Pagine

venerdì 20 novembre 2020

I MORTI DEL PROFITTO



Operai e padroni: nessuna compatibilità di interessi.  
 
Nell’Italia democratica, il paese della “Costituzione nata dalla Resistenza”, i padroni - mentre aumentano lo sfruttamento, licenziano e peggiorano le condizioni di lavoro e di vita di milioni di lavoratori e delle loro famiglie - si ergono a paladini della “democrazia”. Noi non dimentichiamo che è anche il paese dove - subito dopo l’incendio che uccise i sette lavoratori della ThyssenKrupp nel 2007 - all’assemblea della Confindustria del 2011 l’amministratore delegato della ThyssenKrupp che vi partecipava fu applaudito in piedi da tutti i padroni italiani, nonostante fosse stato condannato a 16 anni in primo grado per omicidio.
Allora presidente della Confindustria era Emma Marcegaglia.
Padroni e manager assassini, nonostante la condanna definitiva della Corte di Cassazione (una delle pochissime volte in cui i padroni e manager sono stati condannati), sono tutti liberi, compresi i due manager tedeschi fuggiti in Germania.
L’Italia “democratica”, dove i cittadini secondo i princìpi costituzionali sono tutti uguali davanti alla legge, è il paese dove i processi contro i padroni responsabili della morte di migliaia di lavoratori per infortuni, malattie professionali, invalidi del lavoro, finiscono con la prescrizione, o con l’assoluzione “per non aver commesso il fatto” o “perché il fatto non sussiste”, lasciando gli assassini dei lavoratori ogni volta impuniti.
L’unico scopo dei padroni e della società capitalista è la ricerca del massimo profitto, sostenuti da governo, partiti e sindacati confederali o collaborazionisti. Il capitalismo è una società che, attraverso i suoi governi, legalizza il crimine contro gli esseri umani. Una società dove lo sfruttamento è legale e regolamentato con i “rappresenti dei lavoratori” dei sindacati confederali nei contratti nazionali. Per i padroni, le loro istituzioni e tutti quelli che traggono vantaggi e privilegi dallo sfruttamento, la morte sul lavoro è solo un effetto collaterale e quindi accettabile. L’unica accortezza è tenere sotto controllo i numeri delle vittime, attenti a non farli salire sopra una certa quota, per non far indignare la popolazione.
Questa è la violenza e la brutalità del modo di produzione capitalista.
Un sistema marcio e corrotto, un vampiro che si alimenta sul sangue e sulla pelle dei lavoratori, favorito da leggi che tutelano lo sfruttamento a scapito della sicurezza e della vita dei lavoratori.
La nostra esperienza nella lotta per ottenere sicurezza nei luoghi di lavoro e di vita, contro i morti sul lavoro e le malattie professionali ci ha dimostrato che non esiste una giustizia al disopra delle parti. La legge non è uguale per tutti.
Non esiste neanche la neutralità della scienza perché molti di questi “scienziati” sono delle puttane che si vendono al miglior offerente: altro che neutralità della scienza o giustizia; la scienza e la giustizia sono di parte, dalla parte degli sfruttatori. 
Il nostro Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, oltre che battersi per la sicurezza in fabbrica, cerca da anni di portare sul banco degli imputati i responsabili delle stragi operaie. Ci presentiamo parte civile nei processi dove abbiamo compagni infortunati o assassinati sul lavoro non perché ci fidiamo della giustizia borghese. La partecipazione dei famigliari delle vittime e dei lavoratori ai processi è una scuola che dimostra (più di tante parole) a chi partecipa la natura di classe dei tribunali dei padroni. Ecco perché noi ci presentiamo parte civile e partecipiamo ai processi penali. Anche se in tribunale spesso perdiamo, siamo comunque a volte riusciti a vincere importanti battaglie con la lotta, grazie alla partecipazione, alla pressione e alla presenza di tanti lavoratori e famigliari delle vittime la lotta.
Occupando con centinaia di operai esposti all’amianto la sede regionale l’INAIL della Lombardia, imponendo una trattativa e costringendo i dirigenti a farla in strada  in mezzo agli operai e non nelle segrete stanze con una nostra piccola delegazione trattante, siamo riusciti a far riconoscere la malattia professionale e i contributi previdenziali per i nostri compagni e per chi ha un’aspettativa di vita minore di circa dieci anni a causa dell’amianto, portando a casa i riconoscimenti per l’amianto per 450 lavoratori.
Dobbiamo cominciare a ragionare e organizzarci sugli obiettivi e sulle iniziative di lotta, perché se nella divisione siamo deboli, uniti siamo una forza. Per la sicurezza e contro i morti sul lavoro e tutti i morti del profitto è arrivato il momento di pensare ad organizzare uno sciopero generale o una manifestazione a Roma, coinvolgendo tutte le vittime, da quelle del lavoro a quelle delle stragi  cosiddette “ambientali”, i lavoratori a partire ai delegati non sul libro paga del padrone e a lui asserviti, sindacati di base, RLS e RSU di qualsiasi sindacato, per denunciare che la contraddizione capitale-lavoro produce morti, feriti e invalidi solo dalla parte operaia e proletaria.
La sicurezza sul lavoro e ambientale deve diventare un punto centrale anche nelle piattaforme sindacali. Dobbiamo rivendicare con forza che a condizione di morte niente lavoro!
I morti sul lavoro e del profitto sono un crimine contro l’umanità. 
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro
e nel Territorio (Sesto San Giovanni, Milano)