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sabato 23 gennaio 2021

L’OPINIONE
di Annitta Di Mineo

Annitta di Mineo
 
Mutamento socio-antropologico
 
Mutamento socio-antropologico nel corso di un secolo o decenni? Sicuramente è avvenuto sia dal punto antropologico sia negli usi e costumi sociali. Se prima l’anziano era considerato il saggio della famiglia o della comunità e gli si chiedevano consigli, ora non più. Anzi è considerato un rottame. La tecnologia ha reso la saggezza obsolescente, tant’è che i giovani, cosiddetti nativi digitali, sono più avanti dei genitori. Nonni e genitori devono chiedere “aiuto” ai propri figli/nipoti per sapere utilizzare gli strumenti tecnologici che oramai hanno invaso la vita quotidiana e le relazioni sociali.
Il ruolo sociale si è invertito, non è più l’adulto ad accompagnare il bambino/giovane nella crescita, i ruoli si sono capovolti. Ancor di più tutti spaiati, e solo dei tutorial o tutoring ti accompagnano, una voce fuori campo e delle immagini si sono sostituiti ai familiari, ai grandi. Anche l’uso della lingua inglese, con la quale i giovani hanno dimestichezza ha favorito questo capovolgimento perché tutto è scritto in inglese. Una volta taluni apparecchi erano considerati un lusso o un privilegio in ambito familiare e venivano utilizzati come un mezzo che “univa” la famiglia. Si attendeva la telefonata di un parente, di un amico per gli auguri, per ricevere notizie; l’attesa era una sorpresa, una notizia gioiosa o meno diventava partecipata. Ora non più.



I componenti della famiglia, magari seduti a tavola, sdraiati sul divano o rinchiusi nella propria camera, contemporaneamente ricevono individualmente il proprio messaggio. Tale atteggiamento nell’usare lo strumento che apparentemente sembra un contatto sociale, di fatto è un modo per “atominazzare” l’individuo, ossia non condividere con gli altri dal vivo, eliminare la comunicazione e rendere isolata l’altra persona. Al contempo, la faccio sentire importante perché il messanger lo invio solo a te anche se fai parte del mio brodcast, ma tu non conosci gli altri, non sai a chi ho destinato l’invio, e puoi rispondere solo a me.




Io ricevente, non conosco e non posso comunicare con gli altri del tuo brodcast. Quindi abbiamo appena appena una comunicazione diadica.
Tutto questo sta generando un mutismo selettivo deciso dal mittente. L’incomunicabilità sta sovvertendo valori consolidati, si è all’interno di un romanzo/film distopico. Una trasfigurazione della realtà. Nessun contatto con gli altri, nessuna condivisione di amici. I miei “amici” sono solo miei e non ti metto in collegamento, ti separo; viene meno il valore del con-dividere gli amici, un profondo valore qual è l’Amicizia, già elogiata da Epicuro o da H. Hesse e tanti altri ancora. Ricordarsi che le relazioni online sono diverse da quelle in presenza, la loro efficacia è inferiore, quasi nulla, in quanto non si riesce a creare empatia che passa solo attraverso la parola, un gesto, ossia una comunicazione verbale o non verbale, es. un abbraccio una parola di conforto. È l’empatia a generare un legame e questo con la digitalizzazione sta venendo meno, interagire con la tecnologia sta portando l’individuo a chiudersi piuttosto che uscire e tuffarsi nel mondo reale e accettarne le sfide. Bisogna mantenere i contatti, ritornare a svolgere attività in compagnia, ricominciare a dialogare per essere in tempo con il mondo, per essere connessi con le emozioni.



Pure la moda da molti anni ha omologato le generazioni. I giovani si sentono accettati dal gruppo virtuale e reale adeguandosi anche nell’abbigliamento.
Una volta si cercava di mostrare una moda personalizzata, con un dettaglio, con un particolare che gli amici notavano e si complimentavano o apprezzavano. Oggi no, bisogna indossare quel brand, quei jeans, quella maglietta per essere tutti uguali, e impersonali. Nessun eccentrico. Tornerà la moda personalizzata? Certamente, a lungo andare, l’omologazione stanca.
Riguardo il gioco, in passato i ragazzi per incontrarsi fissavano un appuntamento fuori casa, in cortile, nelle vie, al campo sportivo, e i genitori dovevano urlare più volte per sollecitare il rientro a casa, o addirittura si andavano a cercare i propri figli in giro per riportarli tra le mura domestiche.
Ora? Chiusi in casa ad usare giochi virtuali, con in mano sempre il cellulare e la play station, sempre connessi non si sa con chi, senza contatti con altri coetanei, in isolamento totale. La rabbia adolescenziale viene contenuta, scaricata sul web o esacerbata da gesti estremi.
La vita è cambiata, non più contorni che limitano, non si conoscono dal vivo gli interlocutori, si vedono solo nomi dei followers e si è contenti. Ma contenti di cosa se non si conoscono fisicamente gli “amici”?
Questi non sono veri amici, dietro un like/mi piace o un emoticon/faccina ci sono figure digitali o profili sconosciuti che potrebbero manipolare facendo sentire “l’altro” parte di una community, di un gruppo inesistente.
Vince l’idea del singolo, dell’individuo, e non quella della comunità, della collettività reale, con un rischio non bilanciato da un miglioramento.
Il timore di essere soli, di essere “abbandonati” conduce a “frequentare” seguaci non reali, ad avere comportamenti antisociali ed egosintonici.
Non si deve scambiare la realtà virtuale con la realtà vera. E che dire della televisione?



La famiglia, gli amici al bar, nelle sezioni del partito o all’oratorio si riunivano attorno alla “regina della casa” per vedere un film, la tivù dei ragazzi, una partita di calcio ed esultare tutti assieme per la propria squadra del cuore a goal avvenuto, oppure per una risata comunitaria fra bambini.
Ora, confortevolmente “stravaccati” sul letto o divano si segue tutto ma da soli, nella propria comfort zone, in solitudine, zero rischi. La regina della casa, oramai, è stata soppiantata dall’uso del tablet o computer ed ognuno sceglie il programma preferito, non più condiviso.Scenari sconvolgenti. Questi strumenti devono essere solo delle risorse e non un’appendice dell’uomo, saperli usare e non farne un abuso eccessivo altrimenti ci saranno sempre dei risvolti negativi: allontanamento dalla vita reale, rapporti inter-familiari franti, inasprimento della competitività sociale, accrescimento della fragilità dell’uomo.



E il fisico? Un osservatorio dell’uomo contemporaneo, fragile, compromesso e obeso. Lo stile di vita è divenuto sedentario, poco movimento, alimentazione non ecosostenibile, il corpo nutrito con cibo spazzatura e le conseguenze… si vedono. La risalita verso il ritorno ad una comunicazione vera, ad uno stile di vita salubre sarà un cammino lungo e progressivo che porterà, a costo di sacrifici, ad una nuova maturazione culturale a carico della collettività attraverso le sinergie di tutte le agenzie educative, in primis la famiglia.