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mercoledì 13 gennaio 2021

CONFRONTO
Lisa Mazzi


Lo scritto del dottor De Bonis ha suscitato varie reazioni, speriamo che la discussione e il confronto si estendano e che i medici escano allo scoperto.
 
Retorica ed etica
 
Il contributo del dott. De Bonis si può annoverare tra i numerosi scritti redatti in tutt’Europa da varie personalità più o meno note, anche in campo medico bisogna dirlo, sul fronte negazionista, sia nei confronti del virus stesso, sia ora sulla necessità dei vaccini. A differenza però di negazionisti, cospirazionisti e no vax, che si dichiarano apertamente tali, il testo proposto dal Dott. De Bonis è circondato fin dall’inizio da un’aura di benefica autorevolezza, qua professione medica esercitata dallo stesso, per cui il lettore non si pone il problema. Le sue affermazioni sono tali da dimostrare subito quanto sia importante per lui sottolineare l’importanza dei vaccini per il genere umano e fugare così ogni tipo di sospetto.  
 In effetti il testo, che sembra nel titolo, proporre una seria riflessione, ad una attenta analisi strutturale dello stesso, rivela quasi subito la sua natura manipolativa. Non sono un medico, ma nello svolgimento della mia professione di docente universitaria mi sono spesso e volentieri focalizzata sull’analisi dei testi, ecco perché tralascio ogni riferimento alla scienza, occupandomi solo di come questo testo sia stato costruito. Già l’uso, non certo neutrale, dell’espressione inziale Big Pharma (case farmaceutiche di dimensioni planetarie) insinua nella mente del lettore una serie di connotazioni negative, che possono, a seconda dell’immaginario dei singoli, passare dal famoso Grande Fratello di orwelliana memoria, a fictions su guerre stellari e in sottofondo arrivare al G5.
Dopo questo suggestivo inizio, l’arringa sviluppa una narrazione che potrebbe sembrare fatta di serie constatazioni su quanto sia importante, anzi “importantissima” la fase 3, visto che questo vaccino verrà somministrato a gran parte del genere umano vivente. All’uso del superlativo assoluto che ha già fatto aumentare la concentrazione del lettore sullo svolgimento dei fatti, segue “la doverosa precisazione”, una specie di discolpa ante culpam, che sottolinea quanto sia bianca la veste, anzi il camice dell’autore, che professa qui la sua fede nei vaccini, definendoli “uno dei pilastri della profilassi, per la prevenzione delle malattie”.  Nel caso il lettore fosse stato scettico all’inizio, questa asserzione mette a tacere possibili dubbi che avrebbero potuto sorgere se la predica non venisse fatta da un pulpito di cui ci si può fidare.
Sentendosi ora in sicurezza, l’autore cambia tiro ed è lui, che con l’uso del condizionale inizia ad instillare i dubbi, secondo lui leciti, anzi necessari per portare il lettore dalla sua parte. Non solo mette, e neppure tanto cautamente, un punto interrogativo sul vaccino che dovrebbe essere funzionante - ma forse non lo è - e il virus ha già causato più di un milione e mezzo di morti, dato serissimo e purtroppo veritiero, anche se  diciamolo pure “la valutazione clinica di queste morti ha sollevato nel mondo scientifico delle domande”, concetto espresso tra parentesi, quasi en passant, perché si sa i lutti ci sono stati e molto dolorosi per tutti quelli che ne sono stati colpiti, quindi bisogna andare cauti prima di prendersela con i morti che comunque, quale sia stata la causa, morti sono e morti rimangono. Ma non solo, questo virus sta anche “facendo rotolare il mondo civilizzato verso una crisi senza precedenti”. A questo punto il lettore ha già messo in atto tutti i suoi meccanismi di difesa nei confronti del tremendo Covid-19, soprattutto perché, come il Dott. De Bonis, anche il lettore sente di far parte del mondo civilizzato, quindi coalizza con lui confortato dalla veste, pardon camice, bianca/o che questi indossa. Tanto è vero che nella sua arringa sull’importanza della scienza, “che non è un qualunquismo”, lui sottolinea che anzi essa, e lui è al suo servizio, è “la ricerca della verità”.


