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domenica 17 gennaio 2021

PAROLE E LINGUA
di Nicola Santagada


 

La natura


La parola φύσις (fysis): natura, qualità costitutive, proprietà costitutive, statura, costituzione, indole, temperamento, nascita, sesso è un deverbale di φύω (fyo); faccio nascere, faccio crescere, genero; inoltre, φύω, nella forma intransitiva e passiva, si traduce: nasco, sono generato, sono per natura, ho predisposizione naturale, sono. Questo per dire che il concetto di natura è legato al nascere. Ciò che è attinente con il processo di riproduzione si lega con la natura. La parola φύσις, in greco, fu usata per fisiologia (da Treccani: scienza che studia le funzioni degli organismi viventi, animali e vegetali, e mira a conoscere le cause, le condizioni e le leggi che determinano e regolano i fenomeni vitali ecc.), per fisiognomico, mentre la cultura occidentale se ne servì per coniare: fisiocrazia, fisiatria, fisioterapia, fisionomia, fisiogenetica, fisiopatologia ed altri ancora. Nella lingua italiana viene molto usato l’aggettivo φυσικός (fysicòs), dedotto da φύσις, con i significati: di natura, innato, che studia la natura, fisico, concernente l’investigazione scientifica della natura. Pertanto, fisico contiene tutti gli elementi logici che ne hanno determinato le varie accezioni dell’uso corrente ed è alla base della fisica, come anche della stessa metafisica.
I latini conobbero φύω, in quanto se ne servirono per coniare il perfetto indicativo fui, che, nel suo prendere forma, si può tradurre: fui: quando nacqui.
I latini, però, oltre a gigno gignis, genui, genitum, gignere: genero, partorisco, che rimanda a (ghignomai) γίγνομαι, per cui da chi ha generato fu dedotto genitore, coniarono il deponente nascor nasceris, natus sum, nasci: sono generato, nasco, provengo. I due verbi sono il risultato di due perifrasi molto simili; con gigno i latini dissero: compiuta la gestazione, partorisco, genero; con nascor asserirono: quando nulla manca alla creatura in formazione, avviene, per me, la nascita.
Quindi, la nascita è il risultato di un processo prestabilito nei tempi, che rispetta precise sequenze, in funzione dell’acquisizione di tutto ciò che manca per portare a termine l’opera perfetta. Pertanto, se Dio è la perfezione, solo la natura, emula dei Superni, crea opere perfette. Non c’è artista che non abbia eccellenti doti di natura.



Da nato furono dedotti: nativo, natale, innato, natio nationis: nascita, popolazione, come insieme di nati, nazione, formata da nati culturalmente affini.
Da nato fu dedotta natura, meglio: la natura mette al mondo il nato. Con la parola natura si volle indicare: tutto ciò che contraddistingue ogni singolo essere (nato) animale e vegetale, qualità buona, legge di natura, indole, temperamento, carattere. Pertanto, per il pastore latino, tutto il mondo a lui circostante è frutto di natura.
Oggi, a ragion veduta, parliamo di un bagaglio genetico innato, per indicare le doti fisiche e caratteriali, che la creatura possiede.
Se il processo è lo stesso, ogni essere creato, però, è un unicum, è un tipo (da τύπος: segno, modello, immagine), che, però, ha caratteristiche sue proprie: tipico. La parola carattere è da collegare a (charaktér) χαρακτήρ: marchio impresso, impronta, segno distintivo. Gli italici per indicare che ogni essere umano è unico e irripetibile si avvalsero di persona, che è colei che si contraddistingue per il timbro della voce, che è inconfondibile. Da persona furono dedotte tante parole: personale, personalità, personalismo, impersonale, impersonare, personaggio ed altre ancora.
Quando i latini vollero coniare l’aggettivo da collegare a natura e, quindi, vollero dire com’è la natura, formularono naturale. Il dato distintivo della natura è essere naturale, che si può tradurre: è il modo in cui nascono le creature; i greci, infatti, usarono questa perifrasi: (to katà fysin) τό κατά φύσιν: è ciò che nasce secondo le leggi di natura. Se la natura ha in sé il bene e si identifica con il bene, ciò che è naturale è buono, è semplice, è genuino, è sincero, è vero, è giusto. Il male è in ciò che è innaturale, è nell’operare contro natura, è nel pretendere di vincere le leggi di natura, che sono rigide e immodificabili.
La natura si connota per l’istintività, per l’automatismo, per la spontaneità dei processi.



