Lo scritto del dottor De Bonis ha suscitato varie
reazioni, speriamo che la discussione e il confronto si estendano e che i medici
escano allo scoperto. Retorica ed etica Il contributo del dott. De
Bonis si può annoverare tra i numerosi scritti redatti in tutt’Europa da varie
personalità più o meno note, anche in campo medico bisogna dirlo, sul fronte
negazionista, sia nei confronti del virus stesso, sia ora sulla necessità dei
vaccini. A differenza però di negazionisti, cospirazionisti e no vax, che si
dichiarano apertamente tali, il testo proposto dal Dott. De Bonis è circondato
fin dall’inizio da un’aura di benefica autorevolezza, qua professione medica
esercitata dallo stesso, per cui il lettore non si pone il problema. Le sue affermazioni
sono tali da dimostrare subito quanto sia importante per lui sottolineare
l’importanza dei vaccini per il genere umano e fugare così ogni tipo di
sospetto. In effetti il
testo, che sembra nel titolo, proporre una seria riflessione, ad una attenta
analisi strutturale dello stesso, rivela quasi subito la sua natura
manipolativa. Non sono un medico, ma nello svolgimento della mia professione di
docente universitaria mi sono spesso e volentieri focalizzata sull’analisi dei
testi, ecco perché tralascio ogni riferimento alla scienza, occupandomi solo di
come questo testo sia stato costruito. Già l’uso, non certo neutrale, dell’espressione
inziale Big Pharma (case farmaceutiche di dimensioni planetarie) insinua nella
mente del lettore una serie di connotazioni negative, che possono, a seconda dell’immaginario
dei singoli, passare dal famoso Grande Fratello di orwelliana memoria, a
fictions su guerre stellari e in sottofondo arrivare al G5. Dopo questo suggestivo inizio, l’arringa sviluppa una
narrazione che potrebbe sembrare fatta di serie constatazioni su quanto sia
importante, anzi “importantissima” la fase 3, visto che questo vaccino verrà
somministrato a gran parte del genere umano vivente. All’uso del superlativo
assoluto che ha già fatto aumentare la concentrazione del lettore sullo
svolgimento dei fatti, segue “la doverosa precisazione”, una specie di discolpa
ante culpam, che sottolinea quanto sia bianca la veste, anzi il camice
dell’autore, che professa qui la sua fede nei vaccini, definendoli “uno dei
pilastri della profilassi, per la prevenzione delle malattie”. Nel caso il lettore fosse stato scettico
all’inizio, questa asserzione mette a tacere possibili dubbi che avrebbero
potuto sorgere se la predica non venisse fatta da un pulpito di cui ci si può
fidare. Sentendosi ora in sicurezza, l’autore cambia tiro ed è
lui, che con l’uso del condizionale inizia ad instillare i dubbi, secondo lui
leciti, anzi necessari per portare il lettore dalla sua parte. Non solo mette,
e neppure tanto cautamente, un punto interrogativo sul vaccino che dovrebbe
essere funzionante - ma forse non lo è - e il virus ha già causato più di un
milione e mezzo di morti, dato serissimo e purtroppo veritiero, anche se diciamolo pure “la valutazione clinica di
queste morti ha sollevato nel mondo scientifico delle domande”, concetto
espresso tra parentesi, quasi en passant, perché si sa i lutti ci sono
stati e molto dolorosi per tutti quelli che ne sono stati colpiti, quindi
bisogna andare cauti prima di prendersela con i morti che comunque, quale sia
stata la causa, morti sono e morti rimangono. Ma non solo, questo virus sta anche
“facendo rotolare il mondo civilizzato verso una crisi senza precedenti”. A
questo punto il lettore ha già messo in atto tutti i suoi meccanismi di difesa
nei confronti del tremendo Covid-19, soprattutto perché, come il Dott. De Bonis,
anche il lettore sente di far parte del mondo civilizzato, quindi coalizza con
lui confortato dalla veste, pardon camice, bianca/o che questi indossa. Tanto è
vero che nella sua arringa sull’importanza della scienza, “che non è un
qualunquismo”, lui sottolinea che anzi essa, e lui è al suo servizio, è “la
ricerca della verità”.
Opera di Vinicio Verzieri
Il Dott De Bonis ci sta convincendo con tutti i mezzi che
la sua cultura, grazie alla saggezza dell’antica Grecia e alla lezione
galileiana, gli mette a disposizione, che di lui ci si può fidare, ma non solo.
