Ricevo con somma gioia e piacere il terzo e quarto volume degli
aforismi scritti da Nicolino Longo: Per lanterna il sole. Prefazione di
Laura Margherita Volante (BastogiLibri, Roma, 2021); Nel grano dei giorni.
Introduzione di Gino Ruozzi. Prefazione di Federico Migliorati (Bastogilibri, Roma 2021).
Dicevo poc’anzi che è una gioia e un piacere per me ricevere tali libri in
quanto so, avendo letto i precedenti, di trovarmi davanti a dei perfetti ed
esemplari testi aforistici. Ormai Nicolino Longo è un riconosciuto maestro
della composizione aforistica e i suoi testi sono ampiamente lodati da
illustri critici e italianisti come Gino Ruozzi, il quale giustamente
osserva che nelle composizioni del poeta di San Nicola Arcella (CS) “si
intrecciano in modo profondo aforisma e poesia. Più propriamente direi che il
tono prevalente mi sembra quello poetico…” (v. Introduzione al vol. IV, p.
7). Orbene, anche in questi volumi si ammira la raffinata e varia arte aforistica
di Longo che osserva la vita sua e degli altri come pure la società in cui si
vive da vari angoli e ne coglie con toni e andamenti espressivi vari e
sempre centrati le più varie sfaccettature. Oserei dire che la scrittura
aforistica breve ed essenziale accompagna la sua vita e quindi in questi
aforismi c’è tutta la sensibilità e la vita interiore dell’autore e riflettono
i vasti interessi umani e culturali di Longo. Ha perfettamente
ragione quando Federico Migliorati osserva (anzi è una ottima chiave per
comprendere gli aforismi) che “avvicinare l’aforistica produzione di
Nicolino Longo comporta una conoscenza vasta dello scibile umano giacché l’artista
calabrese spazia su plurimi versanti dando prova di una sagace capacità e
versatilità…”. Inoltre ciò che va ancora esaltato di questi aforismi è la
varietà tematica e stilistica e bisogna tenere in debito conto come si snoda,
si dipana, si intreccia il linguaggio di Longo.
Bisogna seguire
attentamente le sue varie mosse stilistiche ed espressive, i suoi doppi sensi,
le allusioni, i toni con cui vengono dette alcune cose o descritte certe scene,
l’uso sapiente e mirabile di forme dialogate, della
punteggiatura, delle antitesi, delle metafore, per esempio. Longo con una
semplicità e nello stesso tempo con molta disinvoltura ci comunica verità
eterne, fissa situazioni esistenziali, mette a nudo l’essere ma per
arrivare a questa scioltezza linguistica, comunicativa sono sicuro che Longo vi
arriva per il tramite di un lavoro intenso di sintesi e di lavorio interiore. La
chiarezza concettuale e l’essenzialità stilistica nascono da un continuo
lavorio interiore, in quanto Longo mira a parlar chiaro e diretto e non ama
sproloqui o paranoie. Leggere i suoi aforismi, scritti in modo lieve, leggero, snello,
ma pieno di plurimi e talvolta eterni, universali significati ci fa
prendere coscienza di ciò che siamo e di quello che è il tempo in cui viviamo, ci
presenta il nostro cuore, il suo cuore: insomma ci consegna pillole di saggezza,
ci segnala le varie convenienze della vita, il comportamento di uomini e
donne, i loro pensieri e false certezze. Al riguardo voglio citare alcuni
aforismi appartenenti al terzo volume nei quali bisogna stare attenti a
coglierne il timbro, la voce delle parole che li compongono le pause, gli
stacchi, gli incroci, le assonanze e le consonanze, e questo tutto è espresso
in maniera stringata però densa concettualmente “Di male in peggio: Da
vivo ero pelle e ossa. /Ora, soltanto ossa” (vol. III, LXXXVII, p. 43); “Nella
discesa degli anni, ogni passo è in salita” (ivi, LXII, p. 35); “È quando stai
a pensare a come viverla, / che la vita ti passa davanti, senza viverla” (ivi,
CI, p. 48); “A fette, fra le fette dei giorni, mi mangiano gli anni” (vol. IV,
LXV, p. 38); “I malanni ci rallentano i passi,/ e incrementano i grassi” (ivi,
CCXXXI, p. 98); “Nella vita: prima, ci si sposa./ Poi, ci si spossa” (ivi,
CXXII, p. 57).
