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martedì 29 settembre 2020

FILOSODIA DI UN “NATO AL MONDO”



-Sessione 3/13 maggio 2016, OEWG Ginevra
Riunione Stati non nucleari con Società Civile,
Palazzo Nazioni Unite
-Olanda, Paese N.A.T.O. chiede interdizione armi nucleari

Mi stavo chiedendo se anch’ io, sostenitore della responsabilità individuale in pace e in guerra in questi tempi nucleari, potevo avere la dignità di rivolgermi alle nostre istituzioni e, idealmente a quelle internazionali, per parlare di Pace e di invitarle alla firma di un Trattato che, primo, nella vita della politica mondiale, parla chiaramente del divieto di possesso e trasmissione delle armi nucleari e della realtà che singoli uomini usando la loro intelligenza, nelle varie circostanze  di certi avvenimenti,  hanno scelto di pensare in proprio, evitando disastri immensi a tutti.
Certo bisognerebbe che a queste richieste seguissero, compatibilmente con la situazione sanitaria esistente, azioni che ricordassero il problema e non ci si limitasse alla sua sola esplicazione. Azioni, per carità, nonviolente, che dovrebbero coinvolgere il maggior numero di gruppi pacifisti, per l’obiettivo prefissato.  
Circa la dignità di rivolgermi alle istituzioni è chiaro che dovrei avere l’aiuto di chi può farlo conoscere, almeno, attraverso i giornali on-line. È a loro che mi rivolgo, consapevole della loro libertà di scelta, che spero non escluda, chi come il sottoscritto, ha preso direzioni allargate anche alla propria vita personale, non solo a quella della sola pace in sé.
In allegato c’è la mia assunzione ufficiale della mia violenza, senza delega allo Stato, nel maggio 2016. Saluto e come sempre, grazie.
Giuseppe Bruzzone


Giuseppe Bruzzone

Chi scrive è un "nato al mondo" sul finire dell'anno 1942. Nato al mondo perché frutto dell'incontro di un uomo e di una donna. Cioè frutto della specie umana. Che poi sia nato in un certo Stato, in una città piccola o grande, lo ritengo meno importante che non il dato di fatto di cui sopra. Senza nulla togliere all' impronta, che pesa, che si può ricevere, nascendo in un posto, anziché in un altro. Ma il concetto di Specie sovrasta quello di Stato. Non ci fossero i frutti di essa, lo Stato non esisterebbe.
Rivendico quindi una mia libertà di pensiero che va oltre quella cultura, quell' atteggiamento verso i problemi che si riceve in una realtà oppure in un'altra.
A maggior ragione, nel periodo storico che stiamo vivendo, in cui i gruppi umani, nella permanente conflittualità contro altri gruppi, nella costante evoluzione del pensiero scientifico, hanno prodotto armi, che se impiegate, potrebbero distruggere la nostra stessa Storia sul Pianeta che abitiamo.
Ritengo, come osservato da diversi studiosi, che nel nostro modo di rapportarci con altri gruppi, ci sia molto del comportamento di altre specie animali sociali come le formiche. Cioè ci sia una componente animale che nel periodo storico attuale giudico deleteria. Le formiche non sanno quello che fanno. Fanno e basta. Noi, umani, dovremmo invece sapere le conseguenze dei nostri atti, proprio perché umani. E se usassimo certe armi faremmo solo opere di reciproca distruzione, non di conquista o difesa di valori o raggiungimento di obiettivi "geo-politici", come qualcuno continua a pensare non volendo accorgersi del periodo "atomico" attuale. Parlare del non uso di certe armi non vuol dire che se ne possono usare altre di tipo diverso. Vuol dire accorgersi che la nostra violenza che le ha prodotte, oggi è arrivata al massimo della sua espressione. E che occorre cambiare verso, se si vuole continuare la Vita nel suo insieme, sulla Terra. È la nostra Storia Umana che ritengo sia giunta ad un bivio. Per il Clima e la situazione conflittuale tra gli Stati, quelle politiche di accordi generali, economici e politici per contenere e isolare gli avversari ad oriente e occidente, senza lasciare loro troppe scelte; per la proprietà contestata di alcune isolette del Pacifico presa magari a pretesto per scontri generalizzati (considerato che, in quell'area, è presente un'imponente forza navale spostata dall'Oceano Atlantico per contrastare un potenziale "nemico").
Ebbene oggi riaffermo il ritiro della mia delega allo Stato italiano (già ritirata, nei fatti, decenni fa per non aver voluto compiere diverse volte il servizio militare) responsabilizzandomi della mia violenza all'interno e all'esterno del mio Stato, non accettando condotte di furberie e dominio verso chiunque. Lo Stato siamo noi cittadini che lo componiamo, nel senso pieno del termine, senza deleghe, alla pari, uomini e donne, perché non possano esserci scelte di guerra che potrebbero distruggere le vite di tutti. Ci si accorgerebbe allora che un'altra vita è possibile, proprio come, mi pare, dica una canzone. Ci fossero difficoltà economiche, i soldi da spendersi per eventuali armamenti, potrebbero essere dirottati a beneficio dei cittadini, senza il cogente rispetto della "sovranità statale". Perché la loro vita è oggi e solo oggi, non domani, e si preserveranno le modalità perché possa continuare per i nostri figli e nipoti perché questo è il senso "umano" della vita che continua. Non siamo numeri, formiche, e le nostre vite non dovrebbero essere a disposizione di altri, ma nel pieno rispetto di tutti.
Questa è appunto una filosofia: la mia. Gli amici "Disarmisti esigenti", dal titolo del libro di Hessel e Jacquard, propongono strade più dichiaratamente sociali e di gruppo e, forse, più facilmente raggiungibili nel tempo breve. Non ho intenzione di rinnegare nulla e nessuno me l'ha chiesto. Ma è l'espressione di un me stesso, che dal cornicione di una scalinata di scuola a Genova, pensava come avrebbe vissuto la vita che aveva davanti e questo mi rende contento. Grazie.

Giuseppe Bruzzone
[Milano, 18 maggio 2016]