Opera di Vinicio Verzieri

Il Dott De Bonis ci sta convincendo con tutti i mezzi che la sua cultura, grazie alla saggezza dell’antica Grecia e alla lezione galileiana, gli mette a disposizione, che di lui ci si può fidare, ma non solo. Da figura autorevole qual è, si preoccupa, per noi che lo leggiamo, in modo benevolo e quasi paterno. “La terapia non è garantita dalla certezza dei risultati, ma dalla mancanza di effetti collaterali”.
E ed è qui che il dente comincia a dolere e da lettori fiutiamo nell’aria il pericolo. Le nostre antenne però non si impennano in verticale, perché ci arrivano subito parole bonarie e rassicuranti “per tutte le terapie, in cui le prove scientifiche siano insufficienti, non conclusive o incerte, vale il principio della precauzione”. Il lettore comincia qui a nutrire qualche sospetto, comincia a nutrire quei dubbi a cui accennava appunto il titolo, dunque questo vaccino della Big Pharma interplanetaria non è detto che ci salvi, meno male che il dott. De Bonis ci ha ricordato quanto sia necessaria la precauzione. La fiducia del lettore in lui sta crescendo, ma sono necessari altri argomenti inequivocabili per arrivare vincitori al traguardo. Si inizia con il Talidomide - stranamente ho sempre sentito usarlo al maschile, mentre De Bonis lo usa al femminile, trattandosi forse di un farmaco “sedativo, antinausea e ipnotico” solo per donne. Mi si perdoni il momento emozionale, certamente queste saranno state le esatte caratteristiche del farmaco scritte sul bugiardino, ma nonostante, per questioni di età la cosa allora non mi toccasse da vicino, per quel che ricordo i media parlavano sempre e solo di un farmaco antinausea per le donne in gravidanza. L’uso, in questa sede, della parola ipnotico mi appare molto discriminante nei confronti delle vittime sia madri che figli.
Le precauzioni per la sua giusta causa e qui assistiamo all’evoluzione dell’arringa portano poi l’autore di nuovo a togliere, caso mai nascesse, ogni dubbio sul fatto che “ricordare il Talidomide oggi non significa essere no vax o contro la scienza”. Significa solo sottolineare per serietà e precauzione che con una fase tre “seria, galileiana e non legata alla cupidigia del profitto” - conosciamo bene i mali del capitale!- questi danni non si sarebbero avuti. Anche qui la scelta lessicale è molto suggestiva e manipolante, sentiamo nel profondo delle nostre viscere la cupidigia del profitto, mentre i “danni” che hanno provocato menomazioni devastanti tra tante persone innocenti, non sono, secondo lui, tragedie umane, ma una questione da regolarsi tra le assicurazioni. E qui entriamo nel vivo della questione: preoccupati e intimoriti per quanto descritto sopra ecco che inizia la parte centrale dell’arringa facendone protagonista il nuovo vaccino di Biontech e Pfizer e di Moderna. Questi vaccini dalla fase 3 così striminzita non possono certo offrire le sicurezze di quelli che conosciamo, anche se forse per i vaccini si potrebbe dire che le fasi molto lunghe di controllo hanno portato a loro volta a molti decessi soprattutto tra i bambini, anche quelli gravi lutti che avrebbero potuto essere evitati, se fossero state disponibili le tecnologie, di cui oggi possiamo fare uso per accelerare i tempi di controllo.
L’arringa assume poi un tono estremamente combattivo, affidando a grandi nomi di scienziati e ricercatori i commenti di carattere medico o personale… mi permetto qui solo di ricordare “non siamo pomodori transgenici” e “Pasteur si rivolterebbe nella tomba”, perché anche se non proferiti, ma solo citati dall’autore sanno davvero di ridicolo. Proprio Pasteur che non si fidava a sperimentare il suo vaccino antirabico sulle persone e solo per grande fortuna dei suoi contemporanei e posteri ne fu quasi costretto.
Dopo questo crescendo di citazioni, orchestrate in modo da rendere il lettore, permettetemi di dirlo con bonaria ironia, incapace di intendere e di volere in modo indipendente, arriva la certezza posta a domanda “Qual è il vantaggio di un vaccino generalizzato per una malattia la cui mortalità è prossima allo 0,05%?”.  
Nel frattempo il lettore è confuso, come fa 1 milione e mezzo di morti, citato all’inizio ad essere solo lo 0,05 %? Ma il vortice De Bonis lo convince a non rompersi il capo con i numeri e le percentuali, perché la verità è semplice: “No, questa vaccinazione di massa non è necessaria. Inoltre i rischi della vaccinazione possono essere maggiori dei benefici”.  Alea iacta est, la traversata del Rubicone è avvenuta, ma l’autore ha ancora due assi nella manica, il benemerito Luc Montagner e due farmaci che se somministrati subito risolvono il problema. Il nome della Idrossiclorochina e Azitromicina, di cui si è sentito parlare nelle terapie iniziali del Covid-19, a quanto mi risulta, hanno ceduto nel frattempo il posto ad altre soluzioni più efficaci, ma non certamente atte a risolvere il problema della pandemia. Ora che il dado è tratto e all’aggressività retorica non ci sono più impedimenti, arriva il manuale di comportamento nel caso qualcuno voglia farsi davvero questo “inutile vaccino”. Ma Il Dott. De Bonis lascia il compito ingrato ad un’altra persona, una donna, la Dottoressa Gatti, che ne porta dunque la responsabilità.
L’arringa, retoricamente ben costruita, dalle professioni di fede, ai dubbi, somministrati in modo quasi omeopatico, fino alle certezze, che assopiscono le coscienze, si rivela eticamente parlando, uno scritto del tutto irrispettoso nei confronti di chi ha perso congiunti, anche in giovane età e senza malattie pregresse, soprattutto operatori sanitari, medici e infermieri in corsia e nelle case di riposo, per colpa del Virus Sars-CoV-2 e di tutte quelle persone considerate “guarite” dopo lunghe e faticose degenze ospedaliere e riabilitazioni, che, dopo mesi, non sono ancora in grado di condurre una vita normale. Lo stesso vale per tutto il personale sanitario, medici, infermieri, che sono ancora sani, ma trascorrono i loro giorni in corsie d’ospedale affollate e si devono porre alle volte il problema di dover scegliere chi intubare e forse salvare. Se bastassero rimedi come quelli citati il problema in tutto il mondo lo avremmo risolto da un pezzo.