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giovedì 29 aprile 2021

PAROLE E NUMERI 
di Romano Rinaldi

 
Nella presentazione del “decreto riaperture” entrato in vigore lunedì scorso, 26 aprile, il nostro Primo Ministro Mario Draghi ha espresso un concetto di cui pochi sembrano aver colto il significato. Ha parlato di rischio ragionato per attuare le riaperture delle attività commerciali, da lungo tempo sofferenti per le chiusure imposte dalla pandemia, come tutti ben sappiamo. Una gran parte dei giornali, dei giornalisti tivù e addirittura molti politici, hanno reinterpretato quelle parole nel senso di rischio calcolato, una accezione invero usata più comunemente. Purtroppo però il significato, soprattutto in senso numerico, che sottende le due allocuzioni è molto diverso e per certi versi antitetico. Un rischio calcolato è infatti quello che viene assunto (su base statistica, quindi numericamente ben definito) quando si intraprendono azioni alle quali è associabile una probabilità di rischio calcolata (o calcolabile) in base all’esperienza passata. Per intenderci, questa è la probabilità che le compagnie di assicurazione sanno calcolare assai bene a seconda della classe di età, del grado di istruzione, del sesso, della località, ecc. dei guidatori che devono assicurare contro il rischio di incidenti stradali, in modo da non soccombere (anzi!) al pagamento degli indennizzi. Sicuramente questo concetto è ben saldo nella mente di Mario Draghi che con la statistica lavora e assai bene da molti anni. Quindi la allocuzione rischio ragionato, segue un ragionamento, appunto, alquanto differente da quello della probabilità che l’azione intrapresa porti a conseguenze di impatto negativo superiore agli eventuali vantaggi. Qui purtroppo si entra inoltre nel campo delle dimensioni incommensurabili come per esempio sono tra di loro i metri e i litri. Ovvero, quanti posti in più nelle terapie intensive corrispondono ai “contatti efficaci” (per la diffusione del virus) tra le persone che usufruiscono delle attività commerciali, per ogni giorno di riapertura? Ben sapendo, alla fine dei conti che la percentuale di morti è una funzione numerica facilmente calcolabile (su base statistica ormai assai nota) dal numero di accessi in terapia intensiva. Qui in effetti sta l’incommensurabilità dei valori, ovvero il numero di morti che si è disposti a tollerare per un certo guadagno economico. Questa è chiaramente una incommensurabilità prima di tutto morale, oltre che materiale.
Riassumendo, dubito fortemente che Mario Draghi intendesse attribuire alla sua dichiarazione il significato di rischio calcolato soprattutto perché, come si può evincere dal ragionamento appena fatto, si potrebbe effettivamente calcolare, in termini numerici, quanto vale questo rischio. Ma a nessuno con un briciolo di sensibilità verrebbe in mente di mettersi a fare calcoli sul numero di morti contro fatturato di una qualsiasi delle attività commerciali riaperte col decreto. Anche se questo calcolo potrebbe essere fatto con un livello di approssimazione nemmeno tanto elevato, il rischio che il Governo intende assumersi è solamente quello che discende da un ragionamento molto più semplice di tutti questi calcoli. Ovvero: vediamo se con la riapertura i comportamenti della popolazione, il cambiamento climatico atteso in questa stagione e l’andamento della campagna vaccinale, saranno in grado di mantenere il trend del contagio in discesa o al più non peggiorare la situazione. In caso contrario, si dovranno prendere i provvedimenti ormai noti per evitare il collasso delle strutture ospedaliere e tutto quanto ne consegue, come purtroppo ci fanno vedere giornalmente i bollettini che provengono da paesi quali il Brasile e l’India, dove evidentemente non c’è stato né ragionamento, né calcolo del rischio.