Nel
corso della riunione della Presidenza dell’ARS svoltasi il 9 febbraio è stato
affrontato, con proposito di forte impegno, il tema della soggettività politica
della sinistra italiana. Si tratta di un punto decisivo che da diverse parti
era già stato sollevato da tempo. Un punto che però non aveva mai trovato eccessiva
udienza. I soggetti organizzati pur trovandosi in dimensioni ridotte e con
scarsa influenza sulle vicende politiche correnti non hanno mai dismesso di
proseguire in una azione di piccolo cabotaggio destinata esclusivamente a
garantire loro un livello minimo di sopravvivenza. Oggi
il quadro dovrebbe cambiare: l’iniziativa dell’ARS potrebbe concretizzarsi a
breve nella formulazione di una proposta di seminario aperto a tutti i soggetti
culturali, sociali, politici della nostra area. Un
momento di incontro dall’esito del quale (almeno a giudizio dello scrivente)
sarebbe necessario scaturisse una proposta concreta posta sia sul terreno
dell’identità politica sia di quello della strutturazione organizzativa. Svolgo
quindi un tentativo di smuovere la situazione attraverso alcune proposizioni
raccolte in sintesi: 1).Il tema della
soggettività politica della sinistra appare ormai come assolutamente prioritario; 2).Non basta la formula
della “rete” come collegamento tra soggetti politici e movimenti. Serve un
soggetto politico, in una forma adeguata alle molteplici novità del momento, ma
compiuto in una forma-partito; 3).Nel formulare questa
ipotesi/proposta il primo compito da assolvere è quello di affrontare il tema
della complessità delle fratture sociali: una complessità da rileggere non
riducendo l’orizzonte strategico a un orientamento esclusivo di indirizzo ma
cercando di comprendere appieno il profondo modificarsi avvenuto e in divenire
nella dimensione globale al riguardo della relazione struttura/sovrastruttura,
prendendo atto che ci troviamo in una fase di crescente “rivoluzione passiva”; 4).Non affronto in questa
sede il tema del “disfacimento dell’agire politico”, posto in relazione allo
“sfibramento sociale”. Su questo punto, nel corso della citata riunione
dell’ARS, sono state sviluppate analisi precise e puntuali alle quali è già
possibile richiamarci quali indicazioni di fondo per l'espressione di un
necessario livello d’analisi; 5).Da tempo è stata
lanciata, da parte dallo scrivente e del compagno Felice Besostri, una proposta
denominata “Dialogo Gramsci - Matteotti” che ritengo debba essere oggetto di
attenzione nel corso del seminario. 6).Dal punto di vista della
base sociale di questa possibile necessaria nuova soggettività ricordo ancora
una volta che è stata reiterata un’assenza di risposta (dopo che questo fatto
si era già verificato dopo il referendum del 2016) ai milioni di elettrici ed
elettori che hanno votato “No” nel referendum del settembre 2020 sul taglio dei
parlamentari. Naturalmente non si ha la pretesa di inglobare tutti i sette
milioni e mezzo di voti ottenuti, ma una buona percentuale di essi è stato
sicuramente raccolto nella convinzione di chi li ha espressi di votare nel
solco di una proposta di sinistra costituzionale. Una
sinistra costituzionale che ha continuato a vivere, sia pure sottotraccia,
nella politica italiana come ha dimostrato la formazione a suo tempo di una
rete di sostegno ai ricorsi presentati (e vinti) nel riguardo di leggi
elettorali incostituzionali: esperienza che sarà urgente rimettere in piedi al
riguardo della battaglia da condurre nei riguardi della legge elettorale
attuale. Abbiamo
avuto altri esempi di importanti aggregazioni sociali che si sono espresse
senza corrispondenza di una adeguata soggettività politica: da quello del
referendum sulle trivelle o a quello sull’acqua pubblica. Temi
che non possono essere lasciati esclusivamente ai movimenti e che necessitano
di una definizione e di una presenza politica e che dimostrano la necessità di
rilettura nella qualità delle contraddizioni sociali in atto e nel loro
intreccio. Esposti questi punti meramente descrittivi mi permetto ancora di
riportare alcuni elementi del discorso riguardante il “Dialogo Gramsci - Matteotti”,
considerato non semplicisticamente come richiamo storico ma come vero e proprio
“manifesto politico”.
