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giovedì 29 luglio 2021

FESTINA LENTE
di Paolo Vincenti

 
Evviva! Finalmente, il “Frecciarossa” anche a Lecce. Ora si può arrivare a Milano in sei ore e mezzo rispetto alle nove che ci impiega mediamente il Frecciabianca e alle tredici dell’Espresso. Oh, miracoli della modernità, meravigliosa macchina del progresso che corre inarrestabile, oh, forza del riscatto meridionale! E che, forse eravamo da meno rispetto a Bari?  Gnornò. Adesso anche noi potremo sfrecciare rossi verso la grande “Milàn”, dove il successo ci attende, anche noi potremo fare un sacco di “sghei”. Avanti così, la prossima battaglia sarà per avere un secondo aeroporto in provincia di Lecce, perché Brindisi è troppo distante per chi parte da Leuca. Vero che la statale 275 finalmente a quattro corsie aiuterà ad accorciare i tempi, ma non è possibile che gli abitanti del tacco d’Italia debbano sempre pagare lo scotto di essere Finis terrae. L’alta velocità ci collegherà col resto d’Europa. Basta con la vecchia storia dell’Italia a due tempi, il gap fra il nord e il sud del Paese sarà finalmente colmato.  Velocità: è l’imperativo categorico di questo nostro oggi. La rapidità è madre della buona sorte.  Se ancora conta meditare a lungo, non è però perdonabile indugiare quando si passa all’azione. Occorre sveltezza, prontezza di riflessi, sicurezza, animo, ci vuole ardire. Meglio una riforma pasticciata che nessuna riforma, come gli ultimi governi succedutisi hanno dimostrato. Quel che conta è fare le cose, con un occhio al consenso elettorale. Una rapida decisione ed una ancora più rapida esecuzione meritano l’applauso, molto di più di una decisione lungamente sofferta. Anche se ragionare a lungo porterebbe quasi sicuramente un utile divisamento, un felice esito, e bruciare le tappe, adottare repentine risoluzioni, invece, potrebbe portare ad un esito mediocre, far esporre al fallimento, tuttavia sempre meglio non sprecare il tempo, perché il rischio, riserbandolo, che passi infruttuoso, oggi come oggi, è fumo negli occhi per tutti.  Si vorrebbe sostituire al “Veni vidi vici” di Cesare, il “vici veni vidi” degli attuali governanti. Via allora, più veloce della luce, ecco che sfrecciano tutti i supermen della modernità, i Sisifi del fare, i mercuriali businessmen europei, gli sprinter del nuovo che avanza, i promotori della rivoluzione 4.0. E chi ricorda il motto “Festina lente”, cioè “affrettati adagio”, che Svetonio attribuisce all’Imperatore Augusto, oppure “adelante con juicio”, cioè “avanti con prudenza”, dai manzoniani “Promessi Sposi”, o è un vecchio trombone, oppure un brontosauro nostalgico e romantico, un sognatore che pensa troppo e sbaglia tutto.  Su un vecchio numero di “Repubblica Cultura” compariva una bella intervista di Fabio Gambaro all’antropologo Marc Augè, “Elogio della lentezza ai tavoli di un bistrot”, in cui l’autore francese parla della bellezza dei bistrot parigini come luoghi di incontro, in cui intrecciare relazioni sociali, leggere un libro, scrivere o semplicemente osservare lo spettacolo umano della gente che vi passa, potendosi permettere il lusso di prendersi il tempo che si vuole, di non avere fretta.  Ma che a nessuno salti in mente di condividere la posizione di Augè. Rischierebbe di passare per brontosauro.