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giovedì 7 ottobre 2021

IL VOTO IN CALABRIA
di Vincenzo Rizzuto
 


Un risultato scontato.
 
Cosenza. Era scontato che in Calabria avrebbe di nuovo dilagato il centro destra, specializzato da sempre nel gestire il sottobosco dell’intrallazzo e del comparaggio, su cui la regione si regge da decenni per non dire da sempre; un intrallazzo e comparaggio favorito anche dal centro sinistra attraverso legami trasversali, che di volta in volta, soprattutto nel voto amministrativo, vede le varie lobby intrecciare rapporti e alleanze sotterranee, di stampo anche massonico, con cui vengono controllate estese praterie di voto. In Calabria, infatti, come in genere in tutto il Sud, da decenni ormai sono state chiuse le sedi dei partiti: federazioni, sezioni, circoli culturali e parrocchie, dove la gente discuteva di tutto, e gli eletti a livello locale e nazionale erano almeno presenti e davano il loro contributo con discussioni politiche alle infinite problematiche sociali. Le varie lobby a tutto questo hanno sostituito le ‘riunioni di famiglia’, gli schieramenti di vasti interessi privati, che si coalizzano al di sopra e nell’interno dei vari schieramenti politici utilizzando spregiudicatamente le varie istituzioni pubbliche per condizionare il voto: vedi, a tal proposito, la prateria della sanità, dove ricoveri, visite, analisi, interventi chirurgici e ogni altra prestazione viene ‘scientificamente’ gestita in termini delinquenziali dalle medesime lobby, che non solo lucrano enormi profitti ma trasformano ogni diritto della collettività in ‘favori’, che si trasformano poi puntualmente in voti di scambio. Ho detto della sanità, ma essa non è certo il solo settore in cui le lobby operano e realizzano i loro affari, ogni altra attività è regolata dal medesimo meccanismo: appalti, lavori pubblici piccoli e grandi, posti di lavoro, concorsi nella pubblica amministrazione e, ahimè, anche alcuni viatici della giustizia, come sta succedendo mentre scriviamo.
Il voto in Calabria è ondivago, mobile, liquido, atto di amicizia e di parentela, che viene ‘offerto’ e ‘donato’ con rituali, oserei dire, quasi religiosi; lo si offre e lo si dona come un tempo si offriva un bicchierino del vecchio, sacro rosolio sia in casa del povero che del benestante.
E anche la sinistra per decenni, là dove ha governato, spesso, troppo spesso, non ha saputo sottrarsi all’uso clientelare del voto, contribuendo così a diseducare vaste zone dell’elettorato.
Si era poi sperato che la profonda scolarizzazione delle masse, nei decenni dal Settanta al Novanta, potesse diffondere una nuova coscienza civica, ma tutto questo non è accaduto perché molti giovani acculturati sono migrati all’estero e quelli che sono rimasti hanno mantenuto ‘l’occhio torbido’ dei loro padri arruolandosi come professionisti nell’esercito dei ‘familiares’, assatanati di potere che non avevano mai avuto prima. La scuola diventava così, ahimè, strumento di riscatto e privilegio solo individuale, lontano da ogni contributo al progresso civile della collettività. Si capisce allora, ogni volta che si va alle urne, perché scattano meccanismi solo apparentemente diabolici ed esclusivi, con risultati quasi sempre prevedibili.
D’altra parte che cosa si vuole, fino a quando gli strati più poveri, per la loro sopravvivenza, dipenderanno dai favori di una minoranza, che ha in mano la macchina dello Stato e ogni altra risorsa disponibile di assistenzialismo, non ci sarà alcuna possibilità di largo e definitivo riscatto della gente dal giogo delle lobby. In Calabria, più che altrove, il trasversalismo politico tra le famiglie che contano ha fatto sì che spesso le cariche pubbliche di prestigio, come quelle politiche, sono rimaste allo stesso designato o alla sua famiglia per quaranta o cinquanta anni! Un fenomeno, questo, presente in tutti gli schieramenti politici, sì, anche nella cosiddetta sinistra. E allora non ci si deve scandalizzare che la sinistra segna da sempre il passo da noi, se anch’essa, insieme alle componenti reazionarie, non difende fino in fondo neanche una piccola missione umanitaria come quella di un Mimmo Lucano, reo di avere aiutato, nel suo piccolo paese di Riace, un paio di centinaia di curdi affamati e abbandonati da tutti. Ed è così allora che Mimmo Lucano puntualmente, come ha pure ricordato Rocco Altieri in un suo articolo ‘Scotellaro e Lucano’ sulla rivista ‘Odissea’ del 6/ottobre/2021 di Angelo Gaccione’, viene criminalizzato alla stregua di un altro ‘piccolo’ sindaco di un altro piccolo paese della nostra Calabria, Rocco Scotellaro, che a Tricarico si era speso pure per i più poveri e abbandonati suscitando l’ira dei potenti di turno, che riuscirono a farlo condannare al carcere, dove rimase segregato per ben 45 giorni; eravamo nel 1950, e da allora sono trascorsi ben 71 anni senza che nulla sia cambiato: come è vero che in Calabria il tempo è proprio immobile, così come amaramente siamo stati costretti a scrivere poco tempo fa! Mi si perdoni l’autocitazione.