“Sono talmente abituato alla vita
attiva che l’inazione, anche nelle condizioni più favorevoli, mi getterebbe
nella pazzia in pochi mesi”. È il passo di una lettera che il giovane Heinrich
Schliemann, il futuro archeologo e scopritore di Troia, scrive all’anziano
padre da San Pietroburgo, e in questa breve confessione si condensa lo spirito
più vero del suo carattere. Intraprendenza, curiosità, fiuto per gli affari,
spregiudicatezza, spirito di sacrificio, capacità organizzative, sete di
conoscenza. Senza queste qualità, unite alla caparbia ostinazione e ad una
frenetica attività, non avrebbe potuto diventare il ricco uomo d’affari, né
mettere assieme la smodata fortuna economica che gli ha permesso di
intraprendere le sue ricerche in giro per il mondo e in modo particolare nella
Troade. Non si dovrà mai dimenticare che ricerche di questa natura necessitano
di enormi capitali. Occorre mettere in piedi una macchina organizzativa non
indifferente, superare ostacoli politici, ottenere i permessi, dotarsi di
maestranze, allestire cantieri, selezionare ciò che emerge dagli scavi,
mappare, proteggere la vita di chi vi lavora, e soprattutto non arrendersi alle
prime delusioni perché prima di arrivare ad un risultato, di cocenti delusioni
se ne avranno diverse, senza contare i tanti quattrini messi a rischio.
La copertina del libro
Il
libro che Massimo Cultraro dedica a Schliemann dal titolo Alla ricerca diTroia, edito dal Corriere della Sera, ci parla del visionario
ricercatore ed insieme dello spregiudicato uomo d’affari; del mistificatore e
allo stesso tempo del caparbio autodidatta che si inventa una professione, si
immerge nello studio, si impossessa del mestiere sul campo e, alla conoscenza
dei princìpi della geologia, aggiunge una geniale intuizione nell’ambito della
stratigrafia. Tutti elementi che gli torneranno utilissimi nella ricerca. Il
merito del ritrovamento della città di Priamo è andato tutto a lui, ed ha
potuto coronare un sogno custodito sin da ragazzo. Gliene siamo grati, noi
posteri, e gli perdoniamo anche ciò che in lui è stato discutibile. L’ambizione
e la sete di gloria sono divenuti tangibili nel mausoleo che gli è stato
dedicato ad Atene dove riposano le sue spoglie, ma altrettanta gloria andrebbe
tributata a Frank Calvert, che con le sue ricerche e i suoi giornali di scavo,
prima di lui aveva individuato nell’area di Hissarlik, il luogo della possibile
scoperta.