GERMANIA. IL COVID, IL CLIMA E LA CATASTROFE ANNUNCIATA di Lisa Mazzi
Berlino.Mentre il Covid Sars 19 continua a mietere vittime e anche la Germania, che
durante la prima ondata aveva registrato un numero relativamente esiguo di
decessi, ha raggiunto ora quota 21.000, i letti di terapia intensiva stanno
riempiendosi di pazienti e i contagi di venerdì 11 Dicembre sono arrivati a
30.000, il clima e le sue ripercussioni sul nostro habitat sembrano essere
finiti nel dimenticatoio, presi come siamo da pericoli più imminenti e
mortiferi come appunto il virus. Certo le limitazioni che ci impone il Corona
sono notevoli e rinunciare ai contatti sociali, che potrebbero, in questo
periodo di grigio e di freddo, riscaldare il cuore e allietare lo spirito, ci
costa davvero tanto. La continua altalena di statistiche, i provvedimenti
governativi, che mutano a seconda del colore delle regioni in virtù della loro
incidenza di contagio, ci destabilizzano rendendoci spesso di pessimo umore,
indipendentemente dal fatto che fuori imperi la nebbia umida, o si intraveda un
anemico sole.
Tra l’autunno e l’inverno siamo più disponibili ad accettare i
capricci del tempo e se pur è palese che l’acqua alta a Venezia, le inondazioni
in provincia di Modena o la grande e inaspettata coltre di neve sulle Dolomiti,
non sono un fenomeno casuale, ci passiamo sopra, perché al momento siamo già
amareggiati e preoccupati da quello che ci può colpire in modo subdolo e
improvviso se non stiamo attentissimi quando andiamo fuori o anche se qualche
fattorino o fornitore ci suona alla porta e ci trova impreparati senza
mascherina. In
questa situazione, dove a scuola non si fa sempre lezione in presenza anche il
movimento di protesta per il clima Friday for Future purtroppo non può far
sentire la sua voce come nello scorso anno. E tra novembre e dicembre, quando
già alle quattro del pomeriggio comincia l’imbrunire, dopo il lavoro, ci si
rintana volentieri in casa cercando distrazioni varie, ognuno a seconda delle
proprie abitudini.
Il
18 Novembre scorso la televisione tedesca di Stato, primo canale, ARD, ha
mandato in onda un interessantissimo film dal titolo “Ökozid”, vale a dire
Ecocidio, dunque un omicidio perpetrato contro l’ambiente, con la regia di
Andres Veiel, regista esperto soprattutto in campo documentaristico. Il film è
ambientato nel futuro 2034, quando ormai le conseguenze della catastrofe
climatica sono drammatiche. Alluvioni e siccità distruggono le possibilità di
sopravvivenza per milioni di persone. Anche il Tribunale internazionale dei
diritti umani dell’Aja, causa l’aumento del livello del mare, è stato costretto
a trasferire la sua sede temporaneamente a Berlino. E proprio nella capitale
tedesca sta avendo luogo un processo che mette sotto accusa la Germania, per
non aver contribuito in modo efficiente e tempestivo a bloccare le emissioni di
Co2. L’accusa viene mossa da ben 31 Stati in tutto il mondo e avvallata dalle
testimonianze di varie persone, come per esempio quella di un avvocato del
Bangladesh. Il suo paese, infatti, è ormai da molti anni colpito da terribili
inondazioni a causa del massiccio disboscamento commesso al fine di costruire
nuove centrali a carbone, progetto finanziato dalla Banca tedesca KfW (Kredit
für Wiederaufbau), cioè Istituto di Credito per la ricostruzione, che elargisce
crediti come sostegno finanziario ai paesi in via di sviluppo soprattutto in
Asia e in Africa. Sul banco d’accusa è la politica tedesca, che dopo la
conferenza di Kyoto nel 1997, non si è impegnata abbastanza per ridurre le
emissioni di CO2, sia tenendo ancor in funzione alcune delle proprie centrali a
carbone, sia forzandone la costruzione di nuove a rischio ambientale, come
appunto in Bangladesh. Ma non solo, la Repubblica Federale ha evitato di
redigere norme severe per ridurre i gas di scarico delle auto, ha ritardato
volutamente lo sviluppo della elettromobilità per poter intascare i soldi con
la vendita dei SUV.
Si
può davvero dire che la politica ambientale tedesca abbia fatto acqua da troppe
parti e neanche il partito dei Verdi è riuscito a tener testa alla grande lobby
automobilistica, che in Germania è davvero intoccabile. Del resto, neppure
l’auto elettrica è priva di difetti dal punto di vista ecologico, visto che
necessita di batterie al litio, elemento chimico, la cui messa a punto per
l’uso è pur sempre un procedimento complesso e non del tutto pulito, inoltre
l’energia elettrica per caricare le batterie è a impatto zero solo se proviene
da fonti di energia pulita, ma se proviene da una centrale elettrica diventa
già più problematica. Così come è problematica la presenza del cobalto, altro
elemento indispensabile al funzionamento della batteria, per la cui estrazione
sappiamo purtroppo che si sfrutta spesso il lavoro infantile. Il cobalto è
anche un elemento fondamentale per la telefonia mobile e quindi fonte di grande
guadagno per i paesi che dispongono della sua presenza nel suolo o per chi, da
fuori, ne detiene il potere. “Ecocidio”
alle scene del processo ai politici tedeschi intercala filmati dal vivo che
mostrano disastri ambientali, quali uragani, inondazioni, siccità, carestie,
morie di animali, come già purtroppo se ne vedono nei notiziari. Anche la
Germania nel 2034 non sarà risparmiata del tutto da questi fenomeni e ne subirà
le dolorose conseguenze, anche se non in modo così eclatante come gli Stati che
l’hanno messa sotto processo.
Il
film è un monito che cerca di risvegliare le coscienze del pubblico sulla
responsabilità che, in primis, sicuramente la classe politica, ma anche noi
tutti cittadini dovremmo sentire e agire di conseguenza. A differenza del Covid
che ci colpisce senza preavviso, inodore e insapore com’è, il CO2 lo si respira
e lo si sente. L’aria inquinata spesso puzza e i nostri polmoni e la natura che
ci circonda ne soffrono. Se la coscienza ecologica non si sviluppa all’interno
delle famiglie, nella scuola, sui Social media, nei comuni, nelle regioni e
nelle nazioni del mondo, saremo tutti noi, a breve, e le generazioni future per
lungo tempo a portarne le tristi conseguenze. Saremo noi tutti ad essere sul
banco degli accusati, ma c’è da temere che sarà davvero troppo tardi.