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venerdì 19 febbraio 2021

OPPOSIZIONE PER L’ALTERNATIVA
di Franco Astengo

 
La sinistra italiana si trova a dover declinare, dopo tanti anni, due termini ormai desueti: opposizione e alternativa. Nei decenni trascorsi il governismo dello “sblocco del sistema politico” era stato praticato soprattutto in funzione “anti”: antiberlusconismo, antisovranismo, mentre a sinistra si introiettavano i dogmi liberali senza alcuna concessione alla conflittualità sociale che non fosse quella di una marginalità di apparizione stretta tra “movimento” e “governo”: due termini separati dall’assenza della “politica”.
Adesso si è aperta una fase del tutto anomala dove un governo di larghe intese la cui composizione, a partire dalla figura del Presidente del Consiglio, presuppone sostanzialmente un commissariamento dell’Italia con una sospensione della dialettica politica. Così mentre si stanno attendendo gli effetti di questo decisionismo dall’alto, nell’incertezza, si sta pensando a un tentativo per un nuovo bipolarismo imperniato su reciproche “conversioni” sia da destra sia da parte dell’antipolitica populista la cui onda aveva portato al potere un progetto meramente “sostitutivo” come quello rappresentato dal M5S (viene in mente il Revelli delle “due destre”).
In queste condizioni la scelta di recuperare una soggettività di sinistra partendo dall’opposizione è scelta molto difficile ma necessaria.
Non si può regalare alla destra il monopolio della dialettica politica.
Serve un’opposizione posta al di fuori da un recinto di arroccamento: un’opposizione per l’alternativa della quale si possono delineare alcuni tratti distintivi sul piano del progetto, avanzando anche qualche proposta sul terreno operativo. Il campo dell’opposizione per l’alternativa va riempito con un’ipotesi progettuale di ampio respiro posta prima di tutto a livello europeo: occorre rovesciare la filosofia delle tendenze maggioritarie in atto attraverso, prima di tutto, le lotte sociali ma egualmente, proprio nel momento più acuto dell’emergenza sanitaria che richiede una capacità di scelta, attraverso un’idea di gestione della realtà a partire dal ruolo del “pubblico” rispetto a quello del “privato”.
In secondo luogo è necessario rivolgersi al quadro politico reclamando con forza che l’ipotesi alternativa principi proprio dalla proposta di un modello di democrazia impostato sulla centralità della democrazia parlamentare e sul privilegio della rappresentatività rispetto alla governabilità.
Si tratta di punti forse enunciati banalmente: ma rimane, tutta intera, la necessità di sottolinearli ogni qual volta si tenta la strada dell’analisi dello stato di cose in atto, in Europa come in Italia. Per muoversi in questa direzione, però, è necessario ribadire la necessità che una sinistra d’opposizione e d’alternativa si ponga il tema della costruzione di una adeguata soggettività politica. La scelta di Sinistra Italiana coraggiosamente assunta in una dimensione parlamentare del tutto sfavorevole, non deve essere lasciata isolata ma posta proprio sul terreno di una opposizione che riconosce la complessità di una fase nella quale si deve porre dialetticamente il tema della soggettività a sinistra nella costruzione dell’alternativa.


Opera Vinicio Verzieri

Tutto questo va avviato mentre permangono attivi punti di contraddizione sociale che risulteranno vieppiù alimentati dall’inasprirsi delle condizioni materiali imposte dalla straordinarietà del momento storico.
Punti di contraddizione sociale ai quali deve essere offerta non soltanto una sponda di lotta ma una visione di prospettiva e la presenza di una capacità politica capace, insieme, di orientamento pedagogico e di egemonia.
Serve muoverci con il massimo della rapidità possibile nella direzione di colmare questo vuoto producendo riflessione teorica e forme di capacità organizzativa, ponendoci in alternativa alla “coalizione dominante”.
L’obiettivo di fondo, però, da perseguire non in tempi “storici” deve essere quello di formare un partito della sinistra alternativa superando nei fatti la dimensione di divisioni storiche (come si è tentato di fare con la proposta del “Dialogo Gramsci-Matteotti”) ed evitando di assumere le “issues” emergenti una per volta, in forma corporativa e lobbistica, come da più parti, ad esempio, si sta cercando di sviluppare nel caso della questione ambientale.
La questione ambientale isolata e fatta oggetto di vertenzialità “governativa” non può rappresentare il fondamento di una formazione posta in grado di affrontare, insieme, il vuoto politico e la disgregazione sociale.
La questione ambientale, infatti, non può essere disgiunta da una articolazione sempre più larga delle fratture sociali, in un quadro che può essere riassunto come di “rivoluzione passiva” che sta modificando profondamente la relazione tra struttura e sovrastruttura.
Eguale discorso dovrà essere avanzato rispetto al rapporto tra tecnologia e politica. L’analisi critica del rapporto tra tecnologia e politica deve far parte di quel processo che dobbiamo portare avanti attorno al “rovesciamento di senso” all’interno del mondo del lavoro, avvenuto con il passaggio dalla prevalente identificazione “di classe” in una struttura collettiva, a una visione di carattere individualistico. Visione di carattere individualistico che soggiace ad un predominio della tecnica sull’azione umana, così come identificato nelle ultime elaborazioni di Emanuele Severino.
Infine, sul piano dell’organizzazione politica: si può affermare e scrivere qualsiasi cosa ma i partiti, pur nel modificarsi del loro modo d’essere e di organizzarsi in ragione delle profonde trasformazioni dovute all’innovazione comunicativa e del loro impatto sull’assetto sociale, rimangono essenziali e devono recuperare anche la funzione di “integrazione di massa” di vera e propria formazione politica, non restando soltanto soggetti destinati a fornire “quadri” per un’indistinta, simil-tecnocratica (in realtà ferocemente classista) gestione del potere.
Alternativa, dunque, alternativa di fondo: nella prospettiva compiuta di trasformazione della società, di posizione rispetto al quadro politico, di capacità di costruzione dei “quadri”. E opposizione, opposizione netta e puntuale, all’insieme dello stato di cose presenti.
Concludo citando Paolo Favilli da un suo intervento pubblicato dal “il Manifesto”: “Il nostro impegno, insomma, deve essere quello di preparare  un ad ogni costo dalla parte dei dominati, invece che dalla parte dei dominanti”.