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mercoledì 11 agosto 2021

IN MEMORIA DI LORENZA FRANCO
(24. 2.1932 – 11. 8.2021)


Lorenza Franco in una foto del 2019

Io non andrò in paradiso perché non esiste, qualcun altro perché non lo faranno entrare” mi scrivesti un giorno dal tuo inseparabile telefonino con il quale esploravi, da qualche anno, un mondo digitale a te prima ignoto. E questo pensiero lo riportai sulla tua pagina di profilo Facebook, che tu eri restia a gestire, insieme ai tuoi arguti aforismi e pensieri, soprattutto le tue poesie, che ti piaceva stampare e regalare. E spesso mi ringraziavi di avere insistito che usassi Internet. In fondo la tua vera compagnia, di chi vola alto col pensiero, erano le videolezioni di storia di Barbero, le biografie dei grandi, tra scienziati e filosofi, la scienza della nutrizione, i video sull’universo e le ultime conquiste della fisica, quelli sull’attualità del problema sanitario, ai quali mi rispondevi con messaggi e video sullo stesso tema, sempre contrari al pensiero unico dei media. Tu che eri stata ingannata da persone tanto ignoranti quanto scaltre, perché tanto grande era la tua ingenuità e bontà quanto grande era la tua cultura, assistevi ora ad un inganno globale dell’umanità. Ma non covavi risentimento verso alcuno. Nei momenti di malessere e sconforto mi dicevi che il papà (Aldo Bonomo, n.d.r.) veniva a prenderti. Ma io sapevo che, dopo le vicende ospedaliere iniziate nell’agosto 2015, le cadute varie, le dimissioni finali dal Dezza H. dell’aprile 2017 tra lo stupore dei medici e il compiacimento degli infermieri, tu eri indistruttibile: lo rimarcai lo scorso anno al raggiungimento di un’età speculare palindroma, che segnava la via dell’infinito.

Il compleanno del 2020

Il nostro era uno scambio di comprensione reciproca, di consapevolezza di essere fuori dal mondo, per cultura e sensibilità, ma a te piaceva parlare con persone ricche di umanità più che di cultura, non fosti mai né classista né ambiziosa, mi rimproveravi anzi certe mie intemperanze e insofferenze. Siamo nati tutti in un pianeta prigione, e con Metastasio ripetevi “Se a ciascun l’interno affanno si leggesse in fronte scritto, quanti mai che invidia fanno ci farebbero pietà”. Solo grazie a me, mi dicevi spesso, avevi avuto visibilità e notorietà come poetessa, per la mia cura delle tue poesie altrimenti sparse e non pubblicate come meritavano: l’ho fatto e continuo a farlo con amore filiale, sentendo il dovere anche morale di farmi custode della tua sapienza letteraria (www.diVinidiVersi.it) E ad ogni compleanno riproponevo una tua opera, con le recensioni di amici poeti e letterati tra gli invitati, con gli applausi, i complimenti e i fiori che ti riempivano, finalmente, il volto di gioia.

Al Salotto Candide
durante il compleanno

Perché la tua era un'etica purissima, scevra di ogni ombra di edonismo e arrivismo, perché sapevi de “Il male del mondo”, come si intitola una poesia, ma non credevi in mondi sconosciuti. Non credevi perché pensavi, perché sapevi dell’impermanenza di un mondo in continua trasformazione, dove anche la morte a è una fase di questo processo di trasformazione.
 
L’IMPERMANENZA
 
Subentra al giorno una nuova sera,
la notte al sonno tutti quanti invita.
Porterà l’alba nuova una schiarita,
tutto ritornerà a esser com’era.
 
O forse no… sarà l’impermanenza
a dare un volto nuovo ad ogni cosa,
tutto cambia e sboccia ancor la rosa,
ma uguale è soltanto la parvenza.
 
La terra non ritorna là dov’era,
non si diranno le stesse parole,
non c’illuminerà lo stesso sole,
rifiorirà un’altra primavera.
 
Eterno fu creduto anche l’amore,
ma soffiò il vento e se lo portò via.
Vera fu solamente la bugia,
e il cuore batte senza far rumore.
 
La gente invidia i grandi perché li ritiene beniamini della fortuna, come i brutti invidiano i belli, e a loro riguardo non si fa scrupoli.
 
 
Grandezza e Solitudine
 
Esser grande vuol dire esser solo.
Grandezza e solitudine abbracciate,
idee di verità insanguinate,
il genio soffre del suo ardito volo.
 
Irresistibile è la vocazione,
selvaggio il duello con la specie
dell’animale, se sé stesso invece
vuol anteporre alla procreazione.
 
Ma non è, Solitudine, un rifugio,
pur se libera dall’incomprensione.
È solo sofferenza, privazione,
accettato baratto e sotterfugio.
 
Beata solitudo è un inganno,
ma pur la Verità è una finzione,
strumento già d’autoconservazione,
filosofia per mascherare il danno.
 
Oblio, spensieratezza, distrazione,
la dignità, la libertà respinte.
Dogmi, credenze, tradizioni vinte
saranno mai dall’illuminazione?


