Garattini,
la salute e il Servizio Sanitario Nazionale che
dobbiamo sognare. Ricostruzione Silvio Garattini ci ha donato un
importante libro sulla Salute e sul Servizio Sanitario Nazionale, dal brutto
titolo: Il futuro della nostra salute. Il serviziosanitario che
dobbiamo sognare. Ho scritto a Garattini i miei complimenti, preannunciando
i miei commenti ma aggiungendo: “Per ora osservo che non si tratta di
parlare del servizio sanitario nazionale che dobbiamo sognare, ma del servizio
nazionale che dobbiamo ricostruire e per il quale impegnarci tutti come Tu fai
in modo formidabile. Non si tratta di un sogno ma di una lotta contro i
mascalzoni che lo hanno in gran parte occupato”. Garattini mi ha risposto:
“Sono assolutamente del tuo parere. Grazie! Silvio”. I miei commenti non
sono una recensione del libro ma una risposta all’invito di Garattini che
conclude il libro con queste parole: “È importante che gli avvenimenti della
pandemia permettano di non calare il sipario, ma di sviluppare un’ampia
discussione”. Mi auguro che molti altri rispondano al suo invito. Io
lo faccio con molto piacere limitatamente ai punti sui quali penso di avere
l’esperienza per dire qualcosa di sensato. Il 2 marzo 2020, nel pieno dell’attacco del Coronavirus, che
metteva a durissima prova i nostri ospedali e il loro personale a tutti i
livelli, scrivevo: “Il sistema sanitario italiano ha
bisogno di una profonda revisione.Da più di un decennio
circola la “fake news”, basata anche su passati incauti giudizi dell’OMS
sorretti da alcune sue statistiche, che il sistema sanitario italiano è il
migliore del mondo con il corollario che essendo il sistema sanitario lombardo
il migliore d’Italia è proprio quello lombardo il sistema sanitario migliore del
mondo. Gloria dunque a Formigoni ed alla sua amata Comunione e Liberazione. Ai
saccheggi perpetrati e provati da sentenze, alla politica sbilanciatissima a
favore di operatori privati, e poi alla Lega con la sua feroce selezione della
classe medica, paramedica e direttiva prevalentemente in base all’affiliazione
ed alla tessera di partito, come ai tempi del fascismo. Sono stato impegnato in
Sanità per parecchi anni e devo dire che è stata la mia esperienza
professionale più bella, proprio perché mi ha permesso di capire la grande
professionalità di tanti medici ospedalieri e di tanto personale paramedico. È un
mondo pieno degli angeli di cui parla Lutero contro i diavoli, affaristi e
politicanti, che della sanità si servono per ragioni di affari o di potere. La
sanità lombarda è ancora forte ma semplicemente perché è da 500 anni che qui si
fa buona sanità e buona ricerca medica e il patrimonio accumulato è molto alto.
Ma se non lo si difende schierandosi a fianco degli angeli che lo proteggono è
destinato ad esaurirsi. Certamente abbiamo ancora in Lombardia degli esemplari
di eccellenze medico-scientifiche ed è un patrimonio che dobbiamo amare. Ma
amare vuol dire difendere… Queste sono le prime riflessioni che ci suggerisce
il coronavirus con i suoi ammaestramenti. Auguriamoci che la nostra
collettività utilizzi questa dolorosa sfida per migliorare la propria cultura e
la propria organizzazione sociale. Scienza, conoscenza, buona organizzazione,
rispetto reciproco e fiducia devono diventare i pilastri della nuova Italia che
dobbiamo, in gran parte, rifondare anche seguendo la mappa del tesoro che il
coronavirus ci aiuta a tracciare”. Ed il 27 marzo 2020, quando ormai era chiaro a tutti che la
nostra linea del Piave dopo la Caporetto di febbraio e marzo 2020, era
rappresentata dalla strenua lotta contro il virus combattuta, con impegno
straordinario, dal personale sanitario, tecnico, amministrativo a tutti i
livelli, scrivevo a Giangiacomo Schiavi che, dopo aver sottolineato gli errori
della politica sanitaria ed il grande valore di questa risposta sul campo degli
operatori, raccomandava di non sparare sul pianista: “Vi è un modo solo per
esprimere seriamente la nostra grande e commossa gratitudine a questi medici e
a tutti gli altri sanitari di ogni livello che con tanta generosità si stanno
battendo al limite delle proprie forze e oltre: impegnarci pubblicamente a
sparare sul pianista, a fare tutto il possibile perché i dieci “errori” da Lei
evidenziati non continuino e non si ripetano. Vogliamo vivere in un Paese che
non ha bisogno di eroi e che abbia veramente e non per ridere una buona sanità.
