INFAMI
di
Angelo Gaccione

Illustrazione di Vittorio Sedini
Paralizzato
come sono da quanto sta accadendo in mezzo mondo e nella mia stessa terra di
nascita, non sono in grado di affrontare alcun ragionamento su questa sadica
perversa voglia di distruzione e di autodistruzione, su questa pulsione di
morte, come vado facendo ormai da decenni e decenni, ad ogni campagna
incendiaria ben orchestrata, nell’indifferenza di Stato, Governi e pubblica
opinione. Anni fa scrissi questo raccontino compreso nel libro di fiabe: L’Orologio di
mastro Hanus. Alcune librerie di Milano rifiutarono il libro perché, a loro
dire, conteneva storie troppo crudeli per dei ragazzi. I bimbi e gli
adolescenti la crudeltà ce l’hanno sotto gli occhi ogni giorno, apparecchiata dagli
adulti, da bipedi di ogni classe, di ogni ceto, di ogni sesso. Penso che oramai
si debba prendere atto che la presenza dell’uomo sulla terra si sia rivelata non
solo inutile, ma fortemente nociva. Non possiamo che augurarcene la scomparsa
prima possibile.
A quel
tempo io non capivo, non potevo proprio capire perché ero poco più che un
ragazzo. La guardavo mia nonna, ma non avevo coscienza né dei suoi gesti, né
delle sue parole. Di queste sentivo il suono che mi è rimasto negli orecchi, ma
i suoi gesti io non li capivo, mi parevano un rito, come quello che si vede in
chiesa quando il prete sale sull’altare.
Si
segnava la fronte con la croce, si batteva il petto con gli occhi rivolti verso
l’alto e li malediceva, li malediceva fino alla settima generazione. Poi
segnava qualcosa per terra col carbone e ripeteva come si fa col rosario:
“Ripugnante canaglia… esseri spregevoli… che sulla vostra casa si abbatta la
rovina… che il vostro sangue si estingua… che non ne resti memoria”; e a me
pareva davvero un rosario.
Ripeto,
tutto questo a quel tempo io non potevo proprio capirlo. L’ho capito molto
dopo, quando anch’io vidi andare in fumo i nostri boschi, ardere le nostre vallate
ricche di ulivi, incendiare come in un inferno castagni, pinete, alberi
secolari, animali di ogni sorta e vite umane perdere la vita…
Oh,
non riesco a dimenticare neppure ora che sono quasi vecchio, le due giovani
vite* che si erano prodigate per spegnerlo uno di quegli incendi. La loro fine
orrenda l’ho avuta negli occhi per anni, e per anni ha bussato nei miei sogni,
e ogni estate mi ritorna, ogni estate quando la ripugnante canaglia, gli esseri
spregevoli, tornano puntuali ad incendiare.
