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lunedì 7 dicembre 2020

CRITICHE
di Franco Continolo
 

Vinicio Verzieri

Cai Xia, una dissidente cinese, e Massimo Fini sono oggi i due opposti; l’una critica del comunismo cinese, l’altro del liberismo occidentale. Al polo finiano potremmo aggregare due libri: il primo, proposto da Pepe Escobar, attacca l’altro baluardo del liberismo contemporaneo, l’oligarchia tecnologica - Fini si concentra sulla finanza; il secondo, presentato dallo stesso autore in una intervista, si concentra sull’esperienza americana, e critica il liberismo da destra - Trump ha contribuito al successo del libro, ma l’autore, consapevole dei limiti del presidente, va naturalmente oltre. Che dire? La prima osservazione è che pur da posizioni apparentemente opposte, Xia e Fini condividono forse lo stesso ideale: un socialismo che sappia coniugare lo Stato forte con democrazia e mercato - per il momento un’utopia. Le simpatie socialiste di Fini sono note da tempo, come la sua critica di un’Europa alle dipendenze dell’America, e delle sue ignobili avventure. Xia, figlia della nomenclatura cinese, ha passato l’intera vita adulta nelle alte sfere del partito, dove si elabora l’ideologia e la propaganda, partecipando a tutti i tentativi di liberalizzarlo e ridurne la presa sullo Stato. Essendosi troppo esposta, dopo aver perso le ultime speranze con Xi, lei ha ritenuto prudente rifugiarsi in America. Il suo articolo rappresenta un boccone ghiotto per Foreign Affairs, e rivela al tempo stesso la sua visione ingenua degli Stati Uniti. I due libri hanno invece gli Stati Uniti nel mirino, ed essendo gli autori due accademici, la loro critica tocca necessariamente questioni epocali: per esempio, liberismo, con o senza neo, e liberalismo sono la stessa cosa? Il marcio è già in Locke, o si accumula via via? Non essendo accademici, ci si può limitare a osservare che sia che si chiami liberalismo, sia che si chiami liberismo, lo sbocco è sempre lo stesso: uno Stato più o meno apertamente autoritario al servizio di monopoli e oligopoli. La storia italiana, tanto disprezzata, rappresenta un paradigma: la classe dirigente liberale, di fronte a problemi, interni e internazionali per i quali si sente inadeguata, non trova niente di meglio che affidarsi a Mussolini. Hayek e Friedman troveranno più tardi in Pinochet il loro uomo. L’America prova a difendere le apparenze con un uomo debole e compromesso - significativo è che non ci sia niente di meglio per un compito così ingrato - ma presto getterà la maschera, anzi la mascherina.