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mercoledì 21 luglio 2021

EDITORI
di Federico Migliorati


V. Di Felice
 
Undici anni di promozione della cultura.
Intervista all’editore abruzzese Valeria Di Felice.
 
 
L’editoria italiana si mantiene salda nonostante l’emergenza sanitaria da Covid-19 che ha colpito questo settore come un po’ tutto il mondo culturale. Accanto ai colossi dominanti, sempre più forti, si sono ritagliati un loro spazio piccole e medie realtà capaci spesso di lanciare autori e titoli di qualità in un mercato che, anche nel genere della poesia, si presenta bulimico con oltre 230 volumi pubblicati ogni giorno. Tra le case editrici che ormai hanno acquisito un posto stabile nel panorama nazionale c’è l’abruzzese Di Felice di Martinsicuro: ne parliamo con la sua fondatrice Valeria Di Felice, non più solo editrice, ma protagonista a tutto tondo nei versi anche con diverse traduzioni all’estero.
 
Migliorati: Come nasce Di Felice Edizioni?
 
Di Felice: La data di fondazione è il 22 aprile 2010. L’intuizione è arrivata mentre frequentavo l’università e mi ha portato a creare la casa editrice una decina di giorni dopo essermi laureata, a 26 anni. In questo atto di apparente “incoscienza” (considerando lo stato dell’editoria italiana), ho trovato nel grande amore per la poesia la mia guida. Non ho avuto bisogno di altro in questo percorso che dura ormai da 11 anni e che ha visto i libri trasformarsi man mano in creature. Proprio come Pinocchio che da un pezzo di legno è diventato un bambino attraversando delle prove di coraggio, di onestà, di identità, allo stesso modo i libri, i libri della casa editrice, da semplici pagine di carta sono diventati esseri con una vita propria, esseri al centro di relazioni, vicende, storie, ponti. Nel corso degli anni si sono aggiunti altri progetti editoriali aperti alla narrativa e l’amore per la poesia si è confrontato con le voci del mondo, in particolare di quello arabo.
 
M. A quanti titoli in catalogo siete arrivati e quali collane e generi lo compongono?
 
D. F. La Di Felice Edizioni comprende 5 collane: Il gabbiere diretta da Sante de Pasquale, Gli occhi del pavone diretta da Rita El Khayat, Racconti Zeta diretta da Daniele Cavicchia e Maria Grazia Di Biagio, I contemporanei del futuro diretta da Roberto Michilli, Note di rinascenza diretta da Annalisa Frontalini. Con “Carmen” di Prosper Mérimée, tradotto da Paola Tiberii, siamo arrivati a 198 titoli.



  
M. Oltre a te vogliamo accennare ai collaboratori e alle persone che ruotano attorno alla casa editrice e che contribuiscono al suo successo?
 
D. F. Legate a essa vi sono tante persone con motivazioni e intenti diversi, ma col tempo ho imparato a scegliere con più cura e attenzione coloro di cui posso fidarmi. Sono grata a Irene Piras che dall’inizio segue la casa editrice occupandosi dell’impaginazione e delle copertine dei libri e della grafica delle collane. Sono grata anche ad un gruppo ristretto di scrittori, poeti, traduttori ed esperti del mondo editoriale con i quali mi confronto quotidianamente.
 
M. Fare editoria nel 2021 e dopo una pandemia possiamo definirla un'impresa da incoscienti o da coraggiosi?
 
D. F. Per chi ama i libri è una scelta necessaria per sopravvivere, oggi direi coraggiosa perché consapevole.
 
M. Nella moltitudine di testi apparsi in questi anni soffermiamoci in particolare su quelli più recenti, anche per lanciare spunti di riflessione e sollecitazioni ad addetti ai lavori, ma più in generale agli appassionati della letteratura.

 
D. F. Negli ultimi mesi abbiamo dato alla luce dei doni preziosi per chi ama la lettura. Per fare qualche esempio: il romanzo La sirena dei mari freddi di Roberto Michilli (proposto da Francesca Pansa allo Strega 2021); la silloge Quartine del poeta ebreo-olandese Jacob Israël de Haan (tradotto dal nederlandese da Patrizia Filia), assassinato nel 1924 da un membro del movimento di liberazione Hagana che lo accusava di ostacolare il sionismo e di collaborare con gli arabi; la nuova raccolta del poeta olandese Willem van Toorn I giorni, tradotta da Patrizia Filia; le raccolte poetiche Il corpo del vento di Leandro Di Donato, Il mercato delle idee di Francesco Belluomini (fondatore del Premio Camaiore), Canti di Urania di Ermanno Bencivenga; Dalla fiamma e dalla luce. La vita attraverso le lettere di Michaíl Júr'evič Lérmontov, tradotto e commentato da Roberto Michilli (Premio speciale Città delle rose 2021) e lo stesso Carmen di Prosper Mérimée, tradotto da Paola Tiberii, che ho prima citato; i racconti Le tre verità di Daniele Cavicchia e Il diritto alla felicità di Claudio Rossi Massimi (quest’ultimo tratto dalla sceneggiatura dell’omonimo film che ha appena ricevuto il Premio Troisi per la regia). E poi le belle antologie tematiche curate da Vincenzo Guarracino, Una furtiva lacrima e Poeti per l’infinito.
  
M. Dal suo punto di vista privilegiato ritiene che vi sia ancora spazio per la poesia e la letteratura al giorno d'oggi in un'epoca di e-book e di infodemia? Cosa può offrire in più un libro cartaceo?
 
D. F. Credo che oggi bisognerebbe ridare credibilità al “libro” per riconsiderarlo non uno spazio amorfo e intercambiabile, ma un luogo aperto alle relazioni umane. D’altronde che cosa significa “leggere” se non accendere una torcia per fare luce in noi stessi e intorno a noi? In particolare, la poesia va protetta dalla sovrabbondanza di parole che si autodichiarano poetiche e che girano all’impazzata sui social. Ognuno ha il sacrosanto diritto di esprimersi e di cimentarsi nella scrittura, ma questo non dovrebbe alimentare la spinta alle autoproclamazioni. Di fronte all’infodemia che smaterializza i punti di riferimento e disorienta, credo che il modo più efficace per salvaguardare la poesia sia tornare a sceglierla e leggerla. Ho detto bene… leggerla, oggi un atto più rivoluzionario della scrittura!
Un libro cartaceo - un buon libro, beninteso! - oggi è una tisana detox contro le bibite gassate del web!