SPAGNA: L’EUTANASIA DIVENTA LEGGE di Alfonso
Gianni
Può apparire fuori luogo parlare della “buona morte”,
ovvero dell’eutanasia (dal greco eu-thanatos),
in un periodo come l’attuale in cui la pandemia avvicina la morte certamente
non desiderata alla vita di ognuno di noi. Ci vuole quindi un certo coraggio e
una forte determinazione a portare avanti una battaglia per l’eutanasia e per
il suicidio assistito di questi tempi. Gli spagnoli questo coraggio l’hanno
avuto e hanno vinto. Grazie alla proposta di legge presentata dai socialisti e
da Unidas podemos il Parlamento di
Madrid e tutta la Spagna hanno vissuto una giornata storica. Naturalmente hanno
votato contro i fascisti di Vox e il Partito popolare, ma non è bastato per
impedire che il paese iberico diventasse il settimo paese al mondo (il quarto
in Europa) a garantire il diritto all’eutanasia. La sanità pubblica dovrà
inserirla fra i servizi offerti su tutto il territorio nazionale, pur essendo
previsto il diritto all’obiezione di coscienza da parte dei medici. È stata una battaglia lunga e accanita, lungo la quale
anche il cinema ha giocato la sua parte. Nel 2004 un bellissimo film, Mare dentro, diretto da Alejandro
Amenabar e interpretato da un Javier Bardem in stato di grazia, scosse la
coscienza non solo degli spagnoli ma si può dire di tutte le persone nel mondo
intero che ebbero l’opportunità di vedere quella pellicola. Il regista aveva
portato sul grande schermo la vicenda reale di Ramon Sampedro, un tretraplegico
che riuscì finalmente a porre fine alla sua vita nel 1998 dopo anni di lotta
per ottenere il diritto al suicidio assistito. Il caso ebbe un enorme eco e
Izquierda Unida presentò la prima proposta di legge in tal senso. Ma malgrado
l’emozione che quella vicenda aveva creato e il dibattito che attorno ad essa
si era acceso, l’iniziativa legislativa non ebbe successo. Allora ottenne solo
25 voti, ma dopo più di venti anni i voti a favore sono diventati 202 su 350.
In questo ventennio vi sono stati molti altri tristissimi
casi in Spagna, come in altre parti del mondo, fra cui l’Italia. Chi non
ricorda, per citarne solo due, il caso di Piergiorgio Welby, a cui il vicariato
di Roma, non concesse le esequie religiose come avrebbe desiderato la moglie
Mina. O quello di Eluana Englaro, a lungo vittima di un orrendo sciacallaggio
politico da parte delle forze più reazionarie. Nel frattempo però è cresciuta
tra le persone la consapevolezza che si dovesse garantire la possibilità di
potere scegliere una morte degna in luogo di una vita che non poteva esser
considerata più tale. Tornando alla Spagna, secondo sondaggi accurati, l’appoggio
della società a una legislazione favorevole all’eutanasia è oggi intorno al
90%, mentre era solo del 50% negli anni 90. La nuova legge votata pochi
giorni fa allinea quindi la Spagna a paesi come Belgio,
Lussemburgo, Olanda, Canada e Colombia. Il testo prevede che le persone che
abbiano raggiunto la maggiore età e che siano residenti in Spagna da almeno un
anno, sofferenti di «una malattia grave e incurabile» o di «una patologia
cronica, grave e impossibilitante», tale da provocare «una sofferenza fisica e
psichica intollerabile», e che nel contempo siano capaci di intendere e volere,
in «maniera autonoma, cosciente e informata», possano avvalersi di questo nuovo
diritto. Il che dovrà avvenire sulla base di una richiesta scritta (tranne nei
casi di effettiva impossibilità). Dovranno essere informate correttamente e per
iscritto sul loro stato di salute e sulle alternative alla scelta di morire
sulla base dell’accesso a cure palliative disponibili. Una decisione preventiva
potrà essere inserita nel testamento biologico o in un’altra forma di
documentazione di uguale valore ed efficacia, revocabile in qualsiasi momento o
procrastinabile nei tempi.
Si prevede inoltre che tale
richiesta debba essere ripetuta dopo 15 giorni. Solo a quel punto verrà consultato
un secondo medico, cui competerà la redazione di un puntuale rapporto.
Successivamente interviene una commissione di garanzia multidisciplinare
regionale, che in due giorni deve nominare un medico e un giurista. Nel giro di
una settimana dovranno stabilire se sono stati rispettati e sussistono tutti i
requisiti previsti dalla nuova normativa. Il paziente ha la possibilità
eventualmente di ricorrere contro una eventuale decisione negativa alla sua
richiesta. Nell’insieme tutto il procedimento deve concludersi entro un mese. Le
modalità con cui avviene il decesso sono quella dell’eutanasia attiva, quindi
con l’intervento dei medici, o quella del suicidio assistito, nel qual caso il
paziente si potrà somministrare un farmaco. In entrambi i casi l’atto
conclusivo potrà avvenire in ospedale, in clinica o nel proprio domicilio. Le televisioni ci hanno trasmesso le immagini dei
deputati plaudenti, tra quelli presenti in aula, mentre i parlamentari di Vox
agitavano cartelli sui quali promettevano di fare ricorso al Tribunale
costituzionale.Avendo più di 50
deputati questo è per loro possibile secondo le norme spagnole. Quindi la lotta
non è del tutto conclusa, anche se ha fatto un enorme passo in avanti che ci
auguriamo essere definitivo. Per rendere il diritto effettivo e pienamente
esigibile sarà necessario non abbassare la guardia della battaglia culturale,
non solo in Spagna, per evitare che l’obiezione di coscienza del personale
medico venga usato - come succede per l’aborto in molte parti del nostro bel
paese - per impedire che l’eutanasia e il suicidio assistito diventino una possibilità,
frutto di una decisione sofferta, per qualunque cittadino in una struttura
sanitaria pubblica o tra le mura di casa. Si tratta di garantire a tutte e a
tutti il diritto “ultimo”, quello di potere morire da vivi.