Alcuni
dei principi esposti di seguito sono da intendersi come promemoria di
riflessione per un dibattito che è necessario aprire al più presto.Una
nuova sinistra nella cui fase di costruzione si sviluppi una ricerca di
collegamento attorno a due punti: 1).I
richiami ai punti più alti nella storia del movimento progressista nel nostro
Paese; 2).L’identità costituzionale. Quali punti possono però rappresentare
gli elementi di distinzione e di identità che una nuova sinistra dovrebbe poter
sviluppare nell’attualità? Provo allora a riassumerne alcuni
riprendendo spunto da passaggi che sono già stati enunciati ed elaborati nei
mesi scorsi già caratterizzati tra l’altro dall’emergenza sanitaria: Si
impongono, nel dopo globalizzazione, due elementi di fondo sui quali
riflettere: 1).
Torna
a prevalere l’idea del “senso del limite”: quel “senso del limite” che richiede
l’esercizio dello spirito critico e della continua ricerca sulla realtà della
natura umana. Si è rovesciato il senso delle “magnifiche sorti e progressive” e
la storia non è certo finita anche se è difficile individuarne traiettorie
lineari; 2).
Il
governo delle cose non può essere demandato alla volontà di potenza di chi
detiene il dominio di una tecnologia che punta esclusivamente all’estetica
dell’apparire posta in funzione della crescita esponenziale dei margini di
disuguaglianza (com’è avvenuto nel corso degli ultimi decenni). Non
so se cercare di limitare il dislivello globale possa essere considerato
“riformismo” e se a questo progetto siano più vicini i socialdemocratici USA,
il Labour o altri ancora. Rispetto
ai temi di fondo del modello di sviluppo e della stessa convivenza civile,
delle relazioni umane, degli interscambi non esclusivamente legati alla logica
del profitto, delle comunicazioni d’informazione e culturali ha ragione chi
sostiene che l’emergenza sanitaria globale oggi in corso, ci pone di fronte a
un’occasione possibile.
Esaurite
le forme politiche che hanno segnato il ’900, tra l’idea dell’onnipotenza della
tecnologia e quella del ritorno all’indietro del tipo (tanto per ridurre
all’osso) della “decrescita felice” bisognerà pur individuare un nuovo
equilibrio. Per
poter pensare di fronteggiare il fenomeno emergente del caos (per altro ben
sostenuto dalla solitudine che deriva dall’esercizio degli strumenti di
comunicazione di massa) occorrerà allora ripensare ai concetti di “società
sobria” ben oltre il semplice criterio della sostenibilità. La
ricostruzione di un intreccio tra etica e politica potrebbe rappresentare il
passaggio fondamentale per delineare i contorni di questa “società sobria”
avendo come base di proposta una nuova “teoria dei bisogni” (lasciando da parte
“i meriti”: le urgenze sono troppo impellenti anche se bisognerà non limitarci
a pensare a una “società dell’emergenza”); Servirà studiare per definire un
aggiornamento teorico relativo proprio alla realtà delle “fratture” esistenti,
sulla base del quale riaggregare primordialmente interessi specifici. Inedite
segmentazioni si presentano nella complessità sociale e ci pongono di fronte ad
una esigenza forte di radicalità progettuale: anche i vecchi schemi lib-lab
risultano sicuramente superati e ancor più “retrò” appare la vecchia manovra
della sinistra che vince al centro. Va
posta per interno la dimensione della prospettiva di una “radicalità di
progetto” per definire una società alternativa a quella fondata su di
un’economia dell’arricchimento progressivo. Quell’arricchimento progressivo
posto sul piano individualistico del consumo che abbiamo ben visto come diventi
inutile (e dannoso) in fasi di difficoltà generale. Nell’evidente inadeguatezza dei modelli cui ci si è ispirati nella
globalizzazione, la vicenda dell’epidemia ci dimostra che siamo rimasti fermi a
contemplare ciò che accade senza disporre di idee e di organizzazione per
attaccare, come sarebbe necessario, il muro della separatezza tra i popoli e
tra i ceti sociali.