IL VOTO IN CALABRIA
di Vincenzo Rizzuto
Un risultato scontato.
Cosenza. Era scontato che
in Calabria avrebbe di nuovo dilagato il centro destra, specializzato da sempre
nel gestire il sottobosco dell’intrallazzo e del comparaggio, su cui la regione
si regge da decenni per non dire da sempre; un intrallazzo e comparaggio
favorito anche dal centro sinistra attraverso legami trasversali, che di volta
in volta, soprattutto nel voto amministrativo, vede le varie lobby intrecciare
rapporti e alleanze sotterranee, di stampo anche massonico, con cui vengono
controllate estese praterie di voto. In Calabria, infatti, come in genere in
tutto il Sud, da decenni ormai sono state chiuse le sedi dei partiti:
federazioni, sezioni, circoli culturali e parrocchie, dove la gente discuteva
di tutto, e gli eletti a livello locale e nazionale erano almeno presenti e
davano il loro contributo con discussioni politiche alle infinite problematiche
sociali. Le varie lobby a tutto questo hanno sostituito le ‘riunioni di
famiglia’, gli schieramenti di vasti interessi privati, che si coalizzano al di
sopra e nell’interno dei vari schieramenti politici utilizzando
spregiudicatamente le varie istituzioni pubbliche per condizionare il voto:
vedi, a tal proposito, la prateria della sanità, dove ricoveri, visite,
analisi, interventi chirurgici e ogni altra prestazione viene
‘scientificamente’ gestita in termini delinquenziali dalle medesime lobby, che
non solo lucrano enormi profitti ma trasformano ogni diritto della collettività
in ‘favori’, che si trasformano poi puntualmente in voti di scambio. Ho detto
della sanità, ma essa non è certo il solo settore in cui le lobby operano e
realizzano i loro affari, ogni altra attività è regolata dal medesimo
meccanismo: appalti, lavori pubblici piccoli e grandi, posti di lavoro,
concorsi nella pubblica amministrazione e, ahimè, anche alcuni viatici della
giustizia, come sta succedendo mentre scriviamo.
Il voto in Calabria è
ondivago, mobile, liquido, atto di amicizia e di parentela, che viene ‘offerto’
e ‘donato’ con rituali, oserei dire, quasi religiosi; lo si offre e lo si dona
come un tempo si offriva un bicchierino del vecchio, sacro rosolio sia in casa
del povero che del benestante.
E anche la sinistra per
decenni, là dove ha governato, spesso, troppo spesso, non ha saputo sottrarsi
all’uso clientelare del voto, contribuendo così a diseducare vaste zone
dell’elettorato.
Si era poi sperato che la
profonda scolarizzazione delle masse, nei decenni dal Settanta al Novanta,
potesse diffondere una nuova coscienza civica, ma tutto questo non è accaduto
perché molti giovani acculturati sono migrati all’estero e quelli che sono
rimasti hanno mantenuto ‘l’occhio torbido’ dei loro padri arruolandosi come
professionisti nell’esercito dei ‘familiares’, assatanati di potere che non
avevano mai avuto prima. La scuola diventava così, ahimè, strumento di riscatto
e privilegio solo individuale, lontano da ogni contributo al progresso civile
della collettività. Si capisce allora, ogni volta che si va alle urne, perché
scattano meccanismi solo apparentemente diabolici ed esclusivi, con risultati
quasi sempre prevedibili.
D’altra parte che cosa si
vuole, fino a quando gli strati più poveri, per la loro sopravvivenza,
dipenderanno dai favori di una minoranza, che ha in mano la macchina dello
Stato e ogni altra risorsa disponibile di assistenzialismo, non ci sarà alcuna
possibilità di largo e definitivo riscatto della gente dal giogo delle lobby. In
Calabria, più che altrove, il trasversalismo politico tra le famiglie che contano
ha fatto sì che spesso le cariche pubbliche di prestigio, come quelle
politiche, sono rimaste allo stesso designato o alla sua famiglia per quaranta
o cinquanta anni! Un fenomeno, questo, presente in tutti gli schieramenti
politici, sì, anche nella cosiddetta sinistra. E allora non ci si deve scandalizzare
che la sinistra segna da sempre il passo da noi, se anch’essa, insieme alle
componenti reazionarie, non difende fino in fondo neanche una piccola missione
umanitaria come quella di un Mimmo Lucano, reo di avere aiutato, nel suo
piccolo paese di Riace, un paio di centinaia di curdi affamati e abbandonati da
tutti. Ed è così allora che Mimmo Lucano puntualmente, come ha pure ricordato
Rocco Altieri in un suo articolo ‘Scotellaro e Lucano’ sulla rivista ‘Odissea’
del 6/ottobre/2021 di Angelo Gaccione’, viene criminalizzato alla stregua di un
altro ‘piccolo’ sindaco di un altro piccolo paese della nostra Calabria, Rocco
Scotellaro, che a Tricarico si era speso pure per i più poveri e abbandonati
suscitando l’ira dei potenti di turno, che riuscirono a farlo condannare al
carcere, dove rimase segregato per ben 45 giorni; eravamo nel 1950, e da allora
sono trascorsi ben 71 anni senza che nulla sia cambiato: come è vero che in
Calabria il tempo è proprio immobile, così come amaramente siamo stati
costretti a scrivere poco tempo fa! Mi si perdoni l’autocitazione.