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martedì 23 marzo 2021

SALUTE
di Marco Vitale


Silvio Garattini
 
Garattini, la salute e il Servizio Sanitario Nazionale
che dobbiamo sognare.
 
Ricostruzione
Silvio Garattini ci ha donato un importante libro sulla Salute e sul Servizio Sanitario Nazionale, dal brutto titolo: Il futuro della nostra salute. Il servizio sanitario che dobbiamo sognare. Ho scritto a Garattini i miei complimenti, preannunciando i miei commenti ma aggiungendo: “Per ora osservo che non si tratta di parlare del servizio sanitario nazionale che dobbiamo sognare, ma del servizio nazionale che dobbiamo ricostruire e per il quale impegnarci tutti come Tu fai in modo formidabile. Non si tratta di un sogno ma di una lotta contro i mascalzoni che lo hanno in gran parte occupato”. Garattini mi ha risposto: “Sono assolutamente del tuo parere. Grazie! Silvio”. I miei commenti non sono una recensione del libro ma una risposta all’invito di Garattini che conclude il libro con queste parole: “È importante che gli avvenimenti della pandemia permettano di non calare il sipario, ma di sviluppare un’ampia discussione. Mi auguro che molti altri rispondano al suo invito. Io lo faccio con molto piacere limitatamente ai punti sui quali penso di avere l’esperienza per dire qualcosa di sensato.
Il 2 marzo 2020, nel pieno dell’attacco del Coronavirus, che metteva a durissima prova i nostri ospedali e il loro personale a tutti i livelli, scrivevo:
Il sistema sanitario italiano ha bisogno di una profonda revisione. Da più di un decennio circola la “fake news”, basata anche su passati incauti giudizi dell’OMS sorretti da alcune sue statistiche, che il sistema sanitario italiano è il migliore del mondo con il corollario che essendo il sistema sanitario lombardo il migliore d’Italia è proprio quello lombardo il sistema sanitario migliore del mondo. Gloria dunque a Formigoni ed alla sua amata Comunione e Liberazione. Ai saccheggi perpetrati e provati da sentenze, alla politica sbilanciatissima a favore di operatori privati, e poi alla Lega con la sua feroce selezione della classe medica, paramedica e direttiva prevalentemente in base all’affiliazione ed alla tessera di partito, come ai tempi del fascismo. Sono stato impegnato in Sanità per parecchi anni e devo dire che è stata la mia esperienza professionale più bella, proprio perché mi ha permesso di capire la grande professionalità di tanti medici ospedalieri e di tanto personale paramedico. È un mondo pieno degli angeli di cui parla Lutero contro i diavoli, affaristi e politicanti, che della sanità si servono per ragioni di affari o di potere. La sanità lombarda è ancora forte ma semplicemente perché è da 500 anni che qui si fa buona sanità e buona ricerca medica e il patrimonio accumulato è molto alto. Ma se non lo si difende schierandosi a fianco degli angeli che lo proteggono è destinato ad esaurirsi. Certamente abbiamo ancora in Lombardia degli esemplari di eccellenze medico-scientifiche ed è un patrimonio che dobbiamo amare. Ma amare vuol dire difendere… Queste sono le prime riflessioni che ci suggerisce il coronavirus con i suoi ammaestramenti. Auguriamoci che la nostra collettività utilizzi questa dolorosa sfida per migliorare la propria cultura e la propria organizzazione sociale. Scienza, conoscenza, buona organizzazione, rispetto reciproco e fiducia devono diventare i pilastri della nuova Italia che dobbiamo, in gran parte, rifondare anche seguendo la mappa del tesoro che il coronavirus ci aiuta a tracciare.
Ed il 27 marzo 2020, quando ormai era chiaro a tutti che la nostra linea del Piave dopo la Caporetto di febbraio e marzo 2020, era rappresentata dalla strenua lotta contro il virus combattuta, con impegno straordinario, dal personale sanitario, tecnico, amministrativo a tutti i livelli, scrivevo a Giangiacomo Schiavi che, dopo aver sottolineato gli errori della politica sanitaria ed il grande valore di questa risposta sul campo degli operatori, raccomandava di non sparare sul pianista: “Vi è un modo solo per esprimere seriamente la nostra grande e commossa gratitudine a questi medici e a tutti gli altri sanitari di ogni livello che con tanta generosità si stanno battendo al limite delle proprie forze e oltre: impegnarci pubblicamente a sparare sul pianista, a fare tutto il possibile perché i dieci “errori” da Lei evidenziati non continuino e non si ripetano. Vogliamo vivere in un Paese che non ha bisogno di eroi e che abbia veramente e non per ridere una buona sanità. Poniamoci una domanda semplice e centrale. Prendiamo a riferimento un Paese simile e vicino al nostro come la Germania e calcoliamo il rapporto tra contagiati e morti in Germania e in Italia. La clamorosa differenza tra questi due rapporti è la misura vera della mala gestio della sanità italiana e in particolare lombarda ed è anche la ragione perché non possiamo sottrarci a sparare sul pianista.



