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mercoledì 8 settembre 2021

TRASVERSALITÀ E VUOTO POLITICO 
di Franco Astengo

Giancarlo Consonni
"Autunno" 1995

Alcuni spunti di riflessione si stanno presentando all'attenzione degli osservatori nell'assistere alle manifestazioni (numericamente in crescita) che potremmo definire del “no all’emergenza” (no vax, no green pass, rappresentano tutto sommato termini riduttivi per descrivere il fenomeno in atto). Spinti da sollecitazioni di diversa natura stanno scendendo in piazza una molteplicità di soggetti in un quadro di attivismo che non deve essere sottovalutato o semplicisticamente marginalizzato.
La difficoltà nel rapporto politica/scienza acuita nella fase dell'emergenza sanitaria e alimentata da diverse teorie fra le quali quelle complottiste ha condotto a un incrocio significativo di proteste e recriminazioni solo apparentemente raccolte tra presunta estrema destra e presunta estrema sinistra. Si registra così la presenza di un panorama che certi media definiscono come “rosso bruno”, almeno sul piano più direttamente politico, e che già era stato alimentato in passato da diverse ragioni: "in primis" a causa della crisi della democrazia rappresentativa.
A questo stato di cose si aggiungono questioni molto complesse emergenti all’interno del mondo del lavoro: al quadro generale riferito al post blocco dei licenziamenti e ai processi di delocalizzazione in atto nel quale sta esercitandosi una fortissima pressione padronale si accompagnano, in particolare nel settori della sanità e della scuola, le questioni derivanti dall'emergenza sanitaria: accesso nelle sedi di lavoro e nelle mense per coloro che hanno ritenuto di non sottoporsi alla vaccinazione; adesso, al rientro dalle ferie estive, il problema si porrà per l’accesso ai trasporti pubblici, elemento vitale per i pendolari che rappresentano gran parte della forza lavoro nei diversi settori. La connessione tra emergenza sanitaria ed emergenza politica impostata dal governo Conte attuando vere e proprie forzature sul piano costituzionale (anche dal punto di vista dell’adozione di una determinata scenografia mediatica da repubblica presidenziale) non è stata sufficientemente contrastata. Di conseguenza in particolare con l'avvento del governo Draghi, si è ulteriormente spostato l’asse della governabilità, ridotto il già contratto ruolo del Parlamento, reso marginale l’apporto delle forze politiche e aperto così spazi a quelle forme contestative di protagonismo collettivo cui si accennava all'inizio. Sotto questo aspetto si tralascia un approfondimento di analisi su quanto prodotto sul piano dell'ulteriore disfacimento del rapporto politica /società derivato dalla ventata dell’antipolitica subitamente tramutatasi in doroteismo trasformista a marca M5S. In realtà sta arrivando al pettine il nodo di uno straordinario processo di manipolazione collettiva che poggia le sue fondamenta sulla misera condizione materiale di vita di gran parte della società italiana che, sfinita, non riesce più a concepire una coerenza dell’agire politico.
Siamo immersi in un contesto sociale nel quale gli spazi di partecipazione e iniziativa appaiono davvero drasticamente ridotti, poco e mal frequentati.
Il pericolo insito in queste manifestazioni indette in molte città d’Italia è quello di non presentare gli elementi utili a costruire una “avanguardia sociale” ma soltanto una somma di recriminazioni sì “trasversali” ma contradittorie rispetto ad un possibile coerente quadro di analisi delle contraddizioni sociali e dell'inedito intreccio emergente tra fratture "materialiste" e fratture "post-materialiste".
Il sistema politico italiano presenta da tempo un vero e proprio "vuoto" ed in questo "triangolo delle Bermuda" si sono innestati i meccanismi di una crescente disaffezione accompagnata da una elevata “volatilità elettorale” derivante dalla circoscrizione dell'aggregazione dei meccanismi di consenso realizzata attraverso una crescente richiesta di relazione tra voto e "scambio politico di massa".
Il confronto politico rappresenta così un ulteriore momento di strumentalizzazione del sentire comune (e del voto) che sembra essere il principale obiettivo politico dei movimenti che intendono alimentarsi di questa ventata protestataria. Le ragioni di questo "vuoto" nel sistema politico possono essere così sommariamente riassunte: mutamento di ruolo e funzione dei partiti, da soggetti ad integrazione di massa a "all catch party" fino a partiti azienda, partiti personali e  effimeri soggetti della "democrazia del pubblico", fallimento della sciagurata idea di risolvere la crisi del sistema attraverso il mutamento del sistema elettorale e dell'assetto istituzionale del rapporto centro/periferia, cedimento culturale al culto dell'immagine e alla idea "modernista" di una destrutturata transitorietà nei riferimenti ideali e di pensiero. È ormai assente una capacità di analisi riguardante il ruolo delle istituzioni, la loro autonomia, il rapporto tra queste e l’organizzazione della politica, la capacità di contaminazione tra aree culturali diverse e la definizione di un conseguente sistema di valori nel momento in cui il pericolo, da diverse parti (opposte ma a volte convergenti) è quello di abbandonare il legame costituzionale.
Un quadro preoccupante nel quale emerge il rischio di veder prevalere una sorta di neocorporativismo di ritorno con il quale finirebbero con l'affermarsi, approfittando della frantumazione sociale e del conseguente vuoto politico quelle rappresentanze di scienza, tecnica, economia sulle quali il capitalismo fonda il proprio progetto di egemonia sulle grandi transizioni in atto. Un progetto di nuova egemonia capitalistica che mira a porsi, nell'esercizio del potere politico, al di fuori dei concetti - chiave della rappresentatività, della mediazione, della divisione dei poteri: come del resto accaduto altre volte nella storia. Le leggi della politica sono impietose: il vuoto viene sempre riempito magari, come in questo caso appare assai probabile dal peggio dell'arretramento storico.