RICOSTRUIRE LA COSCIENZA DI CLASSE di
Franco Astengo
Domani,
8 dicembre, la Commissione Europea riconoscerà i rider e i lavoratori delle
piattaforme digitali come subordinati. Quindi dovranno essere assunti
all’interno dei confini del lavoro dipendente. La direttiva, contenuta nel
pacchetto lavoro, una volta approvata dal Parlamento e dal Consiglio, diventerà
una vera e propria legge alla quale gli Stati Membri dovranno uniformarsi. Si
tratta di una svolta per persone spesso considerate dai giganti dell’economia
digitale lavoratori autonomi, retribuiti con paghe minime e senza alcuna
tutela. Si tratta di lavoratori che hanno come “Capo l’algoritmo” (dal libro di
De Stefano e Aloisi): l’algoritmo che gestisce il lavoro e punisce quando il
rating degli utenti è negativo, oppure ci si rifiuta di lavorare in una certa
fascia oraria e, ancora, giudica la velocità del tuo lavoro: a quel punto ti
cancella dall’app, ti espelle e non ti fa più lavorare. Questa non è autonomia.
Anche perché il lavoratore non decide quanto farsi pagare e come lavorare. Un
discorso che non riguarda soltanto la consegna del cibo a domicilio (in grande
crescita dopo il lockdown e l’obbligo del green-pass per sedere al ristorante)
ma anche il lavoro domestico e quello online come il crowdworking: una vasta
platea di lavoratrici e lavoratori se si pensa che, soltanto in Italia, i rider
privi di tutele assommano a 1.500.000 persone.
La
direttiva della Commissione Europea rappresenta soltanto il primo momento di
una lotta politica che dovrebbe essere condotta a livello sovranazionale avendo
chiaro la necessità prima di tutto di ricostruire una coscienza di classe. Lo
smarrimento individuale della consapevolezza della propria condizione sociale
ha rappresentato il dato saliente nel corso del processo di frantumazione del
mondo del lavoro imposto come caratteristica fondativa dell’evoluzione
capitalistica verificatasi dall’inizio del XXI secolo poi esplosa con
l’evoluzione digitale e la modifica della rete di scambio a livello globale. Rispetto
ai canoni di riferimento dettati dalla storia del movimento operaio occorre
essere coscienti delle condizioni di arretratezza nella quale si trova buona
parte delle forza-lavoro anche qui nell’Occidente “capitalisticamente maturo”. Un’arretratezza
che sta anche alla base della modifica dei rapporti di forza sul piano
politico. Nel corso dei “Trenta gloriosi” (Hobsbawan - Rossanda) nel momento
dell’avvento e dello sviluppo del ciclo taylorista-fordista, della
ristrutturazione dell’industria bellica, del ciclo “nazionale” del consumismo
di massa si verificò, all’interno dei soggetti rappresentativi della classe,
una rielaborazione teorica attraverso la quale fu possibile riconoscere i punti
d’attacco sui quale basare una diversa stagione di avanzamento di diritti e di
capacità d’iniziativa politica. Ciò avvenne sia su impulso della
socialdemocrazia del Nord Europa sia nei settori sindacali e della sinistra
“critica” in Italia, fino a sfociare nel lungo ’68 italiano (come modello
europeo) con l’identificazione delle leve di sviluppo del capitalismo e
l’individuazione dell’operaio-massa come soggetto della trasformazione sociale
con la conseguente la ripresa della tematica consiliare riconoscendo così
l’autonomia politica del lavoro di fabbrica.
Tutto
questo si verificò in conclusione di un lungo ciclo di guerra di posizione e di
rivoluzione passiva che aveva caratterizzato l’immediato dopoguerra in un
quadro (riferito all’Italia) di repressione poliziesca sulle lotte e di vero e
proprio “pagamento dell’intero prezzo” da parte della classe operaia dei costi
della fase di trasformazione del ciclo produttivo in previsione del “miracolo
economico”. Oggi
è necessario comprendere, prima di tutto, la reale condizione che si è
verificata di arretramento sul piano dei rapporti di forza e della strategia
dei diritti; in secondo luogo debbono essere considerate le difficoltà del
sindacato nel riuscire ad esprimere una strategia di lungo periodo con il
rischio di corporativizzazione della confederalità; in terzo luogo è emersa da
tempo la totale assenza di una soggettività in grado di offrire un quadro
complessivo di organizzazione utile al riconoscimento della “classe” con lo
sviluppo di una funzione concreta di pedagogia politica. La
prospettiva della ricostruzione della coscienza di classe, attraverso una vera
e propria rielaborazione teorica sulla base della quale offrire una adeguata
piattaforma di iniziativa di lotta e di rappresentanza appare come la sola
frontiera possibile per proporre l'esercizio di un efficace contrasto
all’egemonia del potere capitalistico sul lavoro esercitato attraverso
imperscrutabili algoritmi (e più avanti con la necessità di recuperare
coscienza di ciò che ci riuscirà a imporre l’utilizzo dell’intelligenza
artificiale nella sostituzione delle forme tradizionalmente considerate di
“lavoro vivo”). Il
capitalismo sta evolvendosi nell’utilizzo delle piattaforme digitale in
funzione del perpetuare l’esercizio del proprio dominio: dobbiamo cercare di
far capire che dietro di esse ci sono persone in carne e ossa, uomini e donne
che hanno diritto alla loro vita.