Un
ricordo-testimonianza di Marco Vitale. L’articolo
di Giorgio Riolo su Genova vent’anni dopo, pubblicato sulla prima pagina di “Odissea”
di ieri, è semplicemente perfetto.Perfetta la ricostruzione dei fatti, perfetta la riflessione sul
significato dei fatti, perfette le considerazioni conseguenti per l’oggi e il
domani. Mi permetto di aggiungere un ricordo-testimonianza personale. Io non
ero certamente un attivista dei movimenti che si sono scontrati a Genova e non
li seguivo neanche con particolare attenzione. Quindi mi attendevo un incontro
come tanti altri. Tuttavia, per alcuni anni avevo in passato frequentato
intensamente un grande commissariato di Roma dove un mio carissimo cugino era commissario
capo e mi permetteva di collaborare con lui nel mio tempo libero come
assistente volontario. Prima di dirigere il commissariato mio cugino aveva avuto
importanti responsabilità alla Mobile di Roma e nella squadra di tutela del
presidente del consiglio di turno. Questa esperienza fu per me di grande
interesse e mi insegnò molte cose. Tra le altre cose mi aveva insegnato a
cogliere i segnali che preannunciavano come sarebbero stati affrontati gli
scontri sociali a quel tempo abbastanza frequenti, soprattutto nell’ambito
delle società che facevano capo al Comune. Talora i segnali erano espliciti,
veri e propri ordini. In qualche caso dicevano: state fermi e subite ogni
offesa senza reagire. In altri casi erano del tutto opposti e dicevano: menate.
Talora gli ordini non erano così chiari e i responsabili dovevano decifrarli da
una serie di segnali. Grazie a questa sensibilità anche da me in parte assorbita
quando iniziò l’organizzazione per gli incontri di Genova percepii subito che
non sarebbe stato un incontro come gli altri. Si percepiva con una certa
chiarezza da tanti segnali che qualcuno voleva un incontro-scontro. E l’intera
organizzazione era finalizzata a questo scopo. Certamente il ministro Fini o il
Capo della Polizia o, probabilmente, tutti e due insieme, avevano mandato il
segnale: menate. Ebbi così la certezza morale che sarebbe finita come è finita.
E fu un doppio acuto dolore: per come è finita e per la consapevolezza che non
poteva andare altrimenti. Nelle vicende successive ho trovato qualche conforto
nei comportamenti leali di parte della Polizia e di parte della Magistratura.
Forse poteva andare anche molto peggio.