È veramente un piacere e un continuo godimento di brevità e
densità leggere questi aforismi nei quali con grande perizia e
disinvoltura e varietà di accenti e ammicchi sono squadernate verità e considerazioni
e riflessioni di tipo esistenziale o sociale o culturale. C’è una alta e
naturale concentrazione concettuale espressa in forme brachilogiche, se
così si può dire: ciò che conta è che questi aforismi colpiscono subito
chi legge e lo invoglia a proseguire sempre di più nella lettura e a imbattersi
in altri splendidi componimenti e così mi permetto ancora di citare questi
brillantissimi esiti poetici che hanno un tono narrativo e sono un po’ più
lunghi rispetto a quelli già citati ma che sono ugualmente suggestivi e centrati.
“Politica e religione son le uniche befane/ cui ancor credono gli adulti. Ma
solo quelli che han le ali/ ai piedi della fantasia, e le stampelle ai
piedi della mente” (CXXIV, vol. IV); “È da molto tempo che la mia famiglia è
stata fatta a pezzi/ dalla morte. Ma sarà, a breve, la morte stessa, / a
ricomporla, facendone dei pezzi, l’assemblaggio al cimitero” (XV, vol. IV). Longo
guarda alla vita e alla realtà con occhi disincantati e ne coglie
realisticamente, e talvolta con forme e tinte fosche, i vari aspetti e
accadimenti, rendendo però verità, purtroppo vere che dicono la precarietà, la fine della vita stessa e degli accadimenti
reali medesimi; il tutto viene detto con estrema naturalezza e consapevolezza, eccone
ancora una ennesima prova: “Ormai questo io sono: immobil bersaglio/ allo sparo
degli anni, / che lento m’uccide, col piombo dei giorni” (CXXXII, vol. IV).
Il
poeta non ha alcuna nostalgia, nessuna paranoia, non sproloquia ma riflette
sulla condizione esistenziale infilando tutta una serie di indubitabili verità, e allora cosi nel terzo volume possiamo leggere
aforismi di tal fatta: “Oggi viviamo una vita in fuga, / che non ci dà il tempo
di raggiungerla” (CLII);“La vita è la
finestra alla quale l’uomo sta sempre affacciato, / a guardare quando arriva la
morte, / dalla quale, invece, è sempre, poi, preso alle spalle” (CV); “Molti italiani
se la son vista nera, / quando tanti neri/ son venuti in Italia, a lavorare in
nero” (CXCIII). Orbene, bisogna aggiungere al già detto prima qualcosa d’altro che
connota positivamente questi aforismi di Longo: la posizione, il modo di dire
la vita sua e degli altri, l’accettare la vita, le sue sofferenze fisiche e
spirituali. Longo non fa drammi o tragedie ma con ironia e ferma consapevolezza
sa purtroppo che la realtà è questa e non altra, come la vita. Questa sua
posizione, questa sua consapevolezza detta pure i temi e lo stile degli
aforismi e perciò leggiamo versi di tal maniera in cui non è mai
presente il banale ma una constatazione veritiera su un fatto o una circostanza
pericolosa come quella del virus che è “come la brutta notizia. È, infatti,
con la stessa velocità, che si propaga da una bocca all’altra”; “Un tempo, il
dietologo aveva come compito, quello di rimpolpare i pazienti. Oggi, di
spolparli. Fino… all’ultimo centesimo” (LXXXIX); “Si nasce con pianti. E si
muore compianti” (CCXXIII). Il lettore pensa: quanta verità espressa con la
massima chiarezza ed efficacia è contenuta in queste mirabilissime composizioni
di un vero poeta della vita, vista e considerata nelle sue varie pieghe e
piaghe. Mi piace concludere queste varie considerazioni con una osservazione
calzante e pertinente del già citato studioso Gino Ruozzi, che coglie
perfettamente il tenore e la fisionomia degli aforismi di Longo, e che io
sottoscrivo pienamente: “Gli aforismi di Longo si leggono con piacere, sono
sottilmente pedagogici, disegnano un mondo di sagace bellezza”.