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sabato 6 novembre 2021

Il Racconto
UNO SPECCHIO, DUE VOLTI
di Federico Migliorati


Il viaggio in auto era stato piacevole: nelle 5 ore di distanza che separavano la sua città dalla località turistica di ***, scelta per la bellezza del litorale e già in passato sua meta di vacanze, si era potuto gustare un intero Concerto Brandeburghese di Bach. L'autoradio, nuova di zecca, gli restituiva un suono puro, perfetto, sgombro da gracchiate: gli archi della Berliner Philarmoniker gli infondevano sempre una sensazione di forza e imponenza tanto che, ad un tratto, poco dopo il casello di ***, si era impostato meglio sul sedile reggendo il volante con fare imperioso, come se dovesse superare un esame di guida o prepararsi a una sfida sportiva. Si trovò, più volte, a parlare da solo, rimestando sulla motivazione che lo spinse a intraprendere quel viaggio, nato a seguito di uno spiacevole episodio familiare. Da poco separato dalla moglie, allontanatasi con un imprenditore della ghiaia più facoltoso di lui e, si diceva in giro, anche particolarmente avvenente, si era trovato a dover decidere come continuare una vita ora dimidiata. La casa di proprietà gli evitava affannosi pensieri economici altrimenti da considerare, ma sentiva che doveva in ogni caso cambiare, trovare nuovi stimoli, riscoprire passioni coltivate da giovane, dare una svolta alla propria vita. Si lasciò alle spalle il cartello stradale che indicava la località di ***: il navigatore, prezioso compagno nei suoi viaggi, gli consigliava, giunto alla prima rotatoria, di svoltare a destra e sarebbe arrivato. L'Hotel Supramonte troneggiava in centro alla piazza dedicata a Dante: a prima vista si sarebbe detto un villone liberty, ma il passato neoclassico, qua e là all'interno, sbucava improvviso lasciando il cliente stupito e un poco straniato da questo accostamento di stili. Alla reception gli chiesero velocemente i documenti: l'addetta alla segreteria lo squadrò dall'alto in basso percependo in lui un sottile velo di tristezza, inusuale nei clienti che facevano capolino d'estate, quasi tutti facoltosi uomini d'affari con amanti al seguito, ricche ereditiere pronte ad accalappiare giovani aitanti sulle spiagge della zona e, molto più raramente, uomini soli in cerca di relax. Decisamente in ribasso quanti, accostando il nome di quella città al vissuto di un noto scrittore che vi abitò per lunghi anni, si prodigavano alla scoperta dei luoghi citati nei suoi romanzi. Ricevuto che ebbe il badge della camera al secondo piano, Alfredo salì le scale, il cui marmo bianco ne faceva risaltare l'eleganza. Una volta all'interno fu colpito dalla raffinatezza della stanza: quando mai era capitato, nelle vacanze con la moglie, di trovare alberghi siffatti? Attenta a risparmiare come poche la consorte sceglieva pensioni a una stella: "taccagna", le rimproverava sempre Alfredo. Buttò la valigia, invero per metà vuota, sul letto a baldacchino e si avvicinò all'ampio specchio che occupava quasi tutta la parete di fronte. Colse nel suo viso riflesso una tristezza che giungeva da lontano, da una vita quasi mai collimante con una volontà che cozzava con gli obblighi e le necessità che il destino dettava. Spostò di poco lo sguardo oltre il suo viso: lo specchio gli restituì un'altra persona, poco discosta, ai bordi del letto. Si riconobbe: era lui stesso, parecchi anni prima, nell'ardore di una giovinezza alla sua acme, pronto a costruire un futuro lungo e radioso. Dallo specchio vide il suo Io avvicinarsi, prendergli la mano e sentirsi improvvisamente un altro da sé, diviso tra un pensiero nel presente ed un corpo nel passato. Scosso dalla situazione come in un terremoto spazio-temporale, Alfredo aprì la valigia: vi trovò all'interno i vestiti che portava da ragazzo, due walkie-talkie blu, nessun segno del cellulare che aveva portato con sé. C'era però una mappa, della stessa regione in cui si trovava, una rivista dei programmi tivù della Prima Rete Nazionale ed un libro. Come prendere in mano la propria vita e farne un capolavoro, di Frank Leiceston. Si ricordò di averlo letto molti anni prima, senza troppo farci affidamento. Eppure, ora, capì che poteva, che doveva servirgli. Alfredo, entrato poco prima in quella stanza eroso dai pensieri, ne uscì ora con l'ebbrezza vitale della gioventù: la volontà poteva tutto. Si lasciò la porta alle sue spalle, pagò il dovuto per i giorni non usufruiti (il cambio di addetto alla segreteria gli evitò inutili discussioni su curiose dissomiglianze con sé stesso) e abbandonò l'hotel. Di Alfredo non si seppe più nulla, vane le ricerche organizzate dai familiari. Su un giornale della Maremma, molti anni dopo, apparve un articolo dedicato ad un albergo denominato "Dei sogni ritrovati": il giornalista riferiva di clienti che si ritrovavano improvvisamente giovani, di altri che riuscivano nelle imprese più disperate, un tempo impossibili. Il merito pare fosse di uno specchio particolare che il titolare, tale Alfredo, aveva recuperato dopo la demolizione dell'Hotel Supramonte e fatto installare successivamente nell'albergo di sua proprietà…
 
"La sincerità si coglie guardandoci allo specchio:
solo allora torneremo giovani di ideali, non più corrosi
dal tempo patrigno che invecchia corpo ed anima"