Pagine

mercoledì 4 novembre 2020

LIBRI E POETI


Alessandra Paganardi

La poesia di Alessandra Paganardi sbarca in America 
 
In questa raccolta bilingue di Alessandra Paganardi, titolata in inglese A Dream or Words, troviamo una eccezionale capacità immaginativa, espressa attraverso versi incisivi e allo stesso tempo distillati. Versi che nascono da una trasognata, ma intensissima disposizione onirica: anche da qui il connubio, nel titolo di questo libro, fra Verbum e Somnium). Troviamo anche l’intimo desiderio di scandagliarla, questa disposizione, fino in fondo, come a voler ricercare un bonum, attraverso le parole, quasi si avesse paura di perderle da un momento all’altro e si volesse fermarle nel loro attimo fuggente, forse per dar loro una più consistente “esistenza”.
Alessandra Paganardi sembra come essere alla ricerca di una nostalgia perduta nel tempo che però, attraverso la poesia, lei cerca di interrogare fin nelle radici, come a volerla iscrivere per sempre nella propria anima. Anche da ciò deriva, forte e suggestiva, la dimensione metaforica, che si sposa, a tratti, con quella cosmologica, nella quale l’uno, il singolo si intreccia con gli altri, fra gioia e dolore, fra aspettativa e trepidazione.
Poesia, dunque, come catarsi e ricerca di un io profondo.
Irene Marchegiani


La copertina del libro


Rosa

Hai sfogliato la rosa nel bicchiere.

Ogni giorno ne recidevi un petalo,

tagliavi un po’ di stelo a quella morte

che non appare.

È bocciolo di nuovo, ma con una

storia, nei suoi sinceri tacchi bassi.

Il tempo è sempre ciò che sa restare

dopo tutto, l’applauso a scena chiusa.

 

*** 

È stato il vento a conquistare tutto.

Vento di contrabbando, risentirlo

nel cielo rosicchiato dalle stelle

nella polvere amara sulle mani.

Quella persiana chiusa sopra i muri

di calce ripeteva la frontiera.

Anche i sentieri cambiano, si tendono

più in là della montagna indifferente -

corpi di donna a sfidare la notte

per scommettere il sole.

Vento di poche parole - domani

saranno altri sentieri.

 

***

(Per Cesare Pavese) 

Era scura di sale la terra

ce n'era un poco anche sui trapezi

dei miei occhiali appesi al viso

come in attesa di un funambolo.

Le rughe, quelle sì le amavo

le mappe sagge dei pensieri

portavano diritto alla sorgente

del male. Ma tutto era svelato,

chiara la fonte come una ferita.

Non più segreti. Non più parole.

Era rossa d'amore la terra

ma per trovare il caldo di un abbraccio

dovevo farmi radice, scendere

fino al centro del fuoco.