Oggi possiamo contare su numerose testimonianze genuine e sincere sulle difficoltà, sofferenze, generosità, creatività, sacrifici vissuti, nei nostri ospedali, per reggere la linea del Piave. Tra queste una delle più interessanti la troviamo in un importante libro nel quale molti ospedalieri di una zona limitata ma significativa testimoniano in che modo, loro personalmente e l’organizzazione nella quale operavano, hanno affrontato l’emergenza e le trasformazioni necessarie. È un libro che ho trovato di grande interesse proprio per la molteplicità e generosità delle voci che, in esso, portano la loro testimonianza: Il coraggio e la passione, Brescia e il Covid19, mariotarantolaeditore, luglio 2020. È la testimonianza collettiva più ricca e articolata che mi è capitato di leggere. Ma già nel corso della fase più acuta dell’attacco del Coronavirus si erano levate voci significative, tanto che il 5 maggio 2020 potevo scrivere: “Visto che i vertici si rifiutano, a priori, di accettare ogni dibattito e approfondimento critico, dovremo fare da soli.  Sarà solo dall’insieme di questi confiteor che potrà consolidarsi l’energia morale e sociale indispensabile per correggere la rotta e ripristinare l’art. 32 della Costituzione. Nel corso dell’attacco del Coronavirus è avvenuto un fatto che ho definito di grande interesse. Gli ordini dei medici territoriali e ospedalieri e associazioni o gruppi di medici di matrice non sindacale hanno preso la parola per tutelare i loro associati ma anche per avviare un discorso interessato e competente sulle disfunzioni del sistema sanitario e sulla necessità di correggerle. Dopo anni di silenzio complice (per il quale anche loro devono recitare il loro “confiteor”) il fatto che questi ordini e gruppi abbiano preso la parola e siano scesi in campo, è una notizia molto positiva. Dobbiamo sperare che quest’azione continui e non svanisca con il Coronavirus, si consolidi, diventi perseverante, unisca le forze in un movimento di struttura federalistica, e si impegni per una riforma seria della sanità. Sono loro che devono diventare i protagonisti del sistema sanitario rinnovato. È questo il passaggio chiave per passare dal “confiteor” alla speranza. La confessione dei propri errori (o peccati per i cattolici) non è infatti fine a sé stessa. Serve per passare dal confiteor alla speranza, alla costruzione di un mondo migliore.



Ed il 23 marzo 2020 scrivevo, rifacendomi all’art.32 della Costituzione:
Il Servizio Sanitario Nazionale è uno dei nostri più importanti patrimoni sociali e l’opera fatta negli ultimi 20 anni per demolirlo (opera nella quale si è soprattutto distinta la Lombardia) è stato un crimine. Il super centralismo a livello regionale, l’aziendalismo superficiale e le nomine politiche per appartenenza sono state un delitto. Speriamo che il Coronavirus ci aiuti ad aprire un dibattito serio e non impostato, come negli ultimi 20 anni, sulla base dell’appartenenza e non del merito, nel silenzio di una stampa servile e di un sindacato inesistente.”
 
