Nella
presentazione del “decreto riaperture” entrato in vigore lunedì scorso, 26 aprile,
il nostro Primo Ministro Mario Draghi ha espresso un concetto di cui pochi
sembrano aver colto il significato. Ha parlato di rischio ragionato per
attuare le riaperture delle attività commerciali, da lungo tempo sofferenti per
le chiusure imposte dalla pandemia, come tutti ben sappiamo. Una gran parte dei
giornali, dei giornalisti tivù e addirittura molti politici, hanno
reinterpretato quelle parole nel senso di rischio calcolato, una
accezione invero usata più comunemente. Purtroppo però il significato,
soprattutto in senso numerico, che sottende le due allocuzioni è molto diverso
e per certi versi antitetico. Un rischio calcolato è infatti quello che viene
assunto (su base statistica, quindi numericamente ben definito) quando si
intraprendono azioni alle quali è associabile una probabilità di rischio
calcolata (o calcolabile) in base all’esperienza passata. Per intenderci,
questa è la probabilità che le compagnie di assicurazione sanno calcolare assai
bene a seconda della classe di età, del grado di istruzione, del sesso, della
località, ecc. dei guidatori che devono assicurare contro il rischio di
incidenti stradali, in modo da non soccombere (anzi!) al pagamento degli
indennizzi. Sicuramente questo concetto è ben saldo nella mente di Mario Draghi
che con la statistica lavora e assai bene da molti anni. Quindi la allocuzione rischio
ragionato, segue un ragionamento, appunto, alquanto differente da quello della
probabilità che l’azione intrapresa porti a conseguenze di impatto negativo
superiore agli eventuali vantaggi. Qui purtroppo si entra inoltre nel campo delle
dimensioni incommensurabili come per esempio sono tra di loro i metri e i
litri. Ovvero, quanti posti in più nelle terapie intensive corrispondono ai
“contatti efficaci” (per la diffusione del virus) tra le persone che
usufruiscono delle attività commerciali, per ogni giorno di riapertura? Ben
sapendo, alla fine dei conti che la percentuale di morti è una funzione
numerica facilmente calcolabile (su base statistica ormai assai nota) dal numero
di accessi in terapia intensiva. Qui in effetti sta l’incommensurabilità dei
valori, ovvero il numero di morti che si è disposti a tollerare per un certo
guadagno economico. Questa è chiaramente una incommensurabilità prima di tutto
morale, oltre che materiale. Riassumendo,
dubito fortemente che Mario Draghi intendesse attribuire alla sua dichiarazione
il significato di rischio calcolato soprattutto perché, come si può evincere
dal ragionamento appena fatto, si potrebbe effettivamente calcolare, in termini
numerici, quanto vale questo rischio. Ma a nessuno con un briciolo di
sensibilità verrebbe in mente di mettersi a fare calcoli sul numero di morti
contro fatturato di una qualsiasi delle attività commerciali riaperte col
decreto. Anche se questo calcolo potrebbe essere fatto con un livello di
approssimazione nemmeno tanto elevato, il rischio che il Governo intende
assumersi è solamente quello che discende da un ragionamento molto più semplice
di tutti questi calcoli. Ovvero: vediamo se con la riapertura i comportamenti
della popolazione, il cambiamento climatico atteso in questa stagione e
l’andamento della campagna vaccinale, saranno in grado di mantenere il trend
del contagio in discesa o al più non peggiorare la situazione. In caso
contrario, si dovranno prendere i provvedimenti ormai noti per evitare il
collasso delle strutture ospedaliere e tutto quanto ne consegue, come purtroppo
ci fanno vedere giornalmente i bollettini che provengono da paesi quali il
Brasile e l’India, dove evidentemente non c’è stato né ragionamento, né calcolo
del rischio.