Poniamoci una domanda semplice e centrale. Prendiamo a riferimento un Paese
simile e vicino al nostro come la Germania e calcoliamo il rapporto tra
contagiati e morti in Germania e in Italia. La clamorosa differenza tra questi
due rapporti è la misura vera della mala gestio della sanità italiana e in
particolare lombarda ed è anche la ragione perché non possiamo sottrarci a
sparare sul pianista”.
Oggi possiamo contare su numerose testimonianze genuine e
sincere sulle difficoltà, sofferenze, generosità, creatività, sacrifici vissuti,
nei nostri ospedali, per reggere la linea del Piave. Tra queste una delle più
interessanti la troviamo in un importante libro nel quale molti ospedalieri di
una zona limitata ma significativa testimoniano in che modo, loro personalmente
e l’organizzazione nella quale operavano, hanno affrontato l’emergenza e le
trasformazioni necessarie. È un libro che ho trovato di grande interesse proprio
per la molteplicità e generosità delle voci che, in esso, portano la loro
testimonianza: Il coraggio e la passione, Brescia e il Covid19, mariotarantolaeditore,
luglio 2020. È la testimonianza collettiva più ricca e articolata che mi è
capitato di leggere. Ma già nel corso della fase più acuta dell’attacco del
Coronavirus si erano levate voci significative, tanto che il 5 maggio 2020
potevo scrivere: “Visto che i
vertici si rifiutano, a priori, di accettare ogni dibattito e approfondimento
critico, dovremo fare da soli.Sarà solo
dall’insieme di questi confiteor che potrà consolidarsi l’energia morale e
sociale indispensabile per correggere la rotta e ripristinare l’art. 32 della
Costituzione. Nel corso dell’attacco del Coronavirus è avvenuto un fatto che ho
definito di grande interesse. Gli ordini dei medici territoriali e ospedalieri
e associazioni o gruppi di medici di matrice non sindacale hanno preso la
parola per tutelare i loro associati ma anche per avviare un discorso
interessato e competente sulle disfunzioni del sistema sanitario e sulla
necessità di correggerle. Dopo anni di silenzio complice (per il quale anche
loro devono recitare il loro “confiteor”) il fatto che questi ordini e gruppi
abbiano preso la parola e siano scesi in campo, è una notizia molto positiva.
Dobbiamo sperare che quest’azione continui e non svanisca con il Coronavirus,
si consolidi, diventi perseverante, unisca le forze in un movimento di struttura
federalistica, e si impegni per una riforma seria della sanità. Sono loro che
devono diventare i protagonisti del sistema sanitario rinnovato. È questo il
passaggio chiave per passare dal “confiteor” alla speranza. La confessione dei
propri errori (o peccati per i cattolici) non è infatti fine a sé stessa. Serve
per passare dal confiteor alla speranza, alla costruzione di un mondo
migliore.”