Odissea, con la sua rubrica Ippocrate, ha già iniziato a stimolare questo dibattito. Ora che l’appello a partecipare ad un grande dibattito per una saggia riforma viene da una fonte così autorevole e credibile come Garattini, mi auguro che l’appello venga raccolto da molti. La cosa più importante è che la tensione civile positiva, generata dal Covid19, non vada dispersa e che lo scoraggiamento sopravvenuto a causa dell’incapacità operativa del Governo, e per noi lombardi l’incredibile incapacità della Regione, non soffochi tutto il buono, che pure c’è, fatto sia dal popolo che dal governo.



I principi fondanti
Su alcune proposte di Garattini sono in disaccordo, come illustrerò più avanti. Ma quello che conta è il confronto sui principi fondanti, prima di confrontarci sulle singole soluzioni proposte.
Prima di tutto bisogna confrontarsi sul valore che assegniamo al SSN. Su questo il mio accordo con Garattini è totale, quando scrive: “È utile dire immediatamente, per non incorrere in una falsa interpretazione, che il SSN è un bene assolutamente insostituibile e prezioso per la salute pubblica e quella di ognuno di noi, e quando conclude: “Il SSN, un bene straordinario per la salute dei singoli e della popolazione, è attualmente in leggero ma preoccupante declino, per cui sono urgenti interventi che possono migliorarne l’efficacia e l’efficienza. Anzitutto è fondamentale un grande e profondo cambiamento culturale”. Forse l’unica differenza è nel giudizio sul grado del declino. Garattini dice che è “leggero”. Io penso, invece, che, soprattutto in Lombardia, si tratti di un declino pericolosamente “grave”. Ma è una sfumatura. Ciò che conta è il consenso sulla necessità di interventi urgenti che ne migliorino l’efficacia e l’efficienza (è da tempo che non vedevo l’efficacia posta prima dell’efficienza in sanità, cosa che è, invece, fondamentale). Prima di parlare degli interventi bisogna, dunque, confrontarsi sull’esigenza di un profondo cambiamento culturale.
È ciò che fa, molto bene, Garattini dedicando al cambiamento culturale tutta la prima parte del libro (da pag. 13 a pag. 89). Questa parte dedicata ai “Cambiamenti culturali” è articolata in quattro capitoli, tutti fondamentali: Prevenzione, Formazione, Ricerca, Informazione. Veri e propri caposaldi di una buona sanità.



Prevenzione
Si calcola, scrive Garattini, ma per eccesso, che del bilancio del SSN, che corrisponde a circa 115 miliardi di euro, solo il 5% viene speso per evitare le malattie, una finalità indispensabile per mantenere la sostenibilità nel tempo del SSN”, cioè per la prevenzione.
Gli argomenti che Garattini sviluppa sulla necessità di un grande impegno per la prevenzione “(“per evitare le malattie”) sono tanti e così convincenti che non c’è nulla da aggiungere. È vero che l’Italia può vantare una durata di vita fra le più lunghe del mondo, ma essa “cade nella classifica quando viene valutata per la durata di vita sana”. È una osservazione che alcuni decenni fa fu formulata dal grande economista Caffè con parole molto simili a quelle di Garattini: “la durata di vita sana dovrebbe essere il parametro per cui confrontare la capacità dei vari Paesi di generare salute.
Una semplice domanda rivolgo a Garattini. Per esperienza personale ho avuto modo di verificare che la maggior parte dei medici è fortemente refrattaria al discorso della prevenzione. Qual è la ragione di ciò?