Da figura autorevole qual è, si preoccupa, per noi che lo leggiamo, in modo
benevolo e quasi paterno. “La terapia non è garantita dalla certezza dei
risultati, ma dalla mancanza di effetti collaterali”. E ed è qui che il dente comincia a dolere e da lettori fiutiamo
nell’aria il pericolo. Le nostre antenne però non si impennano in verticale,
perché ci arrivano subito parole bonarie e rassicuranti “per tutte le terapie,
in cui le prove scientifiche siano insufficienti, non conclusive o incerte,
vale il principio della precauzione”. Il lettore comincia qui a nutrire qualche
sospetto, comincia a nutrire quei dubbi a cui accennava appunto il titolo,
dunque questo vaccino della Big Pharma interplanetaria non è detto che ci salvi,
meno male che il dott. De Bonis ci ha ricordato quanto sia necessaria la
precauzione. La fiducia del lettore in lui sta crescendo, ma sono necessari
altri argomenti inequivocabili per arrivare vincitori al traguardo. Si inizia
con il Talidomide - stranamente ho sempre sentito usarlo al maschile, mentre De
Bonis lo usa al femminile, trattandosi forse di un farmaco “sedativo,
antinausea e ipnotico” solo per donne. Mi si perdoni il momento emozionale,
certamente queste saranno state le esatte caratteristiche del farmaco scritte
sul bugiardino, ma nonostante, per questioni di età la cosa allora non mi toccasse
da vicino, per quel che ricordo i media parlavano sempre e solo di un farmaco
antinausea per le donne in gravidanza. L’uso, in questa sede, della parola
ipnotico mi appare molto discriminante nei confronti delle vittime sia madri
che figli. Le precauzioni per la sua giusta causa e qui assistiamo
all’evoluzione dell’arringa portano poi l’autore di nuovo a togliere, caso mai
nascesse, ogni dubbio sul fatto che “ricordare il Talidomide oggi non significa
essere no vax o contro la scienza”. Significa solo sottolineare per serietà e
precauzione che con una fase tre “seria, galileiana e non legata alla cupidigia
del profitto” - conosciamo bene i mali del capitale!- questi danni non si
sarebbero avuti. Anche qui la scelta lessicale è molto suggestiva e manipolante,
sentiamo nel profondo delle nostre viscere la cupidigia del profitto, mentre i
“danni” che hanno provocato menomazioni devastanti tra tante persone innocenti,
non sono, secondo lui, tragedie umane, ma una questione da regolarsi tra le
assicurazioni. E qui entriamo nel vivo della questione: preoccupati e
intimoriti per quanto descritto sopra ecco che inizia la parte centrale
dell’arringa facendone protagonista il nuovo vaccino di Biontech e Pfizer e di
Moderna. Questi vaccini dalla fase 3 così striminzita non possono certo offrire
le sicurezze di quelli che conosciamo, anche se forse per i vaccini si potrebbe
dire che le fasi molto lunghe di controllo hanno portato a loro volta a molti
decessi soprattutto tra i bambini, anche quelli gravi lutti che avrebbero
potuto essere evitati, se fossero state disponibili le tecnologie, di cui oggi
possiamo fare uso per accelerare i tempi di controllo. L’arringa assume poi un tono estremamente combattivo,
affidando a grandi nomi di scienziati e ricercatori i commenti di carattere
medico o personale… mi permetto qui solo di ricordare “non siamo pomodori
transgenici” e “Pasteur si rivolterebbe nella tomba”, perché anche se non
proferiti, ma solo citati dall’autore sanno davvero di ridicolo. Proprio
Pasteur che non si fidava a sperimentare il suo vaccino antirabico sulle persone
e solo per grande fortuna dei suoi contemporanei e posteri ne fu quasi
costretto. Dopo questo crescendo di citazioni, orchestrate in modo
da rendere il lettore, permettetemi di dirlo con bonaria ironia, incapace di
intendere e di volere in modo indipendente, arriva la certezza posta a domanda
“Qual è il vantaggio di un vaccino generalizzato per una malattia la cui
mortalità è prossima allo 0,05%?”. Nel frattempo il lettore è confuso, come fa 1 milione e
mezzo di morti, citato all’inizio ad essere solo lo 0,05 %? Ma il vortice De
Bonis lo convince a non rompersi il capo con i numeri e le percentuali, perché
la verità è semplice: “No, questa vaccinazione di massa non è necessaria.
Inoltre i rischi della vaccinazione possono essere maggiori dei benefici”.Alea iacta est, la traversata del
Rubicone è avvenuta, ma l’autore ha ancora due assi nella manica, il benemerito
Luc Montagner e due farmaci che se somministrati subito risolvono il problema.
Il nome della Idrossiclorochina e Azitromicina, di cui si è sentito parlare nelle
terapie iniziali del Covid-19, a quanto mi risulta, hanno ceduto nel frattempo il
posto ad altre soluzioni più efficaci, ma non certamente atte a risolvere il
problema della pandemia. Ora che il dado è tratto e all’aggressività retorica
non ci sono più impedimenti, arriva il manuale di comportamento nel caso
qualcuno voglia farsi davvero questo “inutile vaccino”. Ma Il Dott. De Bonis
lascia il compito ingrato ad un’altra persona, una donna, la Dottoressa Gatti,
che ne porta dunque la responsabilità. L’arringa, retoricamente ben costruita, dalle professioni
di fede, ai dubbi, somministrati in modo quasi omeopatico, fino alle certezze,
che assopiscono le coscienze, si rivela eticamente parlando, uno scritto del
tutto irrispettoso nei confronti di chi ha perso congiunti, anche in giovane
età e senza malattie pregresse, soprattutto operatori sanitari, medici e
infermieri in corsia e nelle case di riposo, per colpa del Virus Sars-CoV-2 e di
tutte quelle persone considerate “guarite” dopo lunghe e faticose degenze
ospedaliere e riabilitazioni, che, dopo mesi, non sono ancora in grado di
condurre una vita normale. Lo stesso vale per tutto il personale sanitario,
medici, infermieri, che sono ancora sani, ma trascorrono i loro giorni in
corsie d’ospedale affollate e si devono porre alle volte il problema di dover
scegliere chi intubare e forse salvare. Se bastassero rimedi come quelli citati
il problema in tutto il mondo lo avremmo risolto da un pezzo.