Il
Racconto UNO SPECCHIO, DUE VOLTI di
Federico Migliorati
Il viaggio in auto era stato piacevole: nelle 5 ore di distanza
che separavano la sua città dalla località turistica di ***, scelta per la
bellezza del litorale e già in passato sua meta di vacanze, si era potuto
gustare un intero Concerto Brandeburghese di Bach. L'autoradio, nuova di zecca,
gli restituiva un suono puro, perfetto, sgombro da gracchiate: gli archi della
Berliner Philarmoniker gli infondevano sempre una sensazione di forza e
imponenza tanto che, ad un tratto, poco dopo il casello di ***, si era
impostato meglio sul sedile reggendo il volante con fare imperioso, come se
dovesse superare un esame di guida o prepararsi a una sfida sportiva. Si trovò,
più volte, a parlare da solo, rimestando sulla motivazione che lo spinse a
intraprendere quel viaggio, nato a seguito di uno spiacevole episodio
familiare. Da poco separato dalla moglie, allontanatasi con un imprenditore
della ghiaia più facoltoso di lui e, si diceva in giro, anche particolarmente
avvenente, si era trovato a dover decidere come continuare una vita ora
dimidiata. La casa di proprietà gli evitava affannosi pensieri economici
altrimenti da considerare, ma sentiva che doveva in ogni caso cambiare, trovare
nuovi stimoli, riscoprire passioni coltivate da giovane, dare una svolta alla
propria vita. Si lasciò alle spalle il cartello stradale che indicava la
località di ***: il navigatore, prezioso compagno nei suoi viaggi, gli
consigliava, giunto alla prima rotatoria, di svoltare a destra e sarebbe
arrivato. L'Hotel Supramonte troneggiava in centro alla piazza dedicata a
Dante: a prima vista si sarebbe detto un villone liberty, ma il passato
neoclassico, qua e là all'interno, sbucava improvviso lasciando il cliente
stupito e un poco straniato da questo accostamento di stili. Alla reception gli
chiesero velocemente i documenti: l'addetta alla segreteria lo squadrò
dall'alto in basso percependo in lui un sottile velo di tristezza, inusuale nei
clienti che facevano capolino d'estate, quasi tutti facoltosi uomini d'affari
con amanti al seguito, ricche ereditiere pronte ad accalappiare giovani aitanti
sulle spiagge della zona e, molto più raramente, uomini soli in cerca di relax.
Decisamente in ribasso quanti, accostando il nome di quella città al vissuto di
un noto scrittore che vi abitò per lunghi anni, si prodigavano alla scoperta
dei luoghi citati nei suoi romanzi. Ricevuto che ebbe il badge della camera al
secondo piano, Alfredo salì le scale, il cui marmo bianco ne faceva risaltare
l'eleganza. Una volta all'interno fu colpito dalla raffinatezza della stanza:
quando mai era capitato, nelle vacanze con la moglie, di trovare alberghi
siffatti? Attenta a risparmiare come poche la consorte sceglieva pensioni a una
stella: "taccagna", le rimproverava sempre Alfredo. Buttò la valigia,
invero per metà vuota, sul letto a baldacchino e si avvicinò all'ampio specchio
che occupava quasi tutta la parete di fronte. Colse nel suo viso riflesso una
tristezza che giungeva da lontano, da una vita quasi mai collimante con una
volontà che cozzava con gli obblighi e le necessità che il destino dettava.
Spostò di poco lo sguardo oltre il suo viso: lo specchio gli restituì un'altra
persona, poco discosta, ai bordi del letto. Si riconobbe: era lui stesso,
parecchi anni prima, nell'ardore di una giovinezza alla sua acme, pronto a
costruire un futuro lungo e radioso. Dallo specchio vide il suo Io avvicinarsi,
prendergli la mano e sentirsi improvvisamente un altro da sé, diviso tra un
pensiero nel presente ed un corpo nel passato. Scosso dalla situazione come in
un terremoto spazio-temporale, Alfredo aprì la valigia: vi trovò all'interno i
vestiti che portava da ragazzo, due walkie-talkie blu, nessun segno del
cellulare che aveva portato con sé. C'era però una mappa, della stessa regione
in cui si trovava, una rivista dei programmi tivù della Prima Rete Nazionale ed
un libro. Come prendere in mano la propria vita e farneun capolavoro,
di Frank Leiceston. Si ricordò di averlo letto molti anni prima, senza troppo
farci affidamento. Eppure, ora, capì che poteva, che doveva servirgli. Alfredo,
entrato poco prima in quella stanza eroso dai pensieri, ne uscì ora con
l'ebbrezza vitale della gioventù: la volontà poteva tutto. Si lasciò la porta
alle sue spalle, pagò il dovuto per i giorni non usufruiti (il cambio di
addetto alla segreteria gli evitò inutili discussioni su curiose dissomiglianze
con sé stesso) e abbandonò l'hotel. Di Alfredo non si seppe più nulla, vane le
ricerche organizzate dai familiari. Su un giornale della Maremma, molti anni
dopo, apparve un articolo dedicato ad un albergo denominato "Dei sogni
ritrovati": il giornalista riferiva di clienti che si ritrovavano
improvvisamente giovani, di altri che riuscivano nelle imprese più disperate,
un tempo impossibili. Il merito pare fosse di uno specchio particolare che il
titolare, tale Alfredo, aveva recuperato dopo la demolizione dell'Hotel
Supramonte e fatto installare successivamente nell'albergo di sua proprietà… "La sincerità si coglie guardandoci allo specchio: solo allora torneremo giovani di ideali, non più corrosi dal tempo patrigno che invecchia corpo ed anima"