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domenica 7 novembre 2021

ESTREMI SENZA IDENTITÀ
di Franco Astengo
 

Savona

Savona è una piccola città di provincia nel cui tessuto politico-culturale nel corso degli anni è capitato si verificassero interessanti fenomeni di sperimentazione che l’hanno resa, di volta in volta, sede di momenti di presenza di veri e propri “laboratori”.
Un fenomeno che si sta verificando anche in questo periodo di contestazione no-va e no-pass. Succede infatti che, come in altre Città da qualche settimana il sabato pomeriggio sia occupato da comizi e cortei, nel nostro caso gestiti dalla CUB, proprio per protestare su presunte violazioni delle libertà costituzionali in questo periodo di emergenza sanitaria.
Proteste che, come in altre parti d’Italia, hanno raccolto insieme istanze svariate e soggetti diversi al di là delle motivazioni più o meno condivisibili che in quelle iniziative vi sono sostenute.
A questo proposito non sarebbe trascurabile analizzare il piano della strumentalizzazione politica (della quale non è stato estraneo uno dei protagonisti dell’avvento in Italia della Tivù commerciale e poi ha lungo dirigente della RAI) che viene sviluppato da portatori di posizioni estreme che danno anche luogo a particolari intrecci.
Una situazione che proprio a Savona, seguendo il programma fin qui noto per sabato prossimo 6 novembre, potrebbe promettere (o minacciare?) di arrivare ad un punto di critico. Dalla partecipazione a queste iniziative è sorto infatti un gruppo di “Pensiero Critico” (al quale pare non siano estranei iscritti o simpatizzanti della stessa CUB). Questo gruppo ha innestato nel quadro della protesta settimanale una doppia presenza: quella del cantautore Povia, persona notoriamente riconducibile all’estrema destra, e di Ugo Mattei, professore universitario spesso presente con suoi testi sui giornali della sinistra e fautore della teoria dei “beni comuni”.


Savona: La Torre del Brandale

Di fronte a questo programma si è sviluppata anche all’interno dello stesso fronte aderente alla protesta una forte contestazione e la stessa CUB ha dovuto prendere le distanze dall’iniziativa del gruppo “Pensiero Critico”.
Alcune riflessioni però si impongono ed è necessario sottoporle anche all’attenzione degli organizzatori di questi eventi.
La prima riflessione è la più banale: una protesta condotta senza prospettive di  perseguire un verosimile obiettivo (con relativo punto di caduta) e reiterata nel tempo rischia di far smarrire una possibile identità e farla così confondere con un coacervo meramente contestatario ( ciò può avvenire specialmente se si tende a caratterizzare la propria presenza con una venatura di “arditismo”) che inevitabilmente finisce con l’offrire facilmente il fianco a inquinamenti e infiltrazioni, se non addirittura a una sorta di “egemonizzazione al contrario”.  Succede quando la tensione estremistica viene sviluppata fino a determinare una “connessione tra estremi” tipica di un situazionismo senza principi.
La seconda riguarda specificatamente il tema di una politica condotta seguendo la “moltitudine” come piano teorico.
Una linea “movimentista” e “populista” - tanto per semplificare -  che ha portato intellettuali di sinistra a favorire l’ascesa del Movimento 5 stelle prima maniera, che ha trovato punti di sperimentazione nel gruppo che fa capo all’ex-sindaco di Napoli De Magistris, alla teorizzazione al ritorno verso certe proposte di “mutualismo” intese come base per una sorta di “ricostruzione progressista” e non come semplice approccio ad una emergenza imposta in un quadro di vero e proprio “ritorno all’indietro”. Una “ricostruzione progressista” quindi semplicemente figlia di una identità debole.



In questa logica (ci sta dentro anche il tema ambientale e la mistificazione che se ne sta facendo nei vari consessi internazionali così come il tema dell’emergenza sanitaria) si dimenticano i lineamenti più elementari del pensiero marxiano, e in particolare si rischia di dimenticare che il capitale non è un’essenza indipendente, un Leviatano, ma un rapporto produttivo di sfruttamento. Per quanto si possa e si debba ridefinire senso e valore di questa terminologia il significato della profondità di valore del termine di sfruttamento. Nella condizione attuale il capitale finanziario investe un mondo produttivo socialmente organizzato, accumulando nelle trafile dell’estrazione di plusvalore sia lo sfruttamento diretto del lavoro operaio, sia la de possessione dei beni naturali, dei territori e delle strutture del welfare state, sia l’estrazione indiretta di plusvalore sociale, attraverso l’esercizio della dominazione monetaria.
Si pone un interrogativo: in queste condizioni perché lottare?
Un interrogativo che dovrebbe essere trasformato in: come lottare? Questo perché le ragioni della lotta ci sono tutte, intatte, nel corso della storia e sono ancora, prioritariamente, le ragioni di quella che era stata definita (e può ancora essere definita) “contraddizione principale” nell’intreccio con la complessità delle contraddizioni emerse dalla “modernità”.
I veri punti della discussione da sviluppare restano sostanzialmente due, e sarà su questi punti che verificheremo la prospettiva di una “fine della modernità” nella quale potrebbe annullarsi il peso di contraddizioni che avevamo invece pensato come definitive:
1) La concezione della politica come lotta per il potere, nella rappresentazione dello scontro fra le diverse classi superando le remore e i fraintendimenti, che sono stati introdotti nel corso degli ultimi anni, in particolare dalla concezione dominante della “fine della storia” e dell’univocità dei modelli di detenzione del potere e dell’organizzazione sociale. Un’univocità che avrebbe assunto carattere “imperiale” a livello planetario, cui sarebbe possibile rispondere soltanto attraverso la protesta di una “moltitudine” che, più o meno spontaneamente, si muove per riappropriasi dal “basso” di quelli che sono stati definiti proprio come “beni comuni”;
2) L’organizzazione della lotta politica. Anche nel XXI secolo, nelle complessità dell’organizzazione sociale esistente a livello planetario, nella trasversalità delle contraddizioni, nel modificarsi del sistema di relazioni internazionali con il ritorno alla geopolitica e il presentarsi concreto di nuove forme di logica dei blocchi. L’organizzazione della lotta politica non potrà che realizzarsi quindi attraverso la costruzione di un’identità basata non soltanto sui necessari riferimenti alla storia del movimento operaio ma anche al riguardo della realtà sociale esistente e alle forme possibili di partecipazione che soprattutto l’innovazione tecnologica ha modificato nel loro esistere concreto dell’oggi. Si tratta di due pilastri fondamentali se si vuole aprire sul serio la discussione sulla possibilità del ritorno ad una idea della politica come lotta per il potere da condursi attraverso un’identità precisa (insieme etica, storica e politica) attrezzata attraverso l’organizzazione di un soggetto compiuto.