“Ci
vuole una nuova legge elettorale!” È possibile
che nessun esponente di rilievo della defunta maggioranza giallo-rossa, o
dell’ala di centrosinistra della maggioranza Draghi o della sua opposizione
dica che non si può votare, non perché c’è la pandemia o perché bisogna
presentare in Europa il Piano di Recupero e Resilienza, ma semplicemente perché
la nostra democrazia costituzionale non potrebbe sopravvivere alla quinta
elezione con una legge elettorale incostituzionale. Infatti,
si è votato con una legge ormai ufficialmente incostituzionale, il Porcellum,
nel 2006, 2008 e 2013 e, se si applicassero i principi delle sentenze della
Corte costituzionale n. 1/2014 e n. 35/2017, quelle del 2018 con il Rosatellum
e le prossime con la legge elettorale vigente (leggi n. 165/2017 e n.
51/2019 e d.lgs. n. 177/2020. Sempre che la Consulta non abbia cambiato
orientamento, nel frattempo, per mutamento di composizione (11 su 15 rispetto
al 2014 e 5 rispetto al 2017) o altri motivi. Non
bisogna dimenticare che le sentenze della Consulta sono state ottenute grazie a
ricorsi di cittadini elettori e di un limitato numero di parlamentari in carica
quelli contro la legge n. 52/2015 (Italicum). Molti
dei favorevoli al rinvio hanno approvato, con le più varie maggioranze le leggi
vigenti, la n. 165/2017 Governo Gentiloni, la n. 51/2019 Conte 1 e il d.lgs. n.
177/2020 Conte bis, perciò non possono dirlo. Non vogliono votare perché con
questa legge Salvini e Meloni hanno la maggioranza assoluta del Parlamento in
seduta comune con le proiezioni attuali delle intenzioni di voto, ma così lasciano
spazio alla propaganda della destra, che avendo rubato il diritto di voto con
il Porcellum agli italiani, parlano di “dare voce al popolo”,
nome ipocrita per elezioni anticipate. In
democrazia il popolo ha voce senza che nessuna gliela dia. L’art.
48 Cost. è palesemente violato sotto i profili del voto eguale (le coalizioni e
le liste coalizzate sono avvantaggiate rispetto alle altre pur non avendo un
programma comune), libero (voto congiunto obbligatorio a pena di nullità) e
personale (liste bloccate immodificabili anche parzialmente). L’eccesiva
distorsione tra voti in entrata e seggi in uscita, non è legittima anche in un
sistema misto, come il nostro 3/8 maggioritario e 5/8 proporzionale, come enunciato
dalla sentenza n. 1/2014 a causa del voto congiunto obbligatorio tra
candidatura uninominale e lista plurinominale, e del calcolo dei voti delle
liste coalizzate maggiori del 1% e inferiori al 3%. Nel 2018 la coalizione di Cdx ha ottenuto il
13,2% di seggi in più alla Camera e il 16,1% al Senato, mentre quella di Csx
-14,6% alla Camera e -16,7% al Senato, con una percentuale di voti validi più
alta.La punizione è più pesante per chi
elegge solo nella parte proporzionale, infatti, LeU, sempre nel 2018, rispetto
alla percentuale di voti ha avuto alla Camera 14 seggi invece di 21 (-33,3%) e
al Senato 4 invece di 10 (-60%). La
maggioranza giallo-verdebruna ha poi approvato la legge n. 51/2019, che,
stranamente in un sistema parlamentare di bicameralismo paritario, hanno
approvato criteri di arrotondamento delle percentuali dei seggi maggioritari e
proporzionali differenti tra Camera e Senato, con premio alla quota maggioritaria
superiore, irragionevolmente, al Senato con 200 seggi la metà della Camera,
premio aggravato dal taglio dei Parlamentari e dalle norme speciali per le
Province autonome di Bolzano e Trento, approvate anche dal PD. L’unica azione
concreta è quella di portare in Corte costituzionale la legge elettorale
vigente e per questo sono utili appelli per una nuova legge elettorale proporzionale,
come promesso dalla ex maggioranza giallo-rossa e auspicato da fautori del Sì
referendario, pur sapendo che in Parlamento e nell’immensa maggioranza Draghi,
non ci sono i numeri sufficienti, neppure per discuterla e approvarla nella Commissione
Affari Costituzionali della Camera, dove è incardinata. Per fortuna il Governo
Draghi non ha un orientamento sul punto legge elettorale, perché altrimenti
grazie ai precedenti della Presidenza Camera sulla legge n. 52/2015, che,
rovesciando 34 anni dopo il costituzionalmente ineccepibile “lodo Iotti”,
dal nome dell’allora prima Presidente di una Camera, consentirebbe di fare
approvare a colpi di voti di fiducia, qualsivoglia legge elettorale. Movimenti,
associazioni, parlamentari, giuristi, cittadini e cittadine, per i quali “essere
fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi” (art. 54
c. 1 Cost.), prima ancora che un dovere è un impegno personale, etico e
politico, dovranno metterci la faccia. Nel
2016 un servitore della Repubblica e della centralità del Parlamento, come il
decano dei costituzionalisti italiani, prof. Gianni Ferrara, non ha esitato a
firmare un ricorso per affermare il diritto di votare, secondo Costituzione,
messo in discussione da una legge elettorale, la n. 52/2015, aspettiamo, che
altri seguano il suo esempio nelle prossime impugnazioni. È
una scelta politica, non giudiziaria, consentire al Popolo, cui appartiene la
sovranità, di passare dalle parole ai fatti, cioè eleggere parlamentari che
rappresentino la Nazione, cioè noi cittadini, senza vincolo di mandato.