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martedì 3 novembre 2020

OSPEDALI NON MISSILI NUCLEARI



L’appello che ci rivolgono gli amici di Greenpeace, per sostenere la loro battaglia, è sacrosanto. “Odissea” scrive di questi argomenti sin dalla sua nascita. Personalmente lo faccio da oltre mezzo secolo. Dipendesse da noi avremmo da tempo, e lo sto scrivendo fino alla noia, trasferito metà degli uomini e delle donne delle Forze Armate alla Protezione Civile e alla cura e al controllo del territorio violato, sfregiato, inquinato, bruciato, vilipeso. Un’altra parte la avremmo destinata a supporto della lotta alle mafie e alla criminalità organizzata, al lavoro nero, al lavoro che produce morte. Un’altra ancora per potenziare una struttura nazionale capillare contro l’evasione fiscale degna di questo nome, per mettere a frutto la confisca dei beni e farli diventare una risorsa per l’economia legale, per la società. Oggi, quei pochi che si riesce dopo lungaggini assurde a confiscare, non siamo capaci neppure di usarli, di metterli a profitto. Dipendesse da noi non ci sarebbe un missile sul nostro territorio e nessuna alleanza militare. Ci sarebbero più ospedali, più ricerca sanitaria, più scuole, più asili, più case, più cura per i beni artistici, più territorio messo in sicurezza, e tanto, tanto altro ancora, perché a noi le buone idee non mancano di certo. (A.G.)


Caro Angelo,
cos’è che ti fa sentire al sicuro? Sapere che nel tuo quartiere c’è un ospedale di prim’ordine, o la presenza di sottomarino di ultima generazione attraccato nella più vicina base militare navale?
Se ti stai chiedendo cosa c’entrano le due cose insieme, ecco la risposta: un solo sottomarino nucleare equivale al costo per la costruzione di 30 ospedali di medie dimensioni. E in Italia, mentre cerchiamo disperatamente risorse per curarci, riparare le nostre scuole e garantire la sopravvivenza alle famiglie colpite dalla crisi economica, stiamo pagando 859 milioni di euro per l’acquisto di F35.
Li chiamano investimenti in sicurezza. Ma armi e arsenali possono assicurarci solo altre morti. O nella migliore delle ipotesi, resteranno parcheggiati in un magazzino lontano dagli occhi di tutti. Dietro questa finta idea di sicurezza, si nascondono enormi profitti e la sofferenza per altri popoli. 
Che senso ha continuare a spendere questi soldi ora, in cui abbiamo un disperato bisogno di strutture sanitarie e di ridurre l’inquinamento per prevenire altre pandemie e consegnare un Pianeta verde e sicuro alle future generazioni? 
Noi chiediamo al nostro Governo ORA di fermare gli investimenti in F35 e altri arsenali militari e investire in salute, istruzione e ambiente. Questa è la sola via d’uscita dalla crisi, non ripetiamo gli errori del passato!                                   


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BASTA INVESTIRE IN BOMBE E ARSENALI
Chiedi al nostro governo di investire in salute, lavoro e ambiente 


In molti paesi, compresa l’Italia, i fondi spesi nell’industria militare sono molti di più di quelli investiti in istruzione, salute, riconversione energetica.
Anche per questo ad aprile 2020, durante la prima ondata della pandemia, 50 senatori italiani hanno proposto una moratoria di 12 mesi del programma JSF F-35, indirizzando le risorse ad esso destinate per l'anno 2020 (859 milioni di euro) e parte di quelle per l'anno prossimo (747 milioni di euro) verso altri programmi di investimento. La moratoria è stata abbandonata in un cassetto, e non ha mai ricevuto risposta da parte del Ministro Guerini.
La scelta italiana sembra quella di voler continuare ad accrescere il nostro arsenale, per proteggerci da ipotetiche guerre e invasioni.
Ma noi sappiamo che è stato un virus a distruggere il nostro sistema economico e sociale: perché mancano infermieri, insegnanti, operatori sociali e infrastrutture per garantire a tutti di vivere davvero in sicurezza. E manca una visione del futuro che vogliamo. Se il nostro pianeta continua ad essere distrutto, sovrasfruttato, popolato da guerre, non saremo mai al sicuro. Noi crediamo che sia ancora possibile costruire un mondo più verde e pacifico.
Se ci credi anche tu, prendi posizione ora. Non è troppo tardi.
Greenpeace