Ed il 23 marzo 2020 scrivevo,
rifacendomi all’art.32 della Costituzione: “Il Servizio Sanitario
Nazionale è uno dei nostri più importanti patrimoni sociali e l’opera fatta
negli ultimi 20 anni per demolirlo (opera nella quale si è soprattutto distinta
la Lombardia) è stato un crimine. Il super centralismo a livello regionale,
l’aziendalismo superficiale e le nomine politiche per appartenenza sono state
un delitto. Speriamo che il Coronavirus ci aiuti ad aprire un dibattito serio e
non impostato, come negli ultimi 20 anni, sulla base dell’appartenenza e non
del merito, nel silenzio di una stampa servile e di un sindacato inesistente.” Odissea, con la sua rubrica Ippocrate, ha già
iniziato a stimolare questo dibattito. Ora che l’appello a partecipare ad un
grande dibattito per una saggia riforma viene da una fonte così autorevole e
credibile come Garattini, mi auguro che l’appello venga raccolto da molti. La
cosa più importante è che la tensione civile positiva, generata dal Covid19,
non vada dispersa e che lo scoraggiamento sopravvenuto a causa dell’incapacità
operativa del Governo, e per noi lombardi l’incredibile incapacità della Regione,
non soffochi tutto il buono, che pure c’è, fatto sia dal popolo che dal
governo.
I principi fondanti Su alcune proposte di Garattini sono in
disaccordo, come illustrerò più avanti. Ma quello che conta è il confronto sui
principi fondanti, prima di confrontarci sulle singole soluzioni proposte. Prima di tutto bisogna confrontarsi sul valore che
assegniamo al SSN. Su questo il mio accordo con Garattini è totale, quando
scrive: “È utile dire immediatamente, per non incorrere in una falsa
interpretazione, che il SSN è un bene assolutamente insostituibile e prezioso
per la salute pubblica e quella di ognuno di noi”, e quando
conclude: “Il SSN, un bene straordinario per la salute dei singoli e della
popolazione, è attualmente in leggero ma preoccupante declino, per cui sono
urgenti interventi che possono migliorarne l’efficacia e l’efficienza.
Anzitutto è fondamentale un grande e profondo cambiamento culturale”. Forse
l’unica differenza è nel giudizio sul grado del declino. Garattini dice che è
“leggero”. Io penso, invece, che, soprattutto in Lombardia, si tratti di un
declino pericolosamente “grave”. Ma è una sfumatura. Ciò che conta è il
consenso sulla necessità di interventi urgenti che ne migliorino l’efficacia e
l’efficienza (è da tempo che non vedevo l’efficacia posta prima dell’efficienza
in sanità, cosa che è, invece, fondamentale). Prima di parlare degli interventi
bisogna, dunque, confrontarsi sull’esigenza di un profondo cambiamento
culturale. È ciò che fa, molto bene, Garattini dedicando al
cambiamento culturale tutta la prima parte del libro (da pag. 13 a pag. 89).
Questa parte dedicata ai “Cambiamenti culturali” è articolata in quattro
capitoli, tutti fondamentali: Prevenzione, Formazione, Ricerca, Informazione.
Veri e propri caposaldi di una buona sanità.
Prevenzione Si calcola, scrive Garattini, ma per eccesso, che
del bilancio del SSN, che corrisponde a circa 115 miliardi di euro, solo il 5%
viene speso per evitare le malattie, una finalità indispensabile per mantenere
la sostenibilità nel tempo del SSN”, cioè per la prevenzione. Gli argomenti che Garattini sviluppa sulla
necessità di un grande impegno per la prevenzione “(“per evitare le malattie”)
sono tanti e così convincenti che non c’è nulla da aggiungere. È vero che
l’Italia può vantare una durata di vita fra le più lunghe del mondo, ma essa “cade
nella classifica quando viene valutata per la durata di vita sana”. È
una osservazione che alcuni decenni fa fu formulata dal grande economista Caffè
con parole molto simili a quelle di Garattini: “la durata di vita sana
dovrebbe essere il parametro per cui confrontare la capacità dei vari Paesi di
generare salute”. Una semplice domanda rivolgo a Garattini. Per
esperienza personale ho avuto modo di verificare che la maggior parte dei
medici è fortemente refrattaria al discorso della prevenzione. Qual è la
ragione di ciò?
