IN RICORDO DI UN POETA
di
Angelo Gaccione e Don Burness

Lawrence Ferlinghetti
Milano. Se
n’è andato ieri alla veneranda e giovanissima età di 101 anni. Dico
giovanissima perché i veri poeti restano sempre giovani, come il loro cuore,
come la loro indistruttibile parola, come le loro idee se sono profonde e non
conformiste. Il “romantico contestatore”, il pacifista, l’anarchico fedele ai
suoi principi libertari ed alla letteratura, ha terminato la sua vicenda
terrena. Lawrence Ferlinghetti è morto nella sua casa a San Francisco, dove da
tantissimi anni ha animato la sua mitica libreria, la City Lights Bookstore,
punto di riferimento di generazioni di poeti, di oppositori, di giovani alla ricerca
di un ideale di società tollerante, pacifica, solidale. Una libreria impregnata
di versi e di idee, di confronto e di stupore. Qui in Italia, dove Ferlinghetti
veniva spesso, le televisioni se la sono cavata con una miserabile e asettica
notizia in coda ai telegiornali. Non hanno sprecato una sola parola. Non ci
scandalizziamo più di tanto: ci sono vite che fanno paura, mostrano agli
apparati di potere e ad ampi pezzi di società la loro cattiva coscienza.
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Lawrence Ferlinghetti |
Ferlinghetti. Un ricordo di Don Burness

Ferlinghetti davanti alla sua libreria
Usa.
La morte del poeta editore pittore Lawrence Ferlinghetti questa settimana segna
la fine di una delle voci più significative d’America. Ferlinghetti (suo padre
era bresciano) con la sprezzatura a metà del XX secolo ha portato la poesia al
centro della scena della vita americana pur sapendo che il materialismo
americano come dio, uccide il necessario senso di meraviglia e lirismo senza il
quale la vita è piuttosto noiosa. Era il “Trombettista dei beatniks” che
pubblicava “Urlo” di Ginsberg sconvolgendo gli sbandieratori puritani. È
nato a Bronxville, New York, dove è sepolto Melville. Leggeva tantissimo. Lesse
in gioventù come tutti noi che abbiamo molta fantasia i quattro romanzi di
Thomas Wolfe del North Carolina e seguì Wolfe in Francia. Anch’io ho letto
Wolfe e anch’io sono venuto a studiare in Europa. Era l’era del fare l’amore,
non la guerra, l’era della protesta contro la guerra del Vietnam. Abbiamo letto
tutti “A Coney Island of the Mind” di Ferlinghetti (questo prima che la
televisione e gli idioti dei media viziassero la cultura). Ricordo di essere
stato nel 1959 una matricola all’Università del Michigan e in inglese da
matricola, quasi tutti gli studenti avevano letto Ginsberg, Wolfe, Ferlinghetti
e James Baldwin. Ferlinghetti l’acrobata verbale ci ha intrattenuto e ci ha
insegnato che la vita è amore, la vita è sesso, la vita è impegno per la
giustizia sociale, la vita è buon vino. Mia moglie Mary-Lou ed io siamo figli
della Beat Generation e la vitalità di quell’età è stata resa manifesta da
Lawrence Ferlinghetti, che con lo slancio di Dario Fo ha dimostrato che la
letteratura non era un mero esercizio accademico sterile.