 
Formazione
Forse la risposta alla mia domanda si trova proprio in questo capitolo, che inizia con un altro principio fondamentale, espresso con chiarezza assoluta: “Senza un intervento di formazione sarà impossibile ottenere un cambiamento culturale. Su questo principio fondamentale e del tutto condivisibile Garattini sviluppa un programma di formazione a tutti i livelli dalle elementari, alle superiori, alle università, alle scuole specialistiche, alla educazione medica continua (ECM).
Al vertice del processo di formazione suggerito da Garattini si pone una Scuola Superiore di Sanità, “una struttura per la formazione dei dirigenti sanitari spesso evocata ma mai realizzata”. Il Covid-19 ne sottolinea l’assoluta necessità. Qui oltre ad una solida preparazione sanitaria bisogna insegnare management sanitario, statistica sanitaria e altri temi fondamentali, che “non vengono normalmente dati dalla formazione universitaria: ad esempio, la valutazione del rapporto benefici-rischi e del rapporto costi-benefici, il ruolo che l’intelligenza artificiale giocherà sul rapporto medico paziente, l’importanza della digitalizzazione del SSN e di tutte le sue strutture. E aggiungo io: l’importanza della triade congiunta: efficacia, efficienza, rispetto del paziente. Una Scuola Superiore di Sanità è una assoluta necessità e penso che dovrebbe avere una molteplicità di sedi su tutto il territorio. Nessuno dovrebbe poter partecipare ai bandi per posizioni dirigenziali in sanità, senza prima passare attraverso questa scuola. La stessa regola dovrebbe valere per chiunque aspiri ad entrare in consigli di amministrazione di ospedali organizzati come fondazione, come gli IRCSS. Questa è la via maestra per ripulire il SSN dai questuanti della politica che grazie alla stessa si sono infiltrati con arroganza pari alla loro incompetenza nel SSN, inferendo allo stesso danni incalcolabili. È su temi come questo che gli ordini dei medici dovrebbero far sentire la loro voce, alta e forte.

 

Ricerca
Le cifre su quanto poco spendiamo per la ricerca e i confronti con i paesi di riferimento sono scoraggianti. “L’Italia in questo senso è ‘parassita’ perché riceve i vantaggi delle ricerche altrui (che peraltro paga!) ma ha scarsa tendenza a sostenere la ricerca nazionale (Garattini). Qui il tema si allarga oltre la sanità. Il paese deve guardarsi allo specchio e porsi la domanda: ma è possibile illudersi di rimanere all’avanguardia in economia e cultura senza investire nella ricerca e nella diffusione del sapere scientifico? Non è proprio qui una delle spiegazioni fondamentali del lento ma ormai prolungato declino del Paese? Anche a questo tema Garattini dedica pagine che dovrebbero essere meditate da tanti perché “la ricerca scientifica in Italia è sempre stata ignorata dalla politica e nel tempo privata di risorse mettendo il nostro Paese nella retroguardia rispetto ai Paesi europei?” (Garattini). Ma se così è, e lo è da molto tempo, che speranze ci sono che l’andazzo cambi? Possono bastare le raccomandazioni, sia pur autorevoli, di Garattini che si aggiungono a quelle formulate da altri da tempo? Possono bastare queste raccomandazioni unite alle sofferenze inflitte dal Covid-19? Può bastare l’umiliante accattonaggio di vaccini che siamo costretti a fare? Ma quale forza politica può farsi interprete del cambio di marcia necessario? Garattini suggerisce la realizzazione, al più presto, di un’Agenzia Italiana per la Ricerca Scientifica (AIRS) e delinea anche un profilo ragionevole dell’organizzazione e della funzionalità di questa Agenzia. D’accordo. Ma si tratta di un progetto che dovrebbe essere sostenuto dalle principali università, dalle associazioni imprenditoriali, dai giornali nazionali, dai grandi operatori economici, dai raggruppamenti giovanili, dal sindacato, da molte voci, perché come mi spiegò una volta un importante personaggio americano: “They are politicians and politicians never act, they react”. Se il Paese non si farà sentire non succederà nulla di serio.