Formazione Forse la risposta alla mia domanda si trova
proprio in questo capitolo, che inizia con un altro principio fondamentale,
espresso con chiarezza assoluta: “Senza un intervento di formazione sarà
impossibile ottenere un cambiamento culturale”. Su questo principio
fondamentale e del tutto condivisibile Garattini sviluppa un programma di
formazione a tutti i livelli dalle elementari, alle superiori, alle università,
alle scuole specialistiche, alla educazione medica continua (ECM). Al vertice del processo di formazione suggerito da
Garattini si pone una Scuola Superiore di Sanità, “una struttura per la
formazione dei dirigenti sanitari spesso evocata ma mai realizzata”. Il
Covid-19 ne sottolinea l’assoluta necessità. Qui oltre ad una solida
preparazione sanitaria bisogna insegnare management sanitario, statistica
sanitaria e altri temi fondamentali, che “non vengono normalmente dati dalla
formazione universitaria: ad esempio, la valutazione del rapporto
benefici-rischi e del rapporto costi-benefici, il ruolo che l’intelligenza
artificiale giocherà sul rapporto medico paziente, l’importanza della
digitalizzazione del SSN e di tutte le sue strutture”. E aggiungo
io: l’importanza della triade congiunta: efficacia, efficienza, rispetto del
paziente. Una Scuola Superiore di Sanità è una assoluta necessità e penso che
dovrebbe avere una molteplicità di sedi su tutto il territorio. Nessuno
dovrebbe poter partecipare ai bandi per posizioni dirigenziali in sanità, senza
prima passare attraverso questa scuola. La stessa regola dovrebbe valere per
chiunque aspiri ad entrare in consigli di amministrazione di ospedali
organizzati come fondazione, come gli IRCSS. Questa è la via maestra per
ripulire il SSN dai questuanti della politica che grazie alla stessa si sono
infiltrati con arroganza pari alla loro incompetenza nel SSN, inferendo allo
stesso danni incalcolabili. È su temi come questo che gli ordini dei medici dovrebbero
far sentire la loro voce, alta e forte.
Ricerca Le cifre su quanto poco spendiamo per la ricerca e
i confronti con i paesi di riferimento sono scoraggianti. “L’Italia in
questo senso è ‘parassita’ perché riceve i vantaggi delle ricerche altrui (che
peraltro paga!) ma ha scarsa tendenza a sostenere la ricerca nazionale”(Garattini).
Qui il tema si allarga oltre la sanità. Il paese deve guardarsi allo specchio e
porsi la domanda: ma è possibile illudersi di rimanere all’avanguardia in
economia e cultura senza investire nella ricerca e nella diffusione del sapere
scientifico? Non è proprio qui una delle spiegazioni fondamentali del lento ma
ormai prolungato declino del Paese? Anche a questo tema Garattini dedica pagine
che dovrebbero essere meditate da tanti perché “la ricerca scientifica in
Italia è sempre stata ignorata dalla politica e nel tempo privata di risorse
mettendo il nostro Paese nella retroguardia rispetto ai Paesi europei?” (Garattini).
Ma se così è, e lo è da molto tempo, che speranze ci sono che l’andazzo cambi?
Possono bastare le raccomandazioni, sia pur autorevoli, di Garattini che si
aggiungono a quelle formulate da altri da tempo? Possono bastare queste
raccomandazioni unite alle sofferenze inflitte dal Covid-19? Può bastare
l’umiliante accattonaggio di vaccini che siamo costretti a fare? Ma quale forza
politica può farsi interprete del cambio di marcia necessario? Garattini
suggerisce la realizzazione, al più presto, di un’Agenzia Italiana per la
Ricerca Scientifica (AIRS) e delinea anche un profilo ragionevole
dell’organizzazione e della funzionalità di questa Agenzia. D’accordo. Ma si
tratta di un progetto che dovrebbe essere sostenuto dalle principali
università, dalle associazioni imprenditoriali, dai giornali nazionali, dai
grandi operatori economici, dai raggruppamenti giovanili, dal sindacato, da
molte voci, perché come mi spiegò una volta un importante personaggio
americano: “They are politicians and politicians never act, they react”. Se il
Paese non si farà sentire non succederà nulla di serio.
