ASTENSIONE E DECLINO DEL POPULISMO di
Franco Astengo
Questa
volta ha colpito verso l’astensionismo quell’alto tasso di volatilità che ormai
caratterizza almeno da un decennio l’esito delle diverse tornate elettorali che
si sono svolte in Italia. Uno "scambio" nel voto di tale portata al
punto da rendere difficoltosa una qualche accurata analisi del voto. Si
preoccupano gli analisti: tra il complesso dei voti validi espressi alle
Europee 2019 e il totale dei voti validi espressi nelle comunali 2021 in 17
capoluoghi di provincia si rileva un calo di quasi il 4% (dal 51,63% al 47,90%)
e ci si colloca al di sotto della soglia psicologica del 50%. Minore
preoccupazione era emersa quando milioni di voti trasmigravano tranquillamente
da un’elezione e l’altra dal populismo renziano a quello del M5S e poi alla
Lega soltanto in ragione di proclami urlati più forte da magici interpreti
della democrazia “recitativa”. Intendiamoci bene: non è possibile effettuare
comparazioni organiche fra diversi livelli di elezione, passando tra politiche,
europee e amministrative. Purtuttavia quando il flusso assume dimensioni così
all’ingrosso una qualche ragione comune nell’esprimersi del fenomeno ci deve
pur essere ed è il caso di indagare, anche se con i mezzi di disposizione lo si
può fare soltanto superficialmente. Succede,
tanto per fare qualche esempio, che la Lega nel suo sbarco al Sud perda
evidenti colpi a Napoli scendendo (tra il 2019 e il 2021) da 36.657 voti a
9.175 e, sempre sotto il Vesuvio, il M5S fletta tra le europee (dove già aveva
accusato un secco calo rispetto alle politiche 2018) e le comunali (dove si è
presentato in alleanza con il PD) da 118.221 voti a 31.805. A
Roma situazione analoga anche se la “tenuta” del M5S appare maggiore che
altrove: da 194.545 voti (2019) a 111.624 (2021). Più evidente la frana della
Lega calata da 285.318 a 60.143 voti. A
Bologna il M5S perde tra un’elezione e l’altra più di 15.000 voti (da 20.008 a
4938) e la Lega scende da 40.282 a 11.346. Rimini:
Lega da 23.058 a 8293; M5S da 10.219 a 1.509. A
Milano dove si registra una caduta complessiva di più di 90.000 voti validi il
M5S scende da 48.958 voti a 12.517 e la Lega (nella sua culla, dove Formentini
vinse nel 1993) da 157.227 suffragi a 48.283. Varese:
la Lega perde 10.000 voti e il M5S 3.000. Infine
Torino: il M5S dimezza (con il Sindaco uscente) da 52.803 a 24.058 e la Lega
perde più o meno 70.000 voti (da 106.657 a 29.593). Spiace
per chi coltiva l’idea dell’alleanza strutturale tra PD e Cinque Stelle quale
embrione del “Nuovo Ulivo” o qualcosa del genere: ma la caduta del Movimento
appare strutturale e figlia dell’esito di una stagione. Ci sarebbe da pensare a
formare un connubio organico con un soggetto in così evidente declino, rispetto
ad un passato che può proprio essere definito di pretto stampo populistico. Un
fenomeno quello della caduta del M5S che può essere accomunato a quello che
riguarda la caduta della Lega che, difatti, ha al suo interno chi pensa a un
ritorno alla cura degli interessi della “Fortezza Nord”. Questa
prima tornata delle Comunali 2021 ci dice allora, prima ancora del successo di
alcuni candidati del centro-sinistra, che la volatilità elettorale che ha
caratterizzato il decennio del XXI secolo (2014, 2018, 2019) sembra arrestarsi
sulla soglia della crisi del populismo riprendendo la strada dall’astensione
mentre si affacciano da qualche parte i NO-VAX e sembrano spariti i soggetti
dell’ultradestra. In sostanza esiste una questione urgente di ristrutturazione
dell’offerta politica a fronte del permanere di una “inquietudine della
domanda”. Di
fronte a problemi sociali enormi le elezioni, massima liturgia della democrazia
liberale, non hanno incrociato le grandi mobilitazioni sociali in atto, da
quelle sull’emergenza ambientale a quelle per la difesa del lavoro dal ritorno
della tracotanza padronale. Ha vinto l’astensione e una sinistra “riflessiva”
dovrebbe cominciare a farsi sentire (e ascoltare).