 
Informazione
Il quarto capitolo fondante, dopo prevenzione, formazione, ricerca è quello della necessità di una informazione indipendente. “L’informazione è un elemento necessario per qualsiasi organizzazione di piccole o grandi dimensioni ed è quindi essenziale per il SSN. Il periodo del Covid19 ha mostrato – se ce ne fosse stato bisogno – la confusione creata dalla mancanza di un portavoce credibile che ogni giorno avrebbe avuto il compito di aggiornare in termini comprensibili sull’andamento della pandemia e soprattutto chiarire o confutare un ‘rumore’ di pareri, opinioni, fake news, derivanti da pseudo-ricercatori, mass-media, e soprattutto social network, negazionisti o catastrofisti. Si distinguerà perciò la necessità di una informazione indipendente – cioè non legata a interessi politici, economici o ideologici – all’interno o all’esterno del SSN. (Garattini).
Su questo punto posso solo aggiungere che la raccomandazione di avere un solo portavoce credibile, fu da me formulata nel marzo 2020, quando incominciò ad apparire chiaro che ci stavamo avviando verso quel chiacchiericcio che da un anno ci asfissia, tipico “d’una classe inclinata a prendere la parola come equivalente dell’atto” (G. Prezzolini).



Cambiamenti strutturali e organizzativi
Fissati i principi fondamentali sopra discussi, Garattini sviluppa, nella seconda parte, i suoi suggerimenti sui “Cambiamenti strutturali e organizzativi”. Qui preferisco lasciare il passo a persone più competenti di me nella realtà operativa, limitandomi a tre temi di prevalente contenuto economico. Sono tre temi che, insieme, si possono riassumere nel motto: per il SSN bisogna spendere di più, e spendere meglio. Il primo è sulla necessità di spendere di più. Il secondo è sulla necessità di un cambiamento radicale nella medicina del territorio. Il terzo è su un ridisegno della struttura generale del SSN attraverso una “nuova struttura destatalizzata”.
 


Spendere di più
Secondo la Fondazione Gimbe, la spesa complessiva per la salute ammontava in Italia nel 2017 a 254 miliardi di euro, di cui 113 miliardi pubblici, 41 miliardi privati e il resto spesa socio-sanitaria. Sempre secondo la Fondazione Gimbe, per allineare la spesa a quella degli altri Paesi europei sarà necessario nel 2025 un aumento di 26 miliardi di euro rispetto al 2017. Garattini aggiunge: “Come è stato riportato da molte fonti, gli stipendi dei nostri medici e infermieri dipendenti del SSN sono fra i più bassi d’Europa a parità di potere d’acquisto. Questo fatto contribuisce in modo sostanziale al basso costo del nostro SSN che si assesta sul 6.6% del prodotto interno lordo (PIL) contro l’8-9% degli altri Paesi europei. Ciò trova conferma, in modo invero impressionante, dalla ricostruzione dell’andamento degli stipendi effettivi delle varie branchie della PA negli ultimi 15 anni.