Informazione Il quarto capitolo fondante, dopo prevenzione,
formazione, ricerca è quello della necessità di una informazione indipendente.
“L’informazione è un elemento necessario per qualsiasi organizzazione di
piccole o grandi dimensioni ed è quindi essenziale per il SSN. Il periodo del
Covid19 ha mostrato – se ce ne fosse stato bisogno – la confusione creata dalla
mancanza di un portavoce credibile che ogni giorno avrebbe avuto il compito di
aggiornare in termini comprensibili sull’andamento della pandemia e soprattutto
chiarire o confutare un ‘rumore’ di pareri, opinioni, fake news, derivanti da
pseudo-ricercatori, mass-media, e soprattutto social network, negazionisti o
catastrofisti. Si distinguerà perciò la necessità di una informazione
indipendente – cioè non legata a interessi politici, economici o ideologici –
all’interno o all’esterno del SSN”. (Garattini). Su questo punto posso solo aggiungere che la
raccomandazione di avere un solo portavoce credibile, fu da me formulata nel
marzo 2020, quando incominciò ad apparire chiaro che ci stavamo avviando verso quel
chiacchiericcio che da un anno ci asfissia, tipico “d’una classe inclinata a
prendere la parola come equivalente dell’atto” (G. Prezzolini).
Cambiamenti strutturali e
organizzativi Fissati i principi fondamentali sopra discussi,
Garattini sviluppa, nella seconda parte, i suoi suggerimenti sui “Cambiamenti
strutturali e organizzativi”. Qui preferisco lasciare il passo a persone più
competenti di me nella realtà operativa, limitandomi a tre temi di prevalente
contenuto economico. Sono tre temi che, insieme, si possono riassumere nel
motto: per il SSN bisogna spendere di più, e spendere meglio. Il primo è sulla
necessità di spendere di più. Il secondo è sulla necessità di un cambiamento
radicale nella medicina del territorio. Il terzo è su un ridisegno della
struttura generale del SSN attraverso una “nuova struttura destatalizzata”.
Spendere di più Secondo la Fondazione Gimbe, la spesa complessiva
per la salute ammontava in Italia nel 2017 a 254 miliardi di euro, di cui 113
miliardi pubblici, 41 miliardi privati e il resto spesa socio-sanitaria. Sempre
secondo la Fondazione Gimbe, per allineare la spesa a quella degli altri Paesi
europei sarà necessario nel 2025 un aumento di 26 miliardi di euro rispetto al
2017. Garattini aggiunge: “Come è stato riportato da molte fonti, gli
stipendi dei nostri medici e infermieri dipendenti del SSN sono fra i più bassi
d’Europa a parità di potere d’acquisto. Questo fatto contribuisce in modo
sostanziale al basso costo del nostro SSN che si assesta sul 6.6% del prodotto
interno lordo (PIL) contro l’8-9% degli altri Paesi europei”. Ciò
trova conferma, in modo invero impressionante, dalla ricostruzione
dell’andamento degli stipendi effettivi delle varie branchie della PA negli
ultimi 15 anni.
L’efficace sintesi di Gianni Trovati, intitolata:
“PA, 15 anni di stipendi puniscono sanità e comuni”, osserva: “La Pubblica
amministrazione che si presenta all’appuntamento con il rinnovo dei contratti e
con l’attuazione del Patto della Sala Verde non è tutta uguale. Un metro
brutale ma efficace per misurarne le differenze interne è rappresentato dagli
stipendi effettivi. Questo criterio pratico può essere utilizzato per
individuare la posizione occupata dai vari rami dell’amministrazione nella
gerarchia seguita dalle politiche pubbliche degli ultimi 15 anni. Vista con gli
occhi di oggi, provati da un anno di crisi pandemica e concentrati sulla sfida
del Recovery, è una gerarchia al contrario. Perché ha punito i settori più
vitali per affrontare l’emergenza e tentare la ricostruzione: sanità, scuola ed
enti locali. E ha premiato gli uffici più vicini al potere centrale, quelli
della presidenza del consiglio, e i settori a cui ha lasciato libere le briglie
dell’autonomia, dalle autorità indipendenti agli enti pubblici come Inps,
Inail, Aci e così via”. Dunque, non vi è dubbio sul fatto che bisogna
spendere di più per la Salute. E che bisogna spendere meglio. È una scelta
politica e strategica forte che bisogna realizzare, sia attingendo ai fondi del
Recovery Plan che attingendo alle fonti di autofinanziamento attraverso una
gestione più efficace ed efficiente e sconfiggendo corruzione, malaffare,
incompetenze derivanti dai partitanti, mali endemici che si sono infiltrati in
tante parti del nostro SSN.
