Leopold
Aschenbrenner è un giovane tedesco, debitamente anglo-americanizzato, che sulla
via di New York viene folgorato da un improvviso pensiero: non sarà che noi
europei viviamo in una realtà virtuale, fabbricata da Hollywood e dal NYT? Ha
forse senso che un tedesco che legge la FAZ, o un italiano che legge
Repubblica, sappia tutto di Amy Coney Barrett, e non conosca il nome del
presidente della propria Corte Costituzionale? I pensieri di Aschenbrenner
possono apparire ingenui - la realtà europea è tutt’altro che virtuale, essendo
quella di una dipendenza effettiva, rappresentata dalla NATO, della quale gli
assassinii politici e le stragi, almeno per noi italiani, sono un segno
inequivocabile. Essi hanno tuttavia il merito di dare un indirizzo credibile alla
risposta al quesito posto da Vitale su “Odissea”. Il vulnus della nostra
generazione di ottantenni, o quasi, potrebbe infatti essere quello della resa
senza condizioni a quel predominio culturale e politico americano che Pier
Paolo Pasolini, pur nella sua limitata visione - a ossessionarlo era il
consumismo - aveva intuito essere una forma di totalitarismo più invasiva del
fascismo.