L’efficace sintesi di Gianni Trovati, intitolata: “PA, 15 anni di stipendi puniscono sanità e comuni”, osserva: “La Pubblica amministrazione che si presenta all’appuntamento con il rinnovo dei contratti e con l’attuazione del Patto della Sala Verde non è tutta uguale. Un metro brutale ma efficace per misurarne le differenze interne è rappresentato dagli stipendi effettivi. Questo criterio pratico può essere utilizzato per individuare la posizione occupata dai vari rami dell’amministrazione nella gerarchia seguita dalle politiche pubbliche degli ultimi 15 anni. Vista con gli occhi di oggi, provati da un anno di crisi pandemica e concentrati sulla sfida del Recovery, è una gerarchia al contrario. Perché ha punito i settori più vitali per affrontare l’emergenza e tentare la ricostruzione: sanità, scuola ed enti locali. E ha premiato gli uffici più vicini al potere centrale, quelli della presidenza del consiglio, e i settori a cui ha lasciato libere le briglie dell’autonomia, dalle autorità indipendenti agli enti pubblici come Inps, Inail, Aci e così via”.
Dunque, non vi è dubbio sul fatto che bisogna spendere di più per la Salute. E che bisogna spendere meglio. È una scelta politica e strategica forte che bisogna realizzare, sia attingendo ai fondi del Recovery Plan che attingendo alle fonti di autofinanziamento attraverso una gestione più efficace ed efficiente e sconfiggendo corruzione, malaffare, incompetenze derivanti dai partitanti, mali endemici che si sono infiltrati in tante parti del nostro SSN.
 
 
 
Medicina del territorio
La lezione che il Covid19 ci ha impartito sulla necessità di riorganizzare la medicina del territorio è stata di una chiarezza e profondità esemplari. Tanto che ci sarebbe da ringraziare il Covid19, se non per il fatto che la sua lezione non è stata gratis. Il prof. Covid19 è un professore non solo esigentissimo ma anche carissimo. Cerchiamo di non buttare via una lezione costata così cara. Questa lezione non sfugge certo a Garattini che dedica alla riorganizzazione della medicina del territorio alcune delle sue pagine più convincenti, prendendo lo spunto dalle molte sperimentazioni che già hanno visto i medici  territoriali lavorare in gruppo in quelle che, spesso, sono state chiamate “casa della salute”. Conclude Garattini: “Accanto a tutte le strutture necessarie per assicurare al SSN l’adozione di tutti i progressi scientifici e tecnologici è anche necessario un cambiamento radicale nella medicina del territorio”. Gruppi di medici, dipendenti dal SSN e localizzati nelle “case della salute”, devono poter garantire le cure primarie attraverso l’assistenza domiciliare, la telemedicina, i contatti con gli specialisti per filtrare i pazienti che hanno la necessità di pronto soccorso o di ricoveri ospedalieri.
Si tratta di suggerimenti così convincenti, sui quali tutti o quasi sono concordi, che possono avere effetti molto benefici non solo per la salute dei cittadini ma per il miglior funzionamento degli ospedali, per lo sviluppo più sereno e produttivo della professione di medico di territorio, per l’economicità dell’intero sistema sanitario, e quindi per l’andamento della produttività e dell’economia nazionale, che l’unica domanda da porsi è: Se non ora quando?


Nuove strutture destatalizzate
Garattini coraggiosamente affronta anche il rischio di suggerire una nuova impostazione generale nel SSN. Prima di esprimere il mio dissenso sulla soluzione da lui proposta, devo formulare il mio pieno consenso sul principio che, come al solito, lui pone, con grande chiarezza, all’inizio della sua proposta, scrivendo: “Si tratta di realizzare un intervento rivoluzionario che sottragga il SSN dalle attuali regole della Pubblica Amministrazione… Il SSN deve trovare una nuova struttura destatalizzata, per sottrarsi alle regole dell’amministrazione pubblica che impone burocrazia laddove è invece necessario una flessibilità di interventi”.
Le esperienze che ho fatto come commissario per quattro anni di un grande e storico ospedale milanese, mi portarono ad alcune conclusioni profondamente radicate in me e che, sin da allora, formulai pubblicamente:
1. Tutti gli enti ospedalieri che ricavano la maggior parte dei loro ricavi da fondi pubblici del SSN (cioè dalle imposte e tasse dei cittadini) sono enti di rilievo pubblico a prescindere dalla forma proprietaria;
Tutti devono quindi operare nell’ambito di un sistema di regole che li pongano sullo stesso piano, sotto tutti i profili;
2. Gli enti ospedalieri che dipendono direttamente dalla PA (nomine, rapporti contrattuali e sindacali, acquisti, organizzazione e informazione interna, strutture informatiche, contabilità, etc.) sono privi della necessaria autonomia, flessibilità, valutazioni meritocratiche, efficacia, efficienza indispensabili per essere competitivi e per dare il meglio di sé, sia in chiave sanitaria che in chiave umana e culturale;
3. Dire che l’Ospedale è una azienda (come allora andò di moda dire) è una truffa intellettuale utilizzata per confondere le carte. L’Ospedale non è un’azienda. È un ospedale con i suoi principi, i suoi obiettivi, le sue caratteristiche, le sue esigenze, i suoi compiti, le sue responsabilità specifiche. Questa favola ha inferto danni gravi al SSN. Ciò, peraltro, non esclude che metodologie organizzative e di lavoro sviluppate dalla pratica e dalla dottrina aziendale non possano non essere usate, con beneficio, anche nell’ambito di ospedali. E fortunatamente ciò già avviene in modo crescente. Io allora stimai che l’ospedale che guidavo avrebbe potuto aumentare la sua “produzione” del 30% (offrire servizi maggiori del 30% a parità di spesa) se fosse stato liberato da obblighi e vincoli inutili derivanti dal suo essere parte della PA.


