Già dalla lettura della prima pagina ci si rende conto che il
lungo racconto Per il lobo d’oro del poeta e professore universitario
Tomaso Kemeny è un piccolo scrigno, che racchiude tanti piccoli pezzi di un
puzzle raccontati con garbo, maestria e grande ritmo narrativo. Innanzi tutto
siamo di fronte a un racconto di memorie, narrato in terza persona, quasi
l’autore voglia prendere le distanze dal proprio io, e dove il protagonista,
Tamas, diventa un comprimario e non il personaggio assoluto che emargina e
mette all’angolo gli altri. Per il lobo d’oro ripercorre quasi
sessatt’anni della vita dello scrittore, dall’accupazione della sua amata
Ungheria, prima da parte dei nazisti e poi da parte dell’esercito russo che,
presentatosi come liberatore evidenzia con il passare dei giorni la propria
natura autoritaria e repressiva, e culminerà nel 1978 con la soffocazione nel
sangue della rivota del popolo. Gli eventi tragigi del paese inducono la mamma
di Tamas, Edith, ad affidare il bambino, orfano del padre caduto sul fronte
russo, alla tata Maria affinché possa porlo al sicuro fuori da Budapest, dove
la vita s’è fatta difficile perché la citta si trova ad essere teatro di
vendette di due concezioni imperialiste di intendere i rapporti del mondo. Fra
imprevisti, colpi di scena il racconto ripercorre la vita avventurosa di Tamas,
dagli anni trascorsi a Budapest e nei paraggi agli anni di Chicago, dove
conosce Joe Luis, uno dei più grandi pugili americani e fa una significativa,
seppur breve,esperienza pugilistica,
fino alla venuta in Italia dove può dedicarsi alle sue passioni vere: la poesia
e l’insegnamento della lingua e della letteratura inglese. Su tutto il racconto
aleggiano due fatti importanti: il crollo delle illusioni a causa della rivolta
del popolo ungherese soffocata nel sangue dall’Unione Sovietica, e l’incontro
con un libraio, grande appassionato ed esperto di libri e non solo venditore,
con cui l’autore intrattiene spesso piacevoli ed interessanti conversazioni. Per
il lobo d’oro oltre ad evidenziare la grande cultura del professore Kemeny,
perché sono frequenti i rimandi sia alla cultura classica sia a quella più
vicina a noi, mostra l’infinita passione che l’autore ha per la bellezza, la
poesia e la scrittura.