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domenica 8 novembre 2020

AUTUNNO A MILANO
di Angelo Gaccione
 


E all’improvviso, l’estate sprofondò nell’autunno”.
Oscar Wilde
 
Le metropoli non sono i luoghi più adatti per apprezzare fino in fondo tutte le sfumature di una stagione così romantica e malinconica come l’autunno. Non lo sono perché divorate da due dei mali più vistosi della modernità: il rumore e la fretta. L’autunno, invece, è una stagione dalle atmosfere rarefatte, una stagione dal passo lento, una stagione fatta di raccoglimento e di silenzio. Essa ci invita a metterci in ascolto, a scendere in profondità, a cogliere le risonanze interiori nelle loro mille variazioni e tonalità, perché è il clima stesso a suggerirlo, la luce che è divenuta più calda. Nella mia memoria l’autunno è la fiamma tremula del camino, un libro accanto alla poltrona e le foglie gialle e rosseggianti degli aceri che scendono lievi lungo i due lati del viale. Ci pensavo giorni fa incamminandomi verso la periferia, per trovare uno scorcio dove la campagna non ha ceduto del tutto il passo all’invasione del cemento; ero certo che gli alberi che vanno spogliandosi, trattenevano nel fogliame i bagliori di una luce rada di tardo meriggio. Volevo essere rassicurato, mentre mi ripetevo di continuo gli splendidi versi di Emily Dikinson: “L’acero indossa una sciarpa più gaia. La campagna una gonna scarlatta”. Volevo che questi versi si accordassero con il mio stato d’animo, con la musica che mi ronzava nella testa.     
Qual è la musica dell’autunno in una città come questa? mi domandavo. E come è possibile sentirla qui, in questo continuo via vai, in questo assedio senza requie di motori?  E come poter testimoniare di bellezza e di colori? Eppure, solo un secolo prima il pittore olandese Vincent van Gogh, aveva potuto scrivere parole come queste: “Finché ci sarà l’autunno, non avrò abbastanza mani, tele e colori per dipingere la bellezza che vedo”.
In città così innaturalmente dilatate, bisogna sorprenderlo l’autunno, andargli incontro nei rari luoghi poco battuti e nelle ore più insolite, solo così potrà parlare al vostro cuore. Ma è un privilegio raro. Può darsi che la pandemia che ha colpito questa “città della fretta” in maniera tanto vasta, ci obbligherà di nuovo a fermarci; a rallentare il passo, ad avere un altro sguardo. E sarà un autunno tremendamente malinconico, triste e desolato, come il “sepolcrale autunno” dei versi del poeta Cardarelli.