 

Immagino che siano convincimenti, più o meno analoghi a questi, che suggeriscono a Garattini la sua proposta di destatalizzazione, che condivido. Ricordo una legge spagnola approvata negli anni ’90 che riorganizzando il servizio sanitario spagnolo in fondazioni aveva, all’inizio un articolo generale che statuiva: gli enti ospedalieri regolati da questa legge non fanno parte delle PA e non devono applicare la contabilità pubblica. Più o meno qualche cosa del genere dobbiamo fare anche noi. Ma come? Sul come non sono d’accordo con Garattini, anche se è necessario affermare che Garattini non sostiene la sua soluzione in via esclusiva e delinea altre possibilità più convincenti. Tuttavia, vale la pena discutere criticamente la sua proposta principale.
La proposta di Garattini è quella di “trasformare il SSN in una grande Fondazione per avere il vantaggio di poter impiegare le regole che oggi sono permesse agli enti privati che vivono grazie ai fondi pubblici del SSN senza perdere la caratteristica della rigorosa situazione non-profit tipica in tutte le attività pubbliche”. Naturalmente sarebbe necessario creare “un centro acquisti nazionale a livello della Fondazione SSN con la presenza dei rappresentanti regionali per migliorare apparecchiature e strutture del SSN. Insomma, un nuovo grande Consip per la Sanità.
La proposta di Garattini mi terrorizza. Già vedo questa orrenda gigantesca Fondazione che sfugge ai vincoli della PA ma non potrà sfuggire certo alla lotta delle fazioni politiche per prendere in mano questo nuovo orrendo centro di potere partitico. Già vedo la corruzione che anziché diminuire aumenterà a dismisura come in qualsiasi centro acquisti nazionale. L’autonomia, la flessibilità, la responsabilità si realizzano attraverso più autonomia, più flessibilità, più responsabilità, più trasparenza, più partecipazione e non con più accentramenti di stampo stalinista. Io per il “mio” ospedale sognavo di realizzare un’assemblea annuale alla quale partecipasse invece degli azionisti, il personale, i pazienti attuali e passati, gli amici dove, in piena trasparenza, venissero informati di cosa era successo nell’ospedale nell’esercizio precedente e degli obiettivi per l’anno in corso.



