Chi
abita la casa col tiglio? O nei pressi della casa col tiglio? Questo
libro delicato ha nel tratteggio appena accennato, suggerito delle figure, come
certi schizzi pittorici, la sua maggiore potenza. Le presenze che si muovono
nel libro sono due: gli affetti e la natura dei luoghi. Come la natura, il
libro si divide in stagioni: la primavera accoglie l'infanzia dell'autrice.
Infanzia protetta da quei numi tutelari, un po' enigmatici, che sono gli adulti;
davanti ai loro occhi tolleranti si svolge una vicenda piccola e fantastica: il
sole che traluce dai rami diventa un gigante buono, al luna park si compra per
10 lire la paura, il cielo stellato diventa il fondale davanti al quale compare
il Silenzio nel momento in cui cessa il canto delle cicale. Sono avventure che
avvengono in una primavera sommessa ma al tempo stesso di grande potenza, tanta
da stamparsi come tratteggi colorati nella mente dell'autrice e dotate della
magica capacità di rendere lentissimo il tempo. Tutti
abbiamo fatto esperienza del balenìo improvviso del pensiero che ci introduce a
un ricordo del passato, Graziella Tonon lascia che il balenìo conservi il suo
fascino allusivo, non si diffonde a dire, in questo modo il lettore viene introdotto
nel mondo fatato di presenze un po' fantasmatiche che si muovono fra i meandri
di un racconto a cenni. L'autrice
d'altronde annuncia nella prima lirica del libro questo suo procedere per brevi
tratti: “...le voci salivano troppo assolate/ma si sfocavano fuori alla
luce// così le ho lasciate ai confini di un campo/all'ombra di un gelso.”
Un procedimento al modo di Proust ma che si ferma al sapore della madeleine ,
non va oltre nella narrazione. Dopo
la primavera abbiamo l'estate: è il tempo della maturità e giunge forte
l'amore, ancora immaturo dapprima, poi sempre più pieno; tutto il mondo si
accende della sua luce: “Al mare d'estate / nudi sul letto/ nella penombra
delle persiane/ senza rumore/ neppure lontana una barca a motore// anche la
camera di una pensione/ è un paradiso.” E poco prima a controcanto: “Una
sera d'estate/le luci spente per le zanzare/mi siedo in balcone/vaso tra i vasi
in fiore/Niente si muove/solo un pensiero/e guardo in alto// Proprio sopra al
balcone/ brillava la stella polare.”Il mondo e la luce dei sentimenti qui si sottolineano a vicenda in un
ritmo che ha nella pienezza del vissuto la propria misura. Le presenze come i
sentimenti sono ancora tratteggiate in sottile filigrana, segnale di un tempo
fulgido.
La copertina del libro
Ed
eccoci ora alla casa col tiglio: dalla pienezza dell'estate entriamo nella
malinconia dell'autunno e veniamo a sapere, districandoci attraverso i segni di
questo linguaggio appena accennato, che quella casa è il luogo dell'accudimento
materno, dell'avventura della primissima infanzia. È questa la fantasmatica
presenza dell'autunno, così come della primavera era stata la bimba e
dell'estate l'uomo. Nella dimessa natura del paese conosciamo il vissuto delle
donne che hanno avuto per l'autrice tenerezze materne: la loro giovinezza, le
loro speranze i loro pensieri, tratteggiati con un caldo e semplice amore. Così
possiamo dire che nella casa col tiglio abita il passato che abbiamo amato, con
la sua luminosità ma anche con i suoi rimpianti e i suoi rimorsi, quel passato
per sempre raggiungibile solo nei flash della nostra memoria. E
allora? Ci fermiamo qui? Tutto termina in questa casa nell'affettuosa mestizia
del ricordo? No.
A sorpresa l'inverno ci fa un dono: il dono di un bimbo, premio della nostra
costanza d'amore. In lui il tempo è tornato ora lentissimo. Quel
tempo che è il vero abitante della casa col tiglio.