Evviva! Finalmente, il
“Frecciarossa” anche a Lecce. Ora si può arrivare a Milano in sei ore e mezzo
rispetto alle nove che ci impiega mediamente il Frecciabianca e alle tredici
dell’Espresso. Oh, miracoli della modernità, meravigliosa macchina del progresso
che corre inarrestabile, oh, forza del riscatto meridionale! E che, forse
eravamo da meno rispetto a Bari?Gnornò.
Adesso anche noi potremo sfrecciare rossi verso la grande “Milàn”, dove il
successo ci attende, anche noi potremo fare un sacco di “sghei”. Avanti così,
la prossima battaglia sarà per avere un secondo aeroporto in provincia di
Lecce, perché Brindisi è troppo distante per chi parte da Leuca. Vero che la
statale 275 finalmente a quattro corsie aiuterà ad accorciare i tempi, ma non è
possibile che gli abitanti del tacco d’Italia debbano sempre pagare lo scotto
di essere Finis terrae. L’alta
velocità ci collegherà col resto d’Europa. Basta con la vecchia storia
dell’Italia a due tempi, il gap fra il nord e il sud del Paese sarà finalmente
colmato.Velocità: è l’imperativo
categorico di questo nostro oggi. La rapidità è madre della buona sorte.Se ancora conta meditare a lungo, non è però
perdonabile indugiare quando si passa all’azione. Occorre sveltezza, prontezza
di riflessi, sicurezza, animo, ci vuole ardire. Meglio una riforma pasticciata
che nessuna riforma, come gli ultimi governi succedutisi hanno dimostrato. Quel
che conta è fare le cose, con un occhio al consenso elettorale. Una rapida
decisione ed una ancora più rapida esecuzione meritano l’applauso, molto di più
di una decisione lungamente sofferta. Anche se ragionare a lungo porterebbe
quasi sicuramente un utile divisamento, un felice esito, e bruciare le tappe,
adottare repentine risoluzioni, invece, potrebbe portare ad un esito mediocre,
far esporre al fallimento, tuttavia sempre meglio non sprecare il tempo, perché
il rischio, riserbandolo, che passi infruttuoso, oggi come oggi, è fumo negli
occhi per tutti.Si vorrebbe sostituire
al “Veni vidi vici” di Cesare, il “vici veni vidi” degli attuali
governanti. Via allora, più veloce della luce, ecco che sfrecciano tutti i
supermen della modernità, i Sisifi del fare, i mercuriali businessmen europei, gli
sprinter del nuovo che avanza, i promotori della rivoluzione 4.0. E chi ricorda
il motto “Festina lente”, cioè
“affrettati adagio”, che Svetonio attribuisce all’Imperatore Augusto, oppure “adelante con juicio”, cioè “avanti con
prudenza”, dai manzoniani “Promessi Sposi”, o è un vecchio trombone, oppure un
brontosauro nostalgico e romantico, un sognatore che pensa troppo e sbaglia
tutto.Su un vecchio numero di
“Repubblica Cultura” compariva una bella intervista di Fabio Gambaro
all’antropologo Marc Augè, “Elogio della lentezza ai tavoli di un bistrot”, in
cui l’autore francese parla della bellezza dei bistrot parigini come luoghi di
incontro, in cui intrecciare relazioni sociali, leggere un libro, scrivere o
semplicemente osservare lo spettacolo umano della gente che vi passa, potendosi
permettere il lusso di prendersi il tempo che si vuole, di non avere
fretta.Ma che a nessuno salti in mente
di condividere la posizione di Augè. Rischierebbe di passare per brontosauro.