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lunedì 26 aprile 2021

PAROLE E LINGUA
di Nicola Santagada
 


L’attualità


Il verbo (ago) γω: muovo, conduco, guido, porto, spingo ebbe grande fortuna nella cultura greca, latina ed italica. C’è da ricordare che i significati furono numerosi, in quanto la perifrasi era molto generica. Sicuramente, il pastore greco si avvalse della metafora del grembo: dal nascere (è la traduzione di αγ) per indicare alcuni aspetti della sua attività: muovere dall’ovile al mattino, guidare il suo gregge, spingerlo, quando s’attardava per brucare. Per il pastore la nascita della creatura è un ri-torno, il cui cammino dura nove mesi: c’è una partenza (quando lega), c’è il tendere (la spinta) del grembo, c’è la necessità di guidare e nutrire quell’essere in formazione, per il pastore il suo gregge.

Per quanto riguarda i significati che si desumono, bisogna ricordare che alcuni si estrapolano direttamente dalla radice, altri dalla perifrasi che è servita a dare quel determinato significato, altri dal nuovo nome che si è formato.
Quindi, da γω fu coniato l’aggettivo (agogòs) γωγός: colui che conduce, colui che guida, da cui pedagogo; quindi, si indicò, desumendolo dall’aggettivo verbale: (aktòs) κτός (chi ha condotto), il sostantivo (aktor aktoros) κτωρ κτορος: guida, capo. Inoltre, quando i greci coniarono il sostantivo (agòn agonos) γών γνος: lotta, gara, giochi, agone, combattimento, lotta giudiziaria, contestualizzarono una fase particolare del cammino della creatura, che è quella del travaglio, in cui c’è aspra lotta per sopravvivere, sebbene, successivamente, sia passata ad indicare anche lottare per vincere nei giochi olimpici, delfici ecc. Quindi, coniarono agonista, protagonista, antagonista, agonismo. Fu dedotta anche (agonia) γωνία con i significati di lotta e di angoscia, per cui nella cultura italica passò ad indicare l’esito finale per il soccombente. Poi coniarono (agoghé) γωγή: la conduzione, il trasporto anche della creatura in grembo, quindi, si ebbe (an-agoghè) ν-αγωγή: il condurre in alto, che è il sollevamento del grembo, poi, (an-agogòs) ν-αγωγός: che porta in alto, che eleva (molto simile a sublime dei latini), (an-agoghikòs) ν-αγωγικός: spirituale, anagogico, di mistica elevatezza. Da tutto questo contesto si ebbe l’anagogia biblica.
Dal verbo γω, premettendo una epsilon (ε), il pastore greco dedusse (egheomai) γέομαι: precedo, sono guida, guido, do il segnale/l’intonazione, comando, domino, facendo questa perifrasi: dal condurre ho per me quanto or ora detto. Quindi, ricavò egemone ed egemonia. Inoltre, da egheomai, con il significato di: do il segnale fu dedotta: l’esegesi, l’interpretazione del segnale.



L’omologo di γω, in latino, fu duco ducis, duxi, ductum, ducere: tiro, attiro, trascino, conduco, spingo, che sono compiti propri del pastore, che diventa dux: conduttore, guida, duce, capo, condottiero. Da duc, metafora del grembo, da scrivere con grafi greci δυχ e da tradurre: lega la creatura il passare (durante l’incubazione), furono dedotti tantissimi lemmi: dotto lacrimale, ma anche duttile, conducente, condotta, condotto, conduttore, indotto, induzione, dedotto e deduzione, seducente (il pastore che attira, che trascina), sedotto (che ha sedotto, che è stato sedotto) e seduzione ecc. ecc. Questo per ribadire che non solo la radice dà il significato alla parola, ma, spesso, è l’intera perifrasi.
Inoltre, i latini conobbero il verbo γω, che strutturarono così: ago agis, egi, actum, agere: metto in movimento, faccio muovere, spingo, conduco, guido. Il verbo ago ha anche altri significati: faccio, agisco, conduco a termine, effettuo, mi curo di compiere, il che induce a pensare che o i latini lessero dal generare come un fare o il gamma è da assimilare a (chi) χ, per cui la perifrasi divenne: dal passare, che indica che, durante l’incubazione, la creatura viere realizzata. Questo distinguo è necessario per tentare di spiegare i tanti significati che ha assunto la parola atto. Quindi, da ago con il significato di metto in movimento fu dedotto agile, mentre da ago con il significato di agire fu coniato agente (colui che agisce).
Tornando ai significati da assegnare ad atto, per prima cosa si esclude da queste riflessioni l’aggettivo aptus: adatto, idoneo, dedotto da questa considerazione: il legame tra madre e creatura, che determina la spinta in avanti, è adatto allo scopo. Aptus, infatti, fu mutuato da πτω: connetto, annodo, lego.



