Nei dialoghi sferzanti
di Mahnattan, gli anni Novanta messi alla berlina. Èun linguaggio scabro e tagliente, essenziale e diretto quello che
connota Manhattan, volume dato
alle stampe ormai diversi anni fa dallo scrittore Angelo Gaccione per le edizioni
dell’Atelier Onesti, con una pregevole postfazione di Roberto Roversi. Già per
il poeta Giorgio Caproni e prima di lui, per citare un altro nome, per il
filosofo Jacques Lacan s’imponeva il discorso sulla difficoltà della parola,
talvolta incapace o inadatta a raggiungere l’obiettivo di delineare pienamente
il significato di un elemento. Fior fior di poeti hanno poi operato un’opera di
scarnificazione della parola stessa, Ungaretti su tutti: Gaccione con questi
brevi: Racconti minimi per ilteatro (come recita il sottotitolo
del volume) porta allo scoperto tramite una sferzante opera di concisione e
‘sottrazione’ (ecco il Calvino redivivo) mali endemici della nostra società,
come la droga, la prostituzione femminile e maschile, la violenza anche familiare.
Sono brevissimi dialoghi in cui emerge tra l’altro una sorta di incomunicabilità
tra i sessi, i quali, un po’ come accadeva nei romanzi di Tondelli (siamo del
resto nello stesso periodo), si orientano verso un’esperienza puramente
effimera e fuorviante del piacere sessuale, quando non in direzione di una
ricerca spasmodica del successo e della celebrità scavalcando ogni regola della
convivenza civile. La lingua adottata da Gaccione che, lo ricordiamo, è anche
drammaturgo e quindi sa ‘maneggiare’ con maestrìa gli strumenti del genere
teatrale, è senza fronzoli o barocchismi: leggendo Manhattan si assiste
a dialoghi crudi e talvolta infarciti di quella volgarità tipica del mondo
giovanile, il tutto strumentale a mettere in scena la depravazione, l’afasia,
la confusione identitaria sessuale, il variopinto e talvolta sboccato
microcosmo adolescenziale in quegli anni Novanta (a tale periodo risale la
concezione e la stesura del volume in oggetto) in cui si entra in una
postmodernità da società liquida conseguente al crollo delle ideologie. Ha
ragione Roversi quando parla di “libro strano” che aggetta su frammenti, su
tessere sparse di un mosaico, ricomposte a mano a mano che le conversazioni
raggiungono l’excipit che vive di “un moto e una tensione” sempre più
percussivi, per dirla ancora con il poeta bolognese, in cui tutto viene
lasciato aperto. Angelo Gaccione Manhattan Atelier Onesti 1995 Pagg. 98 Lire 15.000 Postfafazione di Roberto
Roversi