Sono stato messo al corrente di questa
tremenda storia, e in tutto questo vediamo la città che ho scelto come
residenza alla morte di mia madre romana, come residenza italiana, Firenze,
patria della mia professoressa Paola Barocchi, che anche lei fece tante
battaglie contro tanti soprusi fatti a questa città, tante ferite inferte a
questa città, ferite tremende, che si consumano tutti i giorni, di una
Soprintendenza ai monumenti che non si sa se esista ancora o no. I permessi
dati sono spaventosi, trasformano case del Trecento in loft che neanche si
trovano a Singapore o a Shanghai, di quart'ordine: il loft da affittare. Abbiamo
visto in quest'anno quanti affitti hanno perso, quanti alberghi vuoti, e adesso
ne vogliono fare altri due che rovinano il patrimonio artistico, e storico, e
botanico, e naturale di questa città. È uno scandalo. Si sperava di avere
invece di questi governanti finti, demagoghi, finto popolo, finto museo
diffuso, va bene? si sperava di avere dei prìncipi, dei veri prìncipi, al che
con i loro consiglieri, con i loro architetti, con i loro esperti, non
avrebbero compiuto dei danni così gravi. C'è la lapide di Cosimo I che dice:
“Non costruite, qui crolla!”. Non paghi di questo, tutti con la bocca aperta
per vedere arrivare due lire che quest'anno non sono per fortuna arrivate.
Ecco, grazie mille, fiorentini. *maître de conférences del Collège de
France, Parigi * FIRENZE. IL PIENO E IL VUOTO di Giannozzo Pucci*
Generalmente si è portati a pensare, anche
i politici, che si governa con le leggi, i progetti, i piani urbanistici, i
grandi interventi che “lasciano il segno” nella memoria della città; in realtà
il segno più importante si lascia con la concezione di governo, che guida le
tante piccole o grandi scelte politiche che spingono o meno i cittadini a fare
il bene comune nelle loro attività. Negli anni ’60, col nuovo piano regolatore,
si confrontarono due visioni opposte, quella di La Pira, che voleva una città
circolare, con una reinterpretazione fedele della sua storia sia in centro che
nei nuovi insediamenti, come si può vedere oggi nel vecchio Isolotto. Vinse
invece la visione di Detti, l’estensore del piano, il quale, a seguito delle
idee moderniste di Le Corbusier, voleva una Firenze che togliesse dal centro
storico tutte le sue funzioni per i fiorentini per trasferirle in gran parte
verso la piana di Nord-Ovest, mentre il centro, come salotto bono, doveva
essere consegnato al turismo e alla rappresentanza. Questa concezione, contrastante con l’identità profonda di Firenze è stata
seguita, salvo qualche rara eccezione, da tutte le giunte susseguitesi per 60
anni. Il motivo è che chiunque, anche senza nessuna cultura della nostra città,
può praticarla quasi passivamente, seguendo la corrente. Lo sport urbanistico
più diffuso è stato quindi l’esportazione di funzioni anche storiche, come la
giustizia, dal centro e per tutti i vuoti che si sono formati nella politica
sono apparse fra i decisori solo e sempre le stesse idee: 1) un museo; 2) un
albergo o residenze turistiche. Verso la fine degli anni ’80, Pierluigi
Cervellati, che da assessore all’urbanistica è riuscito a mantenere la vitalità
moderna e tradizionale nel centro di Bologna, commentò: “Il centro storico di
Firenze è il più vuoto e il più ingorgato d’Italia”. Ingorgato perché,
qualunque svuotamento si faccia, continuerà ad attrarre con la sua bellezza e
magnetismo tantissime persone: giovani dalle province nelle notti dei fine
settimana, turisti usa e getta o danarosi, ma tutti consumatori della storia
dei fiorentini, i quali in massima parte sono costretti a vivere altrove. La degenerazione
della cultura politica traspare dalla mancanza di memoria, ad esempio che la
nostra creatività spunta anche ora fra persone che vivono o lavorano in centro
e che conoscendolo per quotidiana consuetudine sono più capaci di proteggerlo. Una
classe politica con un minimo di grazia di stato, sapendo che quel luogo
straordinario corrispondente all’ex scuola di sanità militare a Costa San
Giorgio è in vendita, dovrebbe per prima cosa assicurarsi che almeno dopo i 99
anni torni alla città e poi cambiare i vincoli di destinazione urbanistica solo
a condizione di garantire una quota sensibile e a basso prezzo per attività
tipiche dell’identità di Firenze e assicurarsi che il tipo di traffico
veicolare sia consono alle strade e alle destinazioni per cui si concede la
funzione d’uso. *già presidente della Commissione Urbanistica del Consiglio Comunale di Firenze già presidente della Commissione Toponomastica di Firenze già presidente del Calcio Storico Fiorentino fondatore della Federazione delle Liste Verdi italiane autore e editore Libreria Editrice Fiorentina