Acclarata
l'insufficienza dimostrata dai soggetti politici esistenti al riguardo della
presenza politica della sinistra all'interno del sistema politico italiano è
necessario altresì segnalare la difficoltà a raggiungere almeno un risultato di
"proposta". Una difficoltà dimostrata dai diversi tentativi svolti in
questi mesidi affrontare la questione,
soprattutto dal punto di vista culturale. Molte
proposizioni sono state avanzate all'insegna del "nulla sarà come
prima" inteso quale esito dell'emergenza sanitaria: da più parti si erano
avanzate ipotesi di "mutamento di paradigma" e ipotesi di nuove
visioni della società misurate sull'emergere di inedite contraddizioni sociali
che reclamavano una riclassificazione delle priorità e una visione diversa
dell'agire sociale e politico. In realtà sul piano più strettamente definito
delle dinamiche politiche correnti nell'ambito - ristretto - del sistema
politico italiano abbiamo sì verificato il presentarsi di un "salto" al
livello delle dinamiche politiche. Un "salto" rivolto però verso
l'assunzione diretta della responsabilità di governo da parte della
tecnocrazia, con la politica ridotta ad una funzione ancillare, ancor di più di
quanto non accaduto nella fase immediatamente precedente che era stata segnata
dall'egemonia dell'antipolitica e del trasformismo. Sul
piano più generale del quadro planetario è proseguita intanto la fase di
assestamento nel passaggio tra il modificarsi del modello di globalizzazione
che aveva generato le crisi degli anni 2007 - 2008 e poi 2011 - 2012 e la
ricostruzione dei principi di una geo politica che sta rigenerando la logica
dei blocchi e i rischi di conflitto globale (al riguardo di questa situazione
il governo italiano non ha trovato di meglio che recuperare la vecchia coppia
atlantismo/europeismo intesa come inscindibile come negli anni'50 all'epoca
dell'ERP). Così
vanno rimescolandosi le carte con il nostro sistema politico in ritardo. Un
sistema inadeguato rispetto alle esigenze che si stanno imponendo, prima di
tutto, ad una “Italia fuori d’Italia” rispetto all’Europa e al nuovo livello di
scontro che sarà determinato dal riprofilarsi delle grandi potenze (Cina/USA;
nuovo ciclo atlantico; penetrazione russa, turca, cinese nel cuore del
Mediterraneo soltanto per fare degli esempi) in lotta essenzialmente per il
primato nelle fonti materiali di accesso alla trasformazione tecnologica. Si
è già ricordata la radicalità dei cambiamenti in atto: una radicalità che
reclama, recupera, promuove identità nel confronto tra destra e sinistra. La
contesa sull’egemonia al riguardo dell’indirizzo che sarà assunto
dall’evoluzione tecnologica costituirà il vero punto di rottura del futuro.
Cosa
proporrà la destra? Ciò che sta accadendo: l’isolamento progressivo, il
termitaio globale, l’incattivimento degli hater, il condizionamento mentale
delle masse. Non potrà però bastare la contrapposizione proposta da Laudato
si’: anche in quel caso è insita l’idea della riduzione nella portata delle
“fratture” in atto e ci si appoggia sul "naturalismo" della sostenibilità. Come
sostiene Massimo Cacciari dalle colonne dell'Espresso il capitalismo delle
multinazionali della comunicazione, dell'informatica, della logistica, i
padroni dei Big Data e poi via via di tutti i settori chiave del nostro sistema
sociale di produzione hanno finito con il sussumere proprio il concetto di
sostenibilità e finito con l'imporre un liberismo che trasforma la
sostenibilità in fattore fondamentale e intrinseco del salto tecnologico e di
cui l'umanità deve risultare subalterna. Un salto tecnologico identificabile
nella crescita d'applicazione dell'intelligenza artificiale che sarà adattato
alla definita limitatezza di risorse, riproponendo all'interno di quel quadro
di nuovo dominio l'antico darwinismo sociale (esattamente la filosofia che è
stata adottata in Italia al momento dell'istituzione del ministero alla
transizione ecologica). Nella piena consapevolezza della totale insufficienza e
genericità di questo tentativo di riflessione mi permetto allora di richiamare
due questioni: 1) quello dell’esigenza di
una presenza politica della sinistra capace di recuperare in profondità i due
concetti base di uguaglianza e solidarietà non limitandosi alla semplice
“protezione sociale”; 2) Una sinistra capace di
ampliare il proprio bagaglio di riferimento fino a comprendere la gran parte
dello spazio aperto dall'inasprirsi e dall'allargarsi delle contraddizioni
sociali. Si
era discusso, tempo addietro, sulla possibilità di elaborazione di un progetto
di “società sobria” come “terza via”. Se
vogliamo contrastare l’affermarsi definitivo dell’egemonia della forza basata
sull’esclusività del dominio della tecnologia che intende governare una
sostenibilità fondata sulle disuguaglianze con la conseguenza, come sta
accadendo in Italia, di una ri-concentrazione di potere, bisognerà essere
capaci di disegnare ancora una volta una ipotesi di profonda modificazione dei
rapporti sociali, culturali, di potere. Per
far questo non sarà sufficiente rivolgersi ad un rapporto quasi meccanico con
l'ecologismo politico. Si deve pensare di “cercare ancora” per trovare vie di
nuovo equilibrio nello sviluppo e di contrasto radicale verso le grandi
storture della modernità. Adesso siamo davanti alla necessità di un
ripensamento generale ad un livello che non avremmo mai immaginato e che
potrebbe essere indicato come “di civiltà”. Dobbiamo
provare a muoverci pensando a quella dimensione propria di un orizzonte del
“limitato” che richieda l’affermazione di una ricerca sull’uguaglianza non solo
economica e sociale ma in un quadro più profondo di revisione delle stesse
relazioni politiche sul piano delle forme dell'esercizio del potere. Si tratta
di rifletterci e di trovare la strada per adeguare la nostra pratica politica, anche
se abbiamo disperato bisogno di ritrovare tutto il pragmatismo necessarioche serve per affrontare le lotte del giorno
per giorno che, beninteso, continuano.