E quindi oso anche io elaborare la mia proposta:
1. La politica sanitaria deve stare saldamente in mano al ministero della salute, rafforzato e modernizzato perché (e questo ce lo ha insegnato il professor Covid19) la questione della Sanità è in gran parte una questione politica che deve essere gestita nel pieno rispetto dell’art.32 della Costituzione;
2. Il Ministero deve essere affiancato da un Istituto Superiore della Sanità di altissimo livello scientifico e morale, come si usava una volta;
3. Al Ministero, e solo al Ministero, dovrà far capo la rete degli IRCSS dalla quale devono essere eliminate le Regioni, come rete scientifica e operativa di alto livello;
4. Tutti gli IRCSS devono essere organizzati in Fondazioni guidate da un CdA formato da rappresentanti nominati dal Ministero tratti da un apposito albo, da rappresentanti della città nominata dal Comune tra esperti che abbiano fatto la Scuola Superiore di Sanità, da rappresentati eletti tra i collaboratori dell’IRCSS;
5. Tutti gli Ospedali di maggiori dimensioni devono essere costituiti come Fondazioni, con una governance formata da un CdA di rappresentanti nominati dalla Regione e tratti da un albo formato da operatori che abbiano frequentato la Scuola Superiore di Sanità, di rappresentanti dei principali Comuni e di collaboratori anche per gli IRCSS. La nomina del direttore Generale verrà fatta dal CdA da un albo regionale di esperti che abbiano frequentato la Scuola Superiore di Sanità e la selezione dei candidati verrà fatta dall’apposito comitato nomine formato in cronologia con le società quotate in Borsa;
6. Tutti gli ospedali minori della provincia faranno capo alla Fondazione principale secondo le metodologie dei gruppi bancari;
7. Tutte le Fondazioni saranno responsabili dell’informatica dell’intero Gruppo attraverso una apposita direzione centrale informatica di gruppo;
8. Tutti i bilanci di tutti i soggetti del Gruppo saranno sottoposti a certificazione secondo le regole richieste dai regolamenti di Borsa.
Si tratta di proposte stese frettolosamente solo per reagire alla visione stalinista di Garattini, che giudico molto pericolosa. Molti approfondimenti sono necessari (ad esempio il rapporto tra Stato e regioni deve essere riesaminato, ma senza avere paura delle diversità regionali che, per molti versi, sono state anche benefiche), e la discussione è aperta. L’importante è che il popolo ne parli. Perché “They are politicians, and politicians never act, they react”.


 
E per concludere: Riforma del SSN o Sindemia
Nel corso della mia riflessione sul libro di Garattini e più in generale sulle lezioni del Covid19 mi sono imbattuto sulla parola, per me sconosciuta, SINDEMIA. Non trovando una definizione di Sindemia sulle fonti tradizionali delle parole mi sono rivolto a Vittorio Carreri perché è in una sua efficace relazione che avevo trovato il concetto che, forse, stiamo passando da una pandemia a una sindemia. Carreri mi ha segnalato la bella relazione di Gaetano Maria Fara, Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive della Sapienza Università di Roma, intitolata: “Sindemia e prevenzione. Dalle evidenze scientifiche alle strategie di prevenzione e promozione della salute”. Qui ho trovato la definizione di Sindemia che voglio condividere:

 
Le caratteristiche della crisi generale in atto evocano sempre più i tratti della Sindemia. Simonetta Pagliani (Scienzainrete.it, 11 novembre 2020, Sanità pubblica) scrive: “se demos (δμος) è il popolo, epidemia (πί) è «sopra il popolo» e pandemia è in «tutto il popolo», ma sindemia (σύν) vorrebbe dire «insieme al popolo».
Se sindemia vuol dire “insieme al popolo” vuol anche dire che lo sforzo per fronteggiarla deve essere realizzato con la larga partecipazione di tutto il popolo, insieme. Sarebbe un grande errore pensare che la vaccinazione diffusa risolva tutti i problemi (alla fine riusciremo a farla in modo civile e ordinato anche in Lombardia). La vaccinazione è solo l’inizio di un impegno per migliorare la nostra collettività, tutta insieme e per evitare il passaggio definitivo della Pandemia alla Sindemia. E incominciare dalla riforma del SSN può essere un buon inizio. Se non ora quando?



La copertina del libro