Di questa giornata in Clarea (13 dicembre) voglio parlare subito,
prima che possano disperdersi le emozioni, la commozione di ritrovare un mondo
da cui il carcere aveva tentato di tenermi lontana. Siamo tanti, migliaia nella
piazza di Giaglione. Non solo le presenze di sempre, ma, in maggioranza,
giovani che la mascherina non riesce a rendere anonimi, tante voci di ragazze:
le nostre figlie e i nostri figli, i nostri nipoti; questa è una lotta che,
come e più di sempre, ha la freschezza della parola e dell'azione. Le voci della breve assemblea volano nell'aria tersa che sa di
sole e di neve, ci porta il profumo della legna bruciata nelle stufe e il
sentore della foresta. A qualche chilometro ci aspettano i nostri mulini, che un pugno
di giovani ha fatto rivivere e presidia contro l'allargamento del cantiere TAV.
Le ruspe, come anni fa, stanno intaccando i margini del bosco. Per dileggio
hanno distrutto le casette sugli alberi e si preparano ad abbattere le piante
che in quei luoghi vivono da secoli. Sulla strada verso la Clarea ci mettiamo in cammino, in
migliaia. Parte arriverà al cancello blindato che sbarra il sentiero, ma tutti
i giovani si apprestano ad affrontare i sentieri a monte, per cercare di raggiungere
i mulini dall'alto. Mentre continua per ore la battitura ai cancelli, sui
sentieri del bosco la repressione tende i suoi agguati. Molto presto giunge
fino a noi il fumo dei lacrimogeni sparati contro chi è diretto verso il
presidio della Clarea. Il bosco è pieno di figure armate, in assetto
antisommossa: ne intravvediamo un contingente oltre lo sbarramento, altri in
postazione sopra di noi.
Davanti ai cancelli si improvvisano cori; poco lontano
accendiamo un piccolo fuoco per difenderci dal freddo che si fa sentire più
acuto, al tramonto. Sentiamo che in alto i giovani si difendono con grande
generosità. Quando li sappiamo sulla via del ritorno, decidiamo che è giunto
anche per noi il momento di rientrare. Mentre intorno incombe il gelo della
sera invernale e l'ombra sale del fondovalle allargandosi sui boschi, nelle
case delle frazioni si accendono i lumi della sera. Le voci del ritorno animano
le stradine delle frazioni che fra poco saranno sommerse dal silenzio. Ed ecco, davanti a noi, il
Rocciamelone innevato contro su cui si spegne l'ultima luce. Cammino e sento
crescermi dentro la commozione per qualcosa che sento irripetibile, parte di
me, per sempre. Ora più che mai so che a noi spetta la difesa di tanta
bellezza: nulla potranno contro questo nostro amore che si è fatto lotta le
loro ruspe e le loro armi, né i tribunali e le prigioni in cui vorrebbero
annientare i nostri figli. Anche oggi siamo partiti e torniamo insieme.