 
Col figlio Giovanni a 89 anni
24 - 2- 2021

Ma dalle vite dei grandi si levano a volte terribili lamenti. Sabato 7 agosto, “Acqua, acqua, acqua…” mi ripetevi nell’astanteria del pronto soccorso del Fatebenefratelli H., e più acqua ti davo dalla bottiglietta più “acqua, acqua, acqua…” ripetevi… subito dopo… “perché ho bisogno di acqua più degli altri”. Già, acqua sorgente di vita. Speranze.
 
 
ACQUA
 
Sempre aggrappata ai miei bui pensieri,
il mare ho attraversato della vita.
In mare non si scelgono i sentieri,
non si va né in discesa né in salita.
 
Solo devi cercar di stare a galla,
resistere agli schiaffi delle onde,
della Nemica il colpo, che mai falla,
provare a ritardar, mentre profonde
 
nenie di morte intonan le Sirene,
che attirano nei gorghi della notte
orribile di liquide catene,
amaro attracco per sperdute flotte.
 
Sognando solatie spiagge ridenti,
annegherà lo stanco nuotatore;
di stelle i beffardi ammiccamenti,
le rotte gli indicaron dell’errore.
 
9 agosto. Per entrare nel reparto di gastroenterologia ho dovuto fare il “green pass”, esito del tampone rapido di 35 euro in una farmacia aperta di c.so Venezia. “Giovanni, Giovanni, Giovanni…” eccomi mamma, sono qui. Ti vedo aprire gli occhi e parlare… ma allora non era vero che non arrivava più il sangue al cervello, come mi avevano detto quando era al pronto soccorso. Ti vedo chiudere gli occhi e assopirti. Non ti lamenti più. Vado tranquillizzato dal fatto che sapevi che c’ero, che eri piena di tubi tra i quali anche quello della morfina, che non sentivi dolore come mi assicurava la dottoressa.
10 agosto. Il suono dell’acqua sterilizzata della bacinella dietro al letto di ricovero è identico a quello dello scorrere di un ruscello di montagna. “Mamma, lo senti il suono? È lo scorrere del ruscello di montagna, guarda che bel sentiero boschivo che stiamo percorrendo insieme…”, tu annuisci solo, questa volta non parli, ma non ti vedo più sofferente come il giorno prima, “lo senti lo scorrere dell’acqua che si porta via il maledetto batterio (n.d.r., Escherichia coli) che avevi debellato, risorto dalle sue ceneri? Ora il ruscello si fa torrente e porta via il batterio, mamma sei forte, sono orgoglioso di te, se vuoi ce la fai!” Vedo un leggero sorriso, si porta le dita alla bocca. “Guarda quanti colori che ci sono in questo bosco, gli stessi dell’arcobaleno! Gli stessi di quella poesia…”.
 
COLORI
 
E il cervello inventò l'arcobaleno,
diede un colore all'erba, ai fiori, al cielo.
D'un tratto fu squarciato il grigio velo,
non più lo stesso il torbido e il sereno.
 
E gli occhi si stupirono di verde,
dialogò la mente con l'azzurro.
Cadde la neve, candido sussurro,
nella rubedo il tramonto si perde.
 
Con nuove note cantò la Natura,
pesci d'argento guizzano nel mare.
È d'oro il sol, carezza luminosa.
 
Si complicò quella prima pittura,
si può, la tricromia1, ricombinare.
Alla poesia il pennello si sposa.
 
***
[1] Noi vediamo soltanto il rosso, il giallo e il blu, tutti gli altri colori
sono la combinazione di questi.
   
Si assopisce. Esco. Chissà quanti sogni… con i colori del paradiso in cui non crede ma di cui sarebbe molto meritevole. Perché i sogni sono la realtà di un’altra dimensione, in cui non esistono le malattie, non esiste la vecchiaia, perché il tempo non esiste. “Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d'un sogno
 è raccolta la nostra breve vita” (W. Shakespeare, La Tempesta). Penso al suo amato Shakespeare, alla sua prima edizione con I Sonetti, tradotti e interpretati da Lorenza Franco. Testo inglese a fronte. Ed. La Vita Felice, 2000.
Mi aspetta un’altra notte con pochi sogni e molti pensieri, per fortuna non sono da solo. Sempre sarò grato a quest’amica di buon cuore che da tre anni mi è vicina. La malinconia accomuna me, da fanciullo, e mia madre in un torrente di ricordi, perché le ferite dei non amati non si cicatrizzano mai del tutto.
 
Debitori di Afrodite
 
Amore fanciullo nato d’inverno,
fiamma repressa che non può avvampare,
perduto sempre in lontananze amare,
durasti anni e sarai forse eterno.
 
Ti fu madrina la malinconia,
il veto imposto da silenzi grevi.
Fece la selezione degli allievi
Eros c’illuse, poi ci mandò via.
 
Noi non abbiamo saputo lottare,
imporre a forza il nostro sentimento,
io spaventata, tu sognante e mite.
 
Nessuna mano tesa ad aiutare,
piccoli e soli nel nostro tormento.
Or siamo debitori di Afrodite.


La copertina di uno
dei suoi libri

11. 8.2021, ore 3:30. Vengo a salutarti mamma, mi hanno appena telefonato dall’ospedale, tanto non dormivo. Hai vinto lo stesso, anche se il batterio e la setticemia hanno avuto il sopravvento. Porterò avanti tutte le cose che mi hai detto di fare e che abbiamo iniziato insieme. Sei forte mamma. Un abbraccio mamma, io sono sempre con te.
 
Tuo,
Giovanni