il suo immenso ossario. I resti di settemila caduti di almeno tre eserciti diversi, molti di loro giovanissimi, hanno trovato qui pietosa sepoltura. È davvero impressionante vedere tutti questi teschi ammassati alle pareti: migliaia di vite che non hanno fatto più ritorno alle loro case, ai loro affetti; figli privati all’abbraccio di madri che li hanno attesi invano. Dovrebbero rappresentare un severo monito per i contemporanei questi poveri resti: di noi, in caso di guerra nucleare, non si potrà raccogliere neppure la polvere.
Solferino San Pietro in Vincoli. Ossario |
ALBUM
Solferino. Piazza Castello |
La Rocca |
Lapide commemorativa |