Medicina del territorio La lezione che il Covid19 ci ha impartito sulla
necessità di riorganizzare la medicina del territorio è stata di una chiarezza
e profondità esemplari. Tanto che ci sarebbe da ringraziare il Covid19, se non
per il fatto che la sua lezione non è stata gratis. Il prof. Covid19 è un
professore non solo esigentissimo ma anche carissimo. Cerchiamo di non buttare
via una lezione costata così cara. Questa lezione non sfugge certo a Garattini
che dedica alla riorganizzazione della medicina del territorio alcune delle sue
pagine più convincenti, prendendo lo spunto dalle molte sperimentazioni che già
hanno visto i mediciterritoriali
lavorare in gruppo in quelle che, spesso, sono state chiamate “casa della
salute”. Conclude Garattini: “Accanto a tutte le strutture necessarie per
assicurare al SSN l’adozione di tutti i progressi scientifici e tecnologici è
anche necessario un cambiamento radicale nella medicina del territorio”. Gruppi
di medici, dipendenti dal SSN e localizzati nelle “case della salute”, devono
poter garantire le cure primarie attraverso l’assistenza domiciliare, la
telemedicina, i contatti con gli specialisti per filtrare i pazienti che hanno
la necessità di pronto soccorso o di ricoveri ospedalieri”. Si tratta di suggerimenti così convincenti, sui
quali tutti o quasi sono concordi, che possono avere effetti molto benefici non
solo per la salute dei cittadini ma per il miglior funzionamento degli
ospedali, per lo sviluppo più sereno e produttivo della professione di medico
di territorio, per l’economicità dell’intero sistema sanitario, e quindi per
l’andamento della produttività e dell’economia nazionale, che l’unica domanda
da porsi è: Se non ora quando?
Nuove strutture destatalizzate Garattini coraggiosamente affronta anche il
rischio di suggerire una nuova impostazione generale nel SSN. Prima di
esprimere il mio dissenso sulla soluzione da lui proposta, devo formulare il
mio pieno consenso sul principio che, come al solito, lui pone, con grande
chiarezza, all’inizio della sua proposta, scrivendo: “Si tratta di
realizzare un intervento rivoluzionario che sottragga il SSN dalle attuali
regole della Pubblica Amministrazione… Il SSN deve trovare una nuova struttura
destatalizzata, per sottrarsi alle regole dell’amministrazione pubblica che
impone burocrazia laddove è invece necessario una flessibilità di interventi”. Le esperienze che ho fatto come commissario per
quattro anni di un grande e storico ospedale milanese, mi portarono ad alcune
conclusioni profondamente radicate in me e che, sin da allora, formulai
pubblicamente: 1.Tutti gli enti ospedalieri
che ricavano la maggior parte dei loro ricavi da fondi pubblici del SSN (cioè
dalle imposte e tasse dei cittadini) sono enti di rilievo pubblico a
prescindere dalla forma proprietaria; Tutti devono quindi operare nell’ambito di un
sistema di regole che li pongano sullo stesso piano, sotto tutti i profili; 2.Gli enti ospedalieri che
dipendono direttamente dalla PA (nomine, rapporti contrattuali e sindacali,
acquisti, organizzazione e informazione interna, strutture informatiche,
contabilità, etc.) sono privi della necessaria autonomia, flessibilità, valutazioni
