Mutamento
socio-antropologico Mutamento
socio-antropologico nel corso di un secolo o decenni? Sicuramente è avvenuto sia
dal punto antropologico sia negli usi e costumi sociali. Se prima l’anziano era
considerato il saggio della famiglia o della comunità e gli si chiedevano
consigli, ora non più. Anzi è considerato un rottame. La tecnologia ha reso la
saggezza obsolescente, tant’è che i giovani, cosiddetti nativi digitali, sono
più avanti dei genitori. Nonni e genitori devono chiedere “aiuto” ai propri
figli/nipoti per sapere utilizzare gli strumenti tecnologici che oramai hanno
invaso la vita quotidiana e le relazioni sociali. Il
ruolo sociale si è invertito, non è più l’adulto ad accompagnare il bambino/giovane
nella crescita, i ruoli si sono capovolti. Ancor di più tutti spaiati, e solo
dei tutorial o tutoring ti accompagnano, una voce fuori campo e delle immagini
si sono sostituiti ai familiari, ai grandi. Anche l’uso della lingua inglese,
con la quale i giovani hanno dimestichezza ha favorito questo capovolgimento
perché tutto è scritto in inglese. Una volta taluni apparecchi erano
considerati un lusso o un privilegio in ambito familiare e venivano utilizzati
come un mezzo che “univa” la famiglia. Si attendeva la telefonata di un parente,
di un amico per gli auguri, per ricevere notizie; l’attesa era una sorpresa, una
notizia gioiosa o meno diventava partecipata. Ora non più.
I componenti della famiglia, magari seduti a tavola, sdraiati sul divano o
rinchiusi nella propria camera, contemporaneamente ricevono individualmente il
proprio messaggio. Tale atteggiamento nell’usare lo strumento che
apparentemente sembra un contatto sociale, di fatto è un modo per “atominazzare”
l’individuo, ossia non condividere con gli altri dal vivo, eliminare la comunicazione
e rendere isolata l’altra persona. Al contempo, la faccio sentire importante
perché il messanger lo invio solo a te anche se fai parte del mio brodcast, ma
tu non conosci gli altri, non sai a chi ho destinato l’invio, e puoi rispondere
solo a me.
Io
ricevente, non conosco e non posso comunicare con gli altri del tuo brodcast. Quindi
abbiamo appena appena una comunicazione diadica. Tutto
questo sta generando un mutismo selettivo deciso dal mittente. L’incomunicabilità
sta sovvertendo valori consolidati, si è all’interno di un romanzo/film
distopico. Una trasfigurazione della realtà. Nessun contatto con gli altri,
nessuna condivisione di amici. I miei “amici” sono solo miei e non ti metto in
collegamento, ti separo; viene meno il valore del con-dividere gli
amici, un profondo valore qual è l’Amicizia, già elogiata da Epicuro o da H.
Hesse e tanti altri ancora. Ricordarsi che le relazioni online sono diverse da
quelle in presenza, la loro efficacia è inferiore, quasi nulla, in quanto non
si riesce a creare empatia che passa solo attraverso la parola, un gesto, ossia
una comunicazione verbale o non verbale, es. un abbraccio una parola di
conforto. È l’empatia a generare un legame e questo con la digitalizzazione sta
venendo meno, interagire con la tecnologia sta portando l’individuo a chiudersi
piuttosto che uscire e tuffarsi nel mondo reale e accettarne le sfide. Bisogna
mantenere i contatti, ritornare a svolgere attività in compagnia, ricominciare
a dialogare per essere in tempo con il mondo, per essere connessi con le emozioni.
Pure
la moda da molti anni ha omologato le generazioni. I giovani si sentono
accettati dal gruppo virtuale e reale adeguandosi anche nell’abbigliamento. Una
volta si cercava di mostrare una moda personalizzata, con un dettaglio, con un
particolare che gli amici notavano e si complimentavano o apprezzavano. Oggi
no, bisogna indossare quel brand, quei jeans, quella maglietta per essere tutti
uguali, e impersonali. Nessun eccentrico. Tornerà la moda personalizzata? Certamente,
a lungo andare, l’omologazione stanca. Riguardo
il gioco, in passato i ragazzi per incontrarsi fissavano un appuntamento fuori
casa, in cortile, nelle vie, al campo sportivo, e i genitori dovevano urlare più
volte per sollecitare il rientro a casa, o addirittura si andavano a cercare i
propri figli in giro per riportarli tra le mura domestiche. Ora?
Chiusi in casa ad usare giochi virtuali, con in mano sempre il cellulare e la play
station, sempre connessi non si sa con chi, senza contatti con altri coetanei, in
isolamento totale. La rabbia adolescenziale viene contenuta, scaricata sul web
o esacerbata da gesti estremi. La
vita è cambiata, non più contorni che limitano, non si conoscono dal vivo gli
interlocutori, si vedono solo nomi dei followers e si è contenti. Ma contenti
di cosa se non si conoscono fisicamente gli “amici”? Questi
non sono veri amici, dietro un like/mi piace o un emoticon/faccina ci sono
figure digitali o profili sconosciuti che potrebbero manipolare facendo sentire
“l’altro” parte di una community, di un gruppo inesistente. Vince
l’idea del singolo, dell’individuo, e non quella della comunità, della collettività
reale, con un rischio non bilanciato da un miglioramento. Il
timore di essere soli, di essere “abbandonati” conduce a “frequentare” seguaci
non reali, ad avere comportamenti antisociali ed egosintonici. Non
si deve scambiare la realtà virtuale con la realtà vera. E che dire della
televisione?
La
famiglia, gli amici al bar, nelle sezioni del partito o all’oratorio si riunivano
attorno alla “regina della casa” per vedere un film, la tivù dei ragazzi, una
partita di calcio ed esultare tutti assieme per la propria squadra del cuore a
goal avvenuto, oppure per una risata comunitaria fra bambini. Ora,
confortevolmente “stravaccati” sul letto o divano si segue tutto ma da soli,
nella propria comfort zone, in solitudine, zero rischi. La regina della casa,
oramai, è stata soppiantata dall’uso del tablet o computer ed ognuno sceglie il
programma preferito, non più condiviso.Scenari sconvolgenti. Questi strumenti
devono essere solo delle risorse e non un’appendice dell’uomo, saperli usare e
non farne un abuso eccessivo altrimenti ci saranno sempre dei risvolti negativi:
allontanamento dalla vita reale, rapporti inter-familiari franti, inasprimento
della competitività sociale, accrescimento della fragilità dell’uomo.
E
il fisico? Un osservatorio dell’uomo contemporaneo, fragile, compromesso e
obeso. Lo stile di vita è divenuto sedentario, poco movimento, alimentazione
non ecosostenibile, il corpo nutrito con cibo spazzatura e le conseguenze… si
vedono. La risalita verso il ritorno ad una comunicazione vera, ad uno stile di
vita salubre sarà un cammino lungo e progressivo che porterà, a costo di sacrifici,
ad una nuova maturazione culturale a carico della collettività attraverso le
sinergie di tutte le agenzie educative, in primis la famiglia.