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domenica 10 ottobre 2021

GLI AFORISMI DI LONGO
di Carmine Chiodo


Nicolino Longo

Ricevo con somma gioia e piacere il terzo e quarto volume degli aforismi scritti da Nicolino Longo: Per lanterna il sole. Prefazione di Laura Margherita Volante (BastogiLibri, Roma, 2021); Nel grano dei giorni. Introduzione di Gino Ruozzi. Prefazione di Federico Migliorati (Bastogilibri, Roma 2021). Dicevo poc’anzi che è una gioia e un piacere per me ricevere tali libri in quanto so, avendo letto i precedenti, di trovarmi davanti a dei perfetti ed esemplari testi aforistici. Ormai Nicolino Longo è un riconosciuto maestro della composizione aforistica e i suoi testi sono ampiamente lodati da illustri critici e italianisti come Gino Ruozzi, il quale giustamente osserva che nelle composizioni del poeta di San Nicola Arcella (CS) “si intrecciano in modo profondo aforisma e poesia. Più propriamente direi che il tono prevalente mi sembra quello poetico…” (v. Introduzione al vol. IV, p. 7). Orbene, anche in questi volumi si ammira la raffinata e varia arte aforistica di Longo che osserva la vita sua e degli altri come pure la società in cui si vive da vari angoli e ne coglie con toni e andamenti espressivi vari e sempre centrati le più varie sfaccettature. Oserei dire che la scrittura aforistica breve ed essenziale accompagna la sua vita e quindi in questi aforismi c’è tutta la sensibilità e la vita interiore dell’autore e riflettono i vasti interessi umani e culturali di Longo. Ha perfettamente ragione quando Federico Migliorati osserva (anzi è una ottima chiave per comprendere gli aforismi) che “avvicinare l’aforistica produzione di Nicolino Longo comporta una conoscenza vasta dello scibile umano giacché l’artista calabrese spazia su plurimi versanti dando prova di una sagace capacità e versatilità…”. Inoltre ciò che va ancora esaltato di questi aforismi è la varietà tematica e stilistica e bisogna tenere in debito conto come si snoda, si dipana, si intreccia il linguaggio di Longo. 



Bisogna seguire attentamente le sue varie mosse stilistiche ed espressive, i suoi doppi sensi, le allusioni, i toni con cui vengono dette alcune cose o descritte certe scene, l’uso sapiente e mirabile di forme  dialogate, della punteggiatura, delle antitesi, delle metafore, per esempio. Longo con una semplicità e nello stesso tempo con molta disinvoltura ci comunica verità eterne, fissa situazioni esistenziali, mette a nudo l’essere ma per arrivare a questa scioltezza linguistica, comunicativa sono sicuro che Longo vi arriva per il tramite di un lavoro intenso di sintesi e di lavorio interiore. La chiarezza concettuale e l’essenzialità stilistica nascono da un continuo lavorio interiore, in quanto Longo mira a parlar chiaro e diretto e non ama sproloqui o paranoie. Leggere i suoi aforismi, scritti in modo lieve, leggero, snello, ma pieno di plurimi e talvolta eterni, universali significati ci fa prendere coscienza di ciò che siamo e di quello che è il tempo in cui viviamo, ci presenta il nostro cuore, il suo cuore: insomma ci consegna pillole di saggezza, ci segnala le varie convenienze della vita, il comportamento di uomini e donne, i loro pensieri e false certezze. Al riguardo voglio citare alcuni aforismi appartenenti al terzo volume nei quali bisogna stare attenti a coglierne il timbro, la voce delle parole che li compongono le pause, gli stacchi, gli incroci, le assonanze e le consonanze, e questo tutto è espresso in maniera stringata però densa concettualmente “Di male in peggio: Da vivo ero pelle e ossa. /Ora, soltanto ossa” (vol. III, LXXXVII, p. 43); “Nella discesa degli anni, ogni passo è in salita” (ivi, LXII, p. 35); “È quando stai a pensare a come viverla, / che la vita ti passa davanti, senza viverla” (ivi, CI, p. 48); “A fette, fra le fette dei giorni, mi mangiano gli anni” (vol. IV, LXV, p. 38); “I malanni ci rallentano i passi,/ e incrementano i grassi” (ivi, CCXXXI, p. 98); “Nella vita: prima, ci si sposa./ Poi, ci si spossa” (ivi, CXXII, p. 57). 



