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giovedì 30 settembre 2021

PIETRE DI INCIAMPO
di Angelo Gaccione
 


Tutti sanno che Milano è città medaglia d’oro della Resistenza. Con la Resistenza partigiana Milano ha riscattato il disonore di piazza San Sepolcro dove il fascismo aveva mosso i suoi primi passi. Ai massacri del nazifascismo e alle deportazioni, Milano ha pagato un tributo altissimo e la città è piena di lapidi su cui si ricordano padri di famiglia e ragazzi di 17 - 18 anni abbattuti dal piombo squadrista o deportati nei campi di concentramento hitleriani. Sono morti per la loro opposizione al regime, per difendere la libertà di tutti noi. Ho segnalato più volte che molte di queste lapidi sono compromesse: sono divenute illeggibili o corrose dal tempo e vanno al più presto sistemate o sostituite, perché quelle memorie restino a monito di ciascuno di noi e delle generazioni future. Sperando che la memoria abbia un futuro, com’ebbe a scrivere lo scrittore siciliano Leonardo Sciascia. Come altre città dove l’opposizione al fascismo è stata forte (Torino, Roma, Napoli…), Milano ha sparso nei luoghi dove la barbarie ha avuto corso, una serie di “pietre di inciampo”. Un modo per lasciare una impronta indelebile, per dare un messaggio al passante che per quei luoghi si trovi a transitare. 



Pietre di inciampo: la locuzione è linguisticamente efficace; inciampare in un ostacolo dà subito l’idea di qualcosa a cui occorre prestare attenzione per non farsi male, per non subire un danno che può diventare serio. E dunque ci obbliga a guardarlo con la massima circospezione possibile, fissarlo diritto in faccia. Perché questo però possa accadere – visto che l’intento è quello di richiamare attenzione, mettere sull’avviso – la pietra di inciampo si deve far notare, ci deve avvisare che sta lì, e soprattutto che non passi inosservata. Se nessuno se ne accorge, se si confonde col grigio del contesto, col lercio della via, la pietra di inciampo ha fallito la sua missione; non serve al compito cui è chiamata; resta uno scarto simile ad altro scarto e la spesa non è valsa l’impresa, come dice l’adagio. Ci rifletta l’amministrazione della mia città e corra ai ripari. Trovi il modo perché quelle pietre parlino e siano messe nella giusta evidenza agli occhi del passante. Milano è la città della fretta e del frastuono, come tutte le grandi città, e non è impresa facile notare un piccolo quadrato d’acciaio annerito e molto spesso dalla scritta divenuta illeggibile. 



È stato difficoltoso persino per me, che mi ci sono messo di buona volontà, inciamparvi e individuarle. Impossibile, inoltre, riuscire a fotografarne alcune per segnalarle agli amici. Insomma, una esperienza frustrante e che per molti versi mi ha indispettito e irritato. O si trova il modo di sistemarle in maniera tale che uno se le possa trovare davanti in tutta lo loro evidenza, oppure è meglio ricoprirle col nero del catrame dell’asfalto. Come era nero il regime che ne ha messo a morte gli uomini e le donne e che noi abbiamo trasformato in inutili pietre.