C’è l’atto come gesto, che è proprio del pastore che mette in movimento il gregge. Anche, oggi, il pastore, dopo aver disposto i vari capi nello stazzo, con un cenno e con un ah! stentoreo, ordina al gregge di dirigersi al pascolo. Quindi, atto divenne qualsiasi gesto che avesse forte valenza comunicativa: una carezza divenne atto/gesto di tenerezza, battersi il petto divenne atto di supplica, cospargersi il capo di cenere significò mortificazione e richiesta di perdono, inginocchiarsi e mettere le mani in quelle del Signore divenne atto di sottomissione/sudditanza da parte del vassallo ecc.  Da questo atto era stato dedotto dai greci κτωρ κτορος: guida, capo, ciò che fecero anche i latini ricalcando attore, come colui che mette in movimento. Inoltre, da chi ha spinto verso/contro, in latino actus, fu dedotta actio actionis, che era anche l’arringa dell’avvocato nel foro, l’orazione del senatore nell’aula, il porgere dell’oratore, la discussione di una causa in giudizio, il discorso d’accusa o di difesa. In tutte queste actiones c’era un attore: colui che espone, colui che accusa e intenta un processo, ma anche attore come personaggio teatrale che si esprime con atti/gesti (da ricordare i mimi), con l’intonazione della voce e con il modo di porgere la parola, frutto anche degli studi di retorica.



Gli italici da atto, ad indicare chi ha agito/ha realizzato dedussero azione, mentre da atto, ad indicare la spinta, si ebbe reazione. Gli italici, inoltre, da (aktòs) κτός (chi ha condotto), che è il risultato della seguente perifrasi: dal generare la spinta in avanti la creatura manca (nel senso che diviene, recuperando gradualmente quanto le manca), fu dedotto dal filosofo atto come ciò che si realizza (divenendo): in atto, in contrapposizione a: in potenza, parola dedotta da potente, che è colui che può fare certe cose, avendone la potenzialità. Inoltre, da questo atto come processo in divenire fino al compimento, la cultura italica dedusse attuare, che è la realizzazione della creatura, che, divenendo, recupera tutto quello che le manca per essere. L’italico, inoltre, da questo particolare atto dedusse attuale e, quindi: attualità, che era il discutere del nato del giorno. Incidentalmente, si ricorda che actualis, in latino, significò: pratico, che è la qualità posseduta da chi ha fatto.  Quindi, nella cultura italica, da actus actus: moto, spinta, operosità, fu dedotto attivo, come colui che determina il movimento, la spinta ed è fattivo. Poi, attività e attivare. I latini, infine, coniarono acta actorum: atti, azioni come testimonianze (gli atti degli Apostoli), come documenti ufficiali (atti parlamentari), come processi verbali (atti giudiziari) ecc.
Da ago, i latini dedussero cogo (da un originario coago) coegi, coactum, cogere: costringo, da una perifrasi che si può rendere così: mentre spingo. Il pastore latino dedusse il concetto di costrizione e dal grembo (la creatura ristretta) e dal fatto che pungolava gli animali poco inclini ai suoi richiami. Da questo verbo sono rimasti nella nostra lingua: cogente, cogenza, coatto e coazione.
Infine, da ago: pongo in moto e significati affini fu dedotto: agito agitas: spingo, incalzo, sconvolgo, turbo, scuoto, sbatto, dibatto, discuto, esamino, ho in mente, medito (agitare in animo bellum, nel senso che incomincio a farmi frullare questa idea che mi ossessiona). Come ben si sa la parola con l’uso diviene e acquista nuovi significati, per cui da agito fu dedotto cogito: considero, pondero, penso, rifletto, che indica un pensare frutto di lunghe, dibattute e contrastanti meditazioni. Poi, da chi ha cogitato furono dedotte le cogitazioni e fu rappresentato con cogitabondo il modo di porsi di chi è tutto perso nei suoi pensieri.