Introdotto dalla manovra finanziaria del 2018,
l’obbligo di legge del segnalatore acustico per i seggiolini in auto, ossia un
allarme anti-abbandono a difesa dei bambini che vengono dimenticati nella
macchina dai genitori. Di tutti i provvedimenti concepiti nella lunga e spesso
ingloriosa storia della legislazione italiana, questo è uno dei più
inquietanti. È drammatico infatti l’assunto da cui muove il legislatore: quello
di una diffusa tendenza a scordarsi dei figli da parte dei Millennials, i
quali, troppo stressati dalla frenetica vita di oggi, debbono essere
affiancati, agevolati, coadiuvati nel loro improbo compito, non dico di curare
i figli, crescerli, formarli, educarli, ma almeno di tenerli in vita. E se
dello smartphone non si scorderebbero mai, anche perché perennemente connessi,
potrebbero tuttavia, inavvertitamente, lasciar rosolare i loro marmocchi a 50
gradi dentro l’abitacolo. E un bip nell’auto servirà all’uopo. Ma deve essere
bello forte, il segnale acustico, per non farsi coprire dal fastidioso ronzio
dei pensieri che attanagliano la mente di questi indaffarati papini e mammine
affetti da “amnesia dissociativa”. Al netto di ogni moralismo, questo
provvedimento è emblematico e ci fa capire la nequizia dei tempi che viviamo.
Inoltre, è davvero orripilante che l’ispiratore della legge sia stato Andrea
Albanese, il papà del piccolo Luca, di Piacenza, morto in auto qualche anno fa.
Una volta, c’erano gli intellettuali, docenti universitari e studiosi della
materia, che scrivevano le leggi per conto dei politici presentatari; oggi,
dietro alla proposta di legge sui sensori anti- abbandono, troviamo uno che ha
lasciato il figlioletto arrostire in macchina. Inaccettabile. Dice
Schopenhauer: “Se un Dio ha creato questo mondo, non vorrei essere quel dio. La
miseria del mondo mi spezzerebbe il cuore”.