È veramente un piacere e un continuo godimento di brevità e densità leggere questi aforismi nei quali con grande perizia e disinvoltura e varietà di accenti e ammicchi sono squadernate verità e considerazioni e riflessioni di tipo esistenziale o sociale o culturale. C’è una alta e naturale concentrazione concettuale espressa in forme brachilogiche, se così si può dire: ciò che conta è che questi aforismi colpiscono subito chi legge e lo invoglia a proseguire sempre di più nella lettura e a imbattersi in altri splendidi componimenti e così mi permetto ancora di citare questi brillantissimi esiti poetici che hanno un tono narrativo e sono un po’ più lunghi rispetto a quelli già citati ma che sono ugualmente suggestivi e centrati. “Politica e religione son le uniche befane/ cui ancor credono gli adulti. Ma solo quelli che han le ali/ ai piedi della fantasia, e le stampelle ai piedi della mente” (CXXIV, vol. IV); “È da molto tempo che la mia famiglia è stata fatta a pezzi/ dalla morte. Ma sarà, a breve, la morte stessa, / a ricomporla, facendone dei pezzi, l’assemblaggio al cimitero” (XV, vol. IV). Longo guarda alla vita e alla realtà con occhi disincantati e ne coglie realisticamente, e talvolta con forme e tinte fosche, i vari aspetti e accadimenti, rendendo però verità, purtroppo vere che dicono la precarietà, la fine della vita stessa e degli accadimenti reali medesimi; il tutto viene detto con estrema naturalezza e consapevolezza, eccone ancora una ennesima prova: “Ormai questo io sono: immobil bersaglio/ allo sparo degli anni, / che lento m’uccide, col piombo dei giorni” (CXXXII, vol. IV). 



Il poeta non ha alcuna nostalgia, nessuna paranoia, non sproloquia ma riflette sulla condizione esistenziale infilando tutta una serie di indubitabili  verità, e allora cosi  nel terzo volume possiamo leggere aforismi di tal fatta: “Oggi viviamo una vita in fuga, / che non ci dà il tempo di raggiungerla” (CLII); “La vita è la finestra alla quale l’uomo sta sempre affacciato, / a guardare quando arriva la morte, / dalla quale, invece, è sempre, poi, preso alle spalle” (CV); “Molti italiani se la son vista nera, / quando tanti neri/ son venuti in Italia, a lavorare in nero” (CXCIII). Orbene, bisogna aggiungere al già detto prima qualcosa d’altro che connota positivamente questi aforismi di Longo: la posizione, il modo di dire la vita sua e degli altri, l’accettare la vita, le sue sofferenze fisiche e spirituali. Longo non fa drammi o tragedie ma con ironia e ferma consapevolezza sa purtroppo che la realtà è questa e non altra, come la vita. Questa sua posizione, questa sua consapevolezza detta pure i temi e lo stile degli aforismi e perciò leggiamo versi di tal maniera in cui non è mai presente il banale ma una constatazione veritiera su un fatto o una circostanza pericolosa come quella del virus che è “come la brutta notizia. È, infatti, con la stessa velocità, che si propaga da una bocca all’altra”; “Un tempo, il dietologo aveva come compito, quello di rimpolpare i pazienti. Oggi, di spolparli. Fino… all’ultimo centesimo” (LXXXIX); “Si nasce con pianti. E si muore compianti” (CCXXIII). Il lettore pensa: quanta verità espressa con la massima chiarezza ed efficacia è contenuta in queste mirabilissime composizioni di un vero poeta della vita, vista e considerata nelle sue varie pieghe e piaghe. Mi piace concludere queste varie considerazioni con una osservazione calzante e pertinente del già citato studioso Gino Ruozzi, che coglie perfettamente il tenore e la fisionomia degli aforismi di Longo, e che io sottoscrivo pienamente: “Gli aforismi di Longo si leggono con piacere, sono sottilmente pedagogici, disegnano un mondo di sagace bellezza”.