meritocratiche, efficacia, efficienza indispensabili per essere competitivi e
per dare il meglio di sé, sia in chiave sanitaria che in chiave umana e
culturale; 3.Dire che l’Ospedale è una
azienda (come allora andò di moda dire) è una truffa intellettuale utilizzata
per confondere le carte. L’Ospedale non è un’azienda. È un ospedale con i suoi
principi, i suoi obiettivi, le sue caratteristiche, le sue esigenze, i suoi
compiti, le sue responsabilità specifiche. Questa favola ha inferto danni gravi
al SSN. Ciò, peraltro, non esclude che metodologie organizzative e di lavoro
sviluppate dalla pratica e dalla dottrina aziendale non possano non essere
usate, con beneficio, anche nell’ambito di ospedali. E fortunatamente ciò già
avviene in modo crescente. Io allora stimai che l’ospedale che guidavo avrebbe
potuto aumentare la sua “produzione” del 30% (offrire servizi maggiori del 30%
a parità di spesa) se fosse stato liberato da obblighi e vincoli inutili
derivanti dal suo essere parte della PA.
Immagino che siano convincimenti, più o meno
analoghi a questi, che suggeriscono a Garattini la sua proposta di
destatalizzazione, che condivido. Ricordo una legge spagnola approvata negli
anni ’90 che riorganizzando il servizio sanitario spagnolo in fondazioni aveva,
all’inizio un articolo generale che statuiva: gli enti ospedalieri regolati da
questa legge non fanno parte delle PA e non devono applicare la contabilità pubblica.
Più o meno qualche cosa del genere dobbiamo fare anche noi. Ma come? Sul come
non sono d’accordo con Garattini, anche se è necessario affermare che Garattini
non sostiene la sua soluzione in via esclusiva e delinea altre possibilità più
convincenti. Tuttavia, vale la pena discutere criticamente la sua proposta
principale. La proposta di Garattini è quella di “trasformare
il SSN in una grande Fondazione per avere il vantaggio di poter impiegare le
regole che oggi sono permesse agli enti privati che vivono grazie ai fondi
pubblici del SSN senza perdere la caratteristica della rigorosa situazione
non-profit tipica in tutte le attività pubbliche”. Naturalmente sarebbe
necessario creare “un centro acquisti nazionale a livello della Fondazione
SSN con la presenza dei rappresentanti regionali per migliorare apparecchiature
e strutture del SSN”. Insomma, un nuovo grande Consip per la Sanità. La proposta di Garattini mi terrorizza. Già vedo
questa orrenda gigantesca Fondazione che sfugge ai vincoli della PA ma non
potrà sfuggire certo alla lotta delle fazioni politiche per prendere in mano
questo nuovo orrendo centro di potere partitico. Già vedo la corruzione che
anziché diminuire aumenterà a dismisura come in qualsiasi centro acquisti
nazionale. L’autonomia, la flessibilità, la responsabilità si realizzano
attraverso più autonomia, più flessibilità, più responsabilità, più
trasparenza, più partecipazione e non con più accentramenti di stampo stalinista.
Io per il “mio” ospedale sognavo di realizzare un’assemblea annuale alla quale
partecipasse invece degli azionisti, il personale, i pazienti attuali e
passati, gli amici dove, in piena trasparenza, venissero informati di cosa era
successo nell’ospedale nell’esercizio precedente e degli obiettivi per l’anno
in corso.
