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giovedì 22 luglio 2021

Poeti
LA CASA COL TIGLIO
di Marina Corona


Graziella Tonon
 
Chi abita la casa col tiglio? O nei pressi della casa col tiglio?
Questo libro delicato ha nel tratteggio appena accennato, suggerito delle figure, come certi schizzi pittorici, la sua maggiore potenza. Le presenze che si muovono nel libro sono due: gli affetti e la natura dei luoghi. Come la natura, il libro si divide in stagioni: la primavera accoglie l'infanzia dell'autrice. Infanzia protetta da quei numi tutelari, un po' enigmatici, che sono gli adulti; davanti ai loro occhi tolleranti si svolge una vicenda piccola e fantastica: il sole che traluce dai rami diventa un gigante buono, al luna park si compra per 10 lire la paura, il cielo stellato diventa il fondale davanti al quale compare il Silenzio nel momento in cui cessa il canto delle cicale. Sono avventure che avvengono in una primavera sommessa ma al tempo stesso di grande potenza, tanta da stamparsi come tratteggi colorati nella mente dell'autrice e dotate della magica capacità di rendere lentissimo il tempo.
Tutti abbiamo fatto esperienza del balenìo improvviso del pensiero che ci introduce a un ricordo del passato, Graziella Tonon lascia che il balenìo conservi il suo fascino allusivo, non si diffonde a dire, in questo modo il lettore viene introdotto nel mondo fatato di presenze un po' fantasmatiche che si muovono fra i meandri di un racconto a cenni.
L'autrice d'altronde annuncia nella prima lirica del libro questo suo procedere per brevi tratti: “...le voci salivano troppo assolate/ma si sfocavano fuori alla luce// così le ho lasciate ai confini di un campo/all'ombra di un gelso.” Un procedimento al modo di Proust ma che si ferma al sapore della madeleine , non va oltre nella narrazione.
Dopo la primavera abbiamo l'estate: è il tempo della maturità e giunge forte l'amore, ancora immaturo dapprima, poi sempre più pieno; tutto il mondo si accende della sua luce: “Al mare d'estate / nudi sul letto/ nella penombra delle persiane/ senza rumore/ neppure lontana una barca a motore// anche la camera di una pensione/ è un paradiso.” E poco prima a controcanto: “Una sera d'estate/le luci spente per le zanzare/mi siedo in balcone/vaso tra i vasi in fiore/Niente si muove/solo un pensiero/e guardo in alto// Proprio sopra al balcone/ brillava la stella polare.”  Il mondo e la luce dei sentimenti qui si sottolineano a vicenda in un ritmo che ha nella pienezza del vissuto la propria misura. Le presenze come i sentimenti sono ancora tratteggiate in sottile filigrana, segnale di un tempo fulgido.


La copertina del libro

Ed eccoci ora alla casa col tiglio: dalla pienezza dell'estate entriamo nella malinconia dell'autunno e veniamo a sapere, districandoci attraverso i segni di questo linguaggio appena accennato, che quella casa è il luogo dell'accudimento materno, dell'avventura della primissima infanzia. È questa la fantasmatica presenza dell'autunno, così come della primavera era stata la bimba e dell'estate l'uomo. Nella dimessa natura del paese conosciamo il vissuto delle donne che hanno avuto per l'autrice tenerezze materne: la loro giovinezza, le loro speranze i loro pensieri, tratteggiati con un caldo e semplice amore.
Così possiamo dire che nella casa col tiglio abita il passato che abbiamo amato, con la sua luminosità ma anche con i suoi rimpianti e i suoi rimorsi, quel passato per sempre raggiungibile solo nei flash della nostra memoria.
E allora? Ci fermiamo qui? Tutto termina in questa casa nell'affettuosa mestizia del ricordo?
No. A sorpresa l'inverno ci fa un dono: il dono di un bimbo, premio della nostra costanza d'amore. In lui il tempo è tornato ora lentissimo.
Quel tempo che è il vero abitante della casa col tiglio.