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martedì 19 gennaio 2021

SENZA RESPIRO
di Angelo Gaccione

Vittorio Agnoletto
 
Questo libro è un atto di accusa. Un atto di accusa collettivo perché dentro ci sono le vittime della pandemia da Coronavirus, le migliaia che non potranno più parlare. Ci sono le vite distrutte dei loro familiari (coniugi, fratelli, figli, nipoti…) che si sono visti portar via persone amate, morte disperate e in solitudine, lasciando, a loro volta, disperazione e solitudini incolmabili. Uomini e donne portati via come stracci, come scarti; spesso di nascosto, come fossero vergogne da nascondere. C’è il dolore di una nazione ammutolita, sgomenta, attonita, che si chiede come sia potuto accadere in queste proporzioni, e chi non ha posto un argine al disastro. Diciamolo subito: il libro di Vittorio Agnoletto (Senza respiro), e di chi vi ha collaborato (Cora Ranci, Alice Finardi, i Comitati, le Associazioni, i lavoratori, gli organi di stampa da cui si è attinto, i medici, le interviste, le innumerevoli voci che hanno parlato, testimoniato, denunciato, fatto sapere…), è uno straordinario documento che prende appunti sulla verità, allineando una enorme quantità di date e fatti incontrovertibili. La magistratura, anzi, le varie magistrature, se non l’hanno ancora fatto, dovrebbero acquisire agli atti questo libro: tornerà loro di particolare utilità. Altrettanto dovrebbero fare quanti si sono costituiti in giudizio o si costituiranno: associazioni dei familiari delle vittime in primis. Perché di domande il libro ne pone parecchie, e molte risposte dovranno venire dalle aule dei tribunali. Sia chiaro: dovranno essere risposte perentorie, inequivocabili, perché non tollereremo che finisca come Piazza Fontana, come Viareggio. Vedremo, se almeno questa volta, la giustizia eviterà di coprirsi di ignominia.



L’inchiesta rigorosa e dettagliata di Agnoletto (medico scrupoloso e da sempre attivo nell’ambito delle battaglie in favore della sanità pubblica come bene comune), non è però solo una vibrante e sacrosanta denuncia. Il suo lavoro prende in esame una quantità considerevole di questioni inerenti alla pandemia e alla sua sconsiderata gestione, dai livelli apicali: Organizzazione Mondiale della Sanità, Governo, Ministero della Salute, Regioni, Ats, Asl, Asst, Sindaci, direttori Sanitari, Protezione Civile, Comitato Tecnico Scientifico, fino ai datori di lavoro, alla Confindustria, ai responsabili delle Rsa, e si allarga al Sistema Sanitario pubblico nel suo insieme, ai suoi becchini. A come è stato falcidiato, spolpato, consegnato come una gallina dalle uova d’oro alla sanità privata; a come è stato mercificato da decenni di politiche dolosamente distruttive; a come è stato impoverito. Non solo non è stato attuato il piano pandemico che ci avrebbe messo al riparo dalle stragi (padiglioni predisposti e attrezzati per tempo, macchinari necessari, dispositivi di sicurezza, personale medico e paramedico debitamente formato, strutture di stoccaggio…), ma non ci si è preoccupati minimamente di favorire una industria pubblica di supporto in caso di calamità devastanti, come era doveroso fare, visto che le epidemie possono essere ricorrenti ed inaspettate. Dipendiamo in tutto e per tutto dall’estero: che siano guanti o mascherine, reagenti, camici o letti. Se, come recita l’articolo numero 32 della nostra Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”, dovrebbe essere la Repubblica ad attuare una strategia di prevenzione a tutti i livelli (ambientale, lavorativo, alimentare, educativo, sociale) e non permettere la trasformazione della salute in una merce, a vantaggio di ciniche lobbies che hanno di mira solo il guadagno. È la Repubblica che dovrebbe dotarsi di una “sua industria sanitaria e rendersi autonoma rispetto agli interessi puramente mercificatori e di profitto del settore privato. Perché se questa pandemia ha prodotto la strage che abbiamo sotto gli occhi, i responsabili hanno nomi e cognomi e siedono nelle istituzioni sia politico-amministrative che sanitarie-manageriali.



Ebbene sì, dobbiamo avere il coraggio di dirlo chiaro e forte, le conseguenze stragiste di questa pandemia sono dovute in larga misura alle scelte politiche che una aberrazione neoliberista ha imposto ad uno dei servizi sanitari più avanzati e inclusivi al mondo, com’era quello del nostro Paese. La saldatura che si è andata formando fra le destre leghiste, le lobbies affaristico- sanitarie (con lauti tornaconti per gli escrementi politici che li hanno agevolati), il largo ventaglio dei partiti dell’arco costituzionale di destra, di sinistra e di centro, presenti e scomparsi (con rare eccezioni), ha fatto strame della sanità pubblica. L’ha orientata forzosamente verso la privatizzazione selvaggia, tagliando risorse economiche, posti letto, maestranze, competenze, chiudendo ospedali, sguarnendo interi reparti, abolendo prestazioni necessarie, ambulatori. In questo modo ha reso un girone infernale le prenotazioni nel pubblico; ha dilatato in maniera spaventosa i tempi di attesa per una visita, un esame, un ricovero. Nella città dove sono cresciuto hanno soppresso persino il reparto di maternità, costringendo le partorienti a recarsi in luoghi lontani chilometri. La burocrazia criminale delle regioni è riuscita a far scomparire dalle carte di identità dei nuovi nascituri, il nome della loro città autentica. Un crimine che andrebbe denunciato alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo. La sanità privata ha potuto, grazie a queste scelte, soprattutto nella forzista-leghista Lombardia, fare affari d’oro. Chi non vuole o non può attendere i tempi biblici della sanità Lombarda spacciata per “efficiente”, per “eccellente”, corre ad ingrassare i privati. È a questa sanità che dobbiamo i circa 30 mila decessi e che sta devastando la nostra regione.



Nel libro di Agnoletto troverete molta sostanza: capitoli su un’altra sanità possibile, riflessioni sul futuro, sull’importanza della medicina territoriale, sulle Case della salute, la cancellazione delle Rsa così come le abbiamo conosciute, i capisaldi di un Manifesto nazionale, la fine di quell’insulto chiamato intramoenia. Soprattutto sulla lezione che ci viene da questa pandemia e sull’urgente necessità di riappropriazione pubblica della sanità. Su questo non dobbiamo transigere. Dobbiamo far sentire sul collo del governo il nostro fiato. E, se occorrerà, la nostra rabbia.  


La copertina del libro

 
 
Vittorio Agnoletto
Senza respiro
Come ripensare un modello
di sanità pubblica.
Altreconomia Edizioni 2020
Pagg. 240 € 12,00