E quindi oso anche io elaborare la mia proposta: 1.La politica sanitaria deve
stare saldamente in mano al ministero della salute, rafforzato e modernizzato
perché (e questo ce lo ha insegnato il professor Covid19) la questione della
Sanità è in gran parte una questione politica che deve essere gestita nel pieno
rispetto dell’art.32 della Costituzione; 2.Il Ministero deve essere
affiancato da un Istituto Superiore della Sanità di altissimo livello
scientifico e morale, come si usava una volta; 3.Al Ministero, e solo al Ministero, dovrà far capo
la rete degli IRCSS dalla quale devono essere eliminate le Regioni, come rete
scientifica e operativa di alto livello; 4.Tutti gli IRCSS devono
essere organizzati in Fondazioni guidate da un CdA formato da rappresentanti
nominati dal Ministero tratti da un apposito albo, da rappresentanti della
città nominata dal Comune tra esperti che abbiano fatto la Scuola Superiore di
Sanità, da rappresentati eletti tra i collaboratori dell’IRCSS; 5.Tutti gli Ospedali di
maggiori dimensioni devono essere costituiti come Fondazioni, con una
governance formata da un CdA di rappresentanti nominati dalla Regione e tratti
da un albo formato da operatori che abbiano frequentato la Scuola Superiore di
Sanità, di rappresentanti dei principali Comuni e di collaboratori anche per
gli IRCSS. La nomina del direttore Generale verrà fatta dal CdA da un albo
regionale di esperti che abbiano frequentato la Scuola Superiore di Sanità e la
selezione dei candidati verrà fatta dall’apposito comitato nomine formato in
cronologia con le società quotate in Borsa; 6.Tutti gli ospedali minori
della provincia faranno capo alla Fondazione principale secondo le metodologie
dei gruppi bancari; 7.Tutte le Fondazioni
saranno responsabili dell’informatica dell’intero Gruppo attraverso una
apposita direzione centrale informatica di gruppo; 8.Tutti i bilanci di tutti i
soggetti del Gruppo saranno sottoposti a certificazione secondo le regole
richieste dai regolamenti di Borsa. Si tratta di proposte stese frettolosamente solo
per reagire alla visione stalinista di Garattini, che giudico molto pericolosa.
Molti approfondimenti sono necessari (ad esempio il rapporto tra Stato e regioni
deve essere riesaminato, ma senza avere paura delle diversità regionali che,
per molti versi, sono state anche benefiche), e la discussione è aperta.
L’importante è che il popolo ne parli. Perché “They are politicians, and
politicians never act, they react”.
E per concludere: Riforma del SSN
o Sindemia Nel corso della mia riflessione sul libro di
Garattini e più in generale sulle lezioni del Covid19 mi sono imbattuto sulla
parola, per me sconosciuta, SINDEMIA. Non trovando una definizione di Sindemia
sulle fonti tradizionali delle parole mi sono rivolto a Vittorio Carreri perché
è in una sua efficace relazione che avevo trovato il concetto che, forse,
stiamo passando da una pandemia a una sindemia. Carreri mi ha segnalato la
bella relazione di Gaetano Maria Fara, Dipartimento di Sanità Pubblica e
Malattie Infettive della Sapienza Università di Roma, intitolata: “Sindemia e
prevenzione. Dalle evidenze scientifiche alle strategie di prevenzione e
promozione della salute”. Qui ho trovato la definizione di Sindemia che voglio
condividere:
Le caratteristiche della crisi generale in atto evocano sempre
più i tratti della Sindemia. Simonetta Pagliani (Scienzainrete.it, 11 novembre
2020, Sanità pubblica) scrive: “se demos (δῆμος) è il
popolo, epidemia (ἐπί) è
«sopra il popolo» e pandemia è in «tutto il popolo», ma sindemia (σύν) vorrebbe
dire «insieme al popolo». Se sindemia vuol dire “insieme al popolo” vuol anche dire che
lo sforzo per fronteggiarla deve essere realizzato con la larga partecipazione
di tutto il popolo, insieme. Sarebbe un grande errore pensare che la
vaccinazione diffusa risolva tutti i problemi (alla fine riusciremo a farla in
modo civile e ordinato anche in Lombardia). La vaccinazione è solo l’inizio di
un impegno per migliorare la nostra collettività, tutta insieme e per evitare
il passaggio definitivo della Pandemia alla Sindemia. E incominciare dalla
riforma del SSN può essere un buon inizio. Se non ora quando?