FILOSODIA DI UN “NATO AL MONDO”
-Sessione 3/13 maggio 2016, OEWG Ginevra
Riunione Stati non nucleari con Società Civile,
Palazzo Nazioni Unite
-Olanda, Paese N.A.T.O. chiede interdizione
armi nucleari
Mi stavo chiedendo se anch’ io,
sostenitore della responsabilità individuale in pace e in guerra in questi
tempi nucleari, potevo avere la dignità di rivolgermi alle nostre istituzioni
e, idealmente a quelle internazionali, per parlare di Pace e di invitarle alla
firma di un Trattato che, primo, nella vita della politica mondiale, parla
chiaramente del divieto di possesso e trasmissione delle armi nucleari e della
realtà che singoli uomini usando la loro intelligenza, nelle varie
circostanze di certi avvenimenti, hanno scelto di pensare in
proprio, evitando disastri immensi a tutti.
Certo bisognerebbe che a queste richieste seguissero, compatibilmente con
la situazione sanitaria esistente, azioni che ricordassero il problema e non ci
si limitasse alla sua sola esplicazione. Azioni, per carità, nonviolente, che
dovrebbero coinvolgere il maggior numero di gruppi pacifisti, per l’obiettivo
prefissato.
Circa la dignità di rivolgermi alle istituzioni è chiaro che dovrei avere
l’aiuto di chi può farlo conoscere, almeno, attraverso i giornali on-line. È a
loro che mi rivolgo, consapevole della loro libertà di scelta, che spero non
escluda, chi come il sottoscritto, ha preso direzioni allargate anche alla
propria vita personale, non solo a quella della sola pace in sé.
In allegato c’è la mia assunzione ufficiale della mia violenza, senza
delega allo Stato, nel maggio 2016. Saluto e come sempre, grazie.
Giuseppe Bruzzone
Giuseppe Bruzzone
Chi scrive è un "nato al
mondo" sul finire dell'anno 1942. Nato al mondo perché frutto dell'incontro
di un uomo e di una donna. Cioè frutto della specie umana. Che poi sia nato in
un certo Stato, in una città piccola o grande, lo ritengo meno importante che
non il dato di fatto di cui sopra. Senza nulla togliere all' impronta, che
pesa, che si può ricevere, nascendo in un posto, anziché in un altro. Ma il
concetto di Specie sovrasta quello di Stato. Non ci fossero i frutti di essa,
lo Stato non esisterebbe.
Rivendico quindi una mia libertà
di pensiero che va oltre quella cultura, quell' atteggiamento verso i problemi
che si riceve in una realtà oppure in un'altra.
A maggior ragione, nel periodo
storico che stiamo vivendo, in cui i gruppi umani, nella permanente
conflittualità contro altri gruppi, nella costante evoluzione del pensiero
scientifico, hanno prodotto armi, che se impiegate, potrebbero distruggere la
nostra stessa Storia sul Pianeta che abitiamo.
Ritengo, come osservato da
diversi studiosi, che nel nostro modo di rapportarci con altri gruppi, ci sia
molto del comportamento di altre specie animali sociali come le formiche. Cioè
ci sia una componente animale che nel periodo storico attuale giudico
deleteria. Le formiche non sanno quello che fanno. Fanno e basta. Noi, umani,
dovremmo invece sapere le conseguenze dei nostri atti, proprio perché umani. E se
usassimo certe armi faremmo solo opere di reciproca distruzione, non di
conquista o difesa di valori o raggiungimento di obiettivi "geo-politici",
come qualcuno continua a pensare non volendo accorgersi del periodo
"atomico" attuale. Parlare del non uso di certe armi non vuol dire
che se ne possono usare altre di tipo diverso. Vuol dire accorgersi che la
nostra violenza che le ha prodotte, oggi è arrivata al massimo della sua
espressione. E che occorre cambiare verso, se si vuole continuare la Vita nel
suo insieme, sulla Terra. È la nostra Storia Umana che ritengo sia giunta ad un
bivio. Per il Clima e la situazione conflittuale tra gli Stati, quelle
politiche di accordi generali, economici e politici per contenere e isolare gli
avversari ad oriente e occidente, senza lasciare loro troppe scelte; per la
proprietà contestata di alcune isolette del Pacifico presa magari a pretesto
per scontri generalizzati (considerato che, in quell'area, è presente un'imponente
forza navale spostata dall'Oceano Atlantico per contrastare un potenziale
"nemico").
Ebbene
oggi riaffermo il ritiro della mia delega allo Stato italiano (già
ritirata, nei fatti, decenni fa per non aver voluto compiere diverse volte il
servizio militare) responsabilizzandomi della mia violenza all'interno e
all'esterno del mio Stato, non accettando condotte di furberie e dominio verso
chiunque. Lo Stato siamo noi cittadini che lo componiamo, nel senso pieno del
termine, senza deleghe, alla pari, uomini e donne, perché non possano esserci
scelte di guerra che potrebbero distruggere le vite di tutti. Ci si accorgerebbe allora che un'altra vita è possibile,
proprio come, mi pare, dica una canzone. Ci fossero difficoltà economiche, i
soldi da spendersi per eventuali armamenti, potrebbero essere dirottati a
beneficio dei cittadini, senza il cogente rispetto della "sovranità
statale". Perché la loro vita è oggi e solo oggi, non domani, e si
preserveranno le modalità perché possa continuare per i nostri figli e nipoti
perché questo è il senso "umano" della vita che continua. Non siamo
numeri, formiche, e le nostre vite non dovrebbero essere a disposizione di
altri, ma nel pieno rispetto di tutti.
Questa è appunto una filosofia:
la mia. Gli amici "Disarmisti esigenti", dal titolo del libro di
Hessel e Jacquard, propongono strade più dichiaratamente sociali e di gruppo e,
forse, più facilmente raggiungibili nel tempo breve. Non ho intenzione di
rinnegare nulla e nessuno me l'ha chiesto. Ma è l'espressione di un me stesso,
che dal cornicione di una scalinata di scuola a Genova, pensava come avrebbe
vissuto la vita che aveva davanti e questo mi rende contento. Grazie.
Giuseppe Bruzzone |
Giuseppe Bruzzone
[Milano, 18 maggio 2016]