I greci identificarono l’istinto con (epithymìa)
πιθυμία, che è il desiderio che porta all’attrazione sessuale, mentre i latini coniarono instinctus instinctus come istigazione, impulso, ispirazione, nel senso, sicuramente, di reazione naturale, a seguito di determinate sollecitazioni, attraverso una serie di passaggi logici: da instigo: incito, eccito, atti del pastore che pungola o marchia gli animali (da ricordare la radice (stig) στιγ: è ciò che si genera quando l’animale non procede nel cammino, che dette luogo a stigma, in greco (stigma stigmatos) στίγμα στίγματος: puntura, stigma, stimmate e a stizo, in greco στίζω: imprimo segni, marchio, bollo) si passò a instinguo instinguis, instinxi, instinctum, instinguere: stimolo, eccito, infiammo. Quindi, in chi è stimolato, in chi avverte gli stimoli, in chi è eccitato, in chi è pervaso da furore si manifesta l’istinto.
Da ricordare, inoltre, che i latini tradussero stimulus: pungolo, sprone, incitamento, eccitamento, stimolo non solo per indicare le sollecitazioni agli animali indocili, perché si attardavano, ma anche per significare i loro appetiti naturali, conseguenti ad un mancare (bisogno).
I processi, in natura, avvengono di per sé, in greco ατός (autòs), attraverso automatismi, da (automatismòs) ατο-ματισμός: ciò che avviene per sé stesso, azione spontanea. I latini coniarono spons spontis, da cui mutuarono sponte: di propria iniziativa, di propria volontà, che, in realtà, indica ciò che si fa, piacevolmente, volentieri, secondo gli stimoli di natura, se gli italici da sponte dedussero spontaneo, ad indicare anche ciò che nasce senza che alcuno abbia seminato. La spontaneità dei greci è propria dei processi automatici, che, talvolta, viene resa con l’immagine di chi fa di sua volontà, in quanto non è costretto: -βίαστος (abiastos).



Un altro elemento che caratterizza la natura è la bellezza. I greci definirono bello καλός, avvalendosi di questa perifrasi: quando nasce ciò che lega. Il legare per greci e latini indicò il fare, il realizzare, il creare. Pertanto, in ciò che si crea c’è il bello. Lo stesso concetto espressero i latini con pulcher: è bello ciò che nasce dopo il tempo stabilito. Gli italici si servirono di bello (benlo): si ricava (va da dentro) nel nascere l’essere che creo (ad ognuno è bello il proprio figlio).
A conclusione di queste considerazioni sulla natura, mi piace ribadire alcuni convincimenti del pastore. La natura attiene ad esseri che sono in continuo divenire, dal primo momento del concepimento fino alla morte. Il tempo scandisce il divenire del grembo. C’è un presente in atto, rappresentato dal grembo, che sta realizzando qualcosa che manca. Ogni passo in avanti della creatura, si lascia alle spalle il presente, che, subito, diviene memoria. Il presente tende costantemente a fare quello è stato prestabilito, che è un qualcosa che manca alla creatura.  Pertanto, ciò che sarà è prestabilito, anzi predeterminato, da cui il fato. In questa concezione il futuro è un nascere ed è qualcosa che manca per. I greci per indicare il futuro usarono il σ/ς, che rimanda al delta che traduce il mancare. Pertanto, con φύω dissero: nasco, con φύσω
aggiunsero: ancora manca per nascere, ma deve nascere. Quando i latini dissero can-am: canterò, in realtà la perifrasi suona così: dal rimanere (am), per dire ci vuole del tempo per cantare. La stessa perifrasi è in canterò della lingua italiana. Allora, la cultura greca, latina, italica e quella della Magna-Grecia hanno radici comuni anche per gli accadimenti che ancora non sono, ma devono essere, per come prestabilito.