Confronti FONTI ENERGETICHE E QUESTIONE NUCLEARE di
Giorgio Ferrari
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all’articolo “Uno sguardo al presente e al futuro” di R. Rinaldi. 1-
Energia dal sole e dal vento Le
previsioni IEA[1]
(International Energy Agency) per i decenni a venire stimano l’apporto del
solare e dell’eolico ben oltre i valori indicati nell’articolo (15-20%) sia che
ci si riferisca alla produzione elettrica che alla produzione globale di
energia, cioè energia primaria. Per l’anno 2050 la produzione elettrica da
queste fonti è stimata essere poco meno del 70% (fig.3.10), mentre se si
considera l’energia globale l’apporto stimato è del 38% circa (fig.2.6)
2-
Energia idroelettrica Nelle
previsioni IEA al 2050 (fig.3.10) l’apporto di questa fonte è percentualmente
inferiore a quello odierno passando da un 16-17% attuale a poco più del 11%. La
spiegazione sta nel fatto che i grandi impianti idroelettrici presentano inconvenienti
di vario tipo che vanno dai costi di realizzazione (sbancamenti, costruzione
dighe e condotte forzate), all’impatto ambientale (delocalizzazione di attività
agricole e comunità di persone, impatto sul microclima creato dagli invasi),
con un apporto di CO2 pari al doppio di quello stimato per il nucleare (10,7
gCO2/kwh contro i 5,13 del nucleare)[2].
Questi valori possono migliorare nel caso di impianti ad acqua fluente (senza
invaso), ma a causa dei cambiamenti climatici le portate medie dei fiumi (su
cui si costruiscono queste centrali idroelettriche) sono diminuite, presentando
oscillazioni tali da rendere critico il funzionamento delle turbine
(cavitazione) per cui sono sempre più necessari interventi di modifica degli
impianti e/o dei macchinari: la centrale di Isola Serafini sul Po ne è un
esempio. Per restare all’Italia è assai opinabile che si possano costruire
altri impianti idroelettrici di potenze superiori ai 2 Mwe sul nostro
territorio oltre quelli esistenti, tant’è che l’Enel green power ha in
programma solo interventi di repowering e refurbishment, cioè potenziamento e
ammodernamento dei macchinari sugli impianti esistenti. Infine non va
sottaciuto che, sempre a causa dei cambiamenti climatici, gli impianti di
pompaggio per cui l’Italia è famosa, lavorano sempre meno perché diminuendo il
livello degli invasi non c’è convenienza economica a utilizzare l’acqua che vi
è accumulata, salvo casi eccezionali. Prova ne è che si preferisce importare
energia dall’estero, non perché in Italia manchino le centrali (nel solo Nord
Italia ci sono oltre 3500 impianti idroelettrici!) ma perché l’acqua degli
invasi è diventata come l’oro: più si accumula e più cresce il suo valore.
3-
Energia geotermica Anche
per questa fonte le previsioni di sviluppo mondiale secondo IEA sono irrisori.
Per quanto riguarda l’Italia gli impianti geotermici sono presenti nella sola
regione Toscana: per l’esattezza 34 per una potenza complessiva di 771 Mw pari
allo 0,64% del totale della potenza installata in Italia nel 2020.[3]
I nuovi progetti di costruzione, peraltro largamente incentivati dalla
normativa in vigore, presentano queste caratteristiche: potenze variabili dai
10 ai 25 Mwe; media entalpia (che significa bassi rendimenti) profondità di
perforazione media di 1200 -1700 metri. Sono progetti concentrati nell’area
compresa tra alto Lazio, Umbria e Toscana (Poggio Montone, Casa del Corto; Val
di Paglia; Castel San Giorgio) che incontrano una decisa opposizione della
popolazione residente ed il perché è presto detto: trattandosi di impianti
binari (dove il fluido estratto non va direttamente in turbina come nei vecchi
impianti di Larderello, ma scambia il suo calore con un altro fluido e poi viene
ri-pompato nel sottosuolo) possono indurre fenomeni sismici di non trascurabile
entità, oltre al problema della contaminazione delle falde acquifere. In
Francia nel dicembre 2020, nei pressi di Strasburgo, è stata chiusa una
centrale di questo tipo a causa dei ripetuti fenomeni sismici collegati al suo
funzionamento.[4]
4-
Energia nucleare Il
reattore avviato in Finlandia è quello di Olkiluoto i cui lavori sono iniziati
nel 2005 e doveva entrare in funzione nel 2009, invece ha raggiunto la
criticità (non è ancora collegato alla rete elettrica) nel dicembre 2021 con
costi di costruzione triplicati e una lunghissima serie di inconvenienti
tecnici. Quanto
agli incidenti gravi della storia del nucleare, omettere di citare quello di
Three Mile Island (Stati uniti, 1979) e quello di Fukushima è imperdonabile. Nell’incidente
di Three Mile Island si verificarono ben 6 malfunzionamenti gravi che portarono
alla fusione del 25% del nocciolo e alla formazione di una grossa bolla di
vapore e gas nel contenitore primario che per puro caso non ne provocò
l’esplosione. Questa la sequenza dell’incidente tratta dal Rapporto Kemeny
della Commissione appositamente creata dal presidente degli Usa, Jimmy Carter: Descrizione dell’incidente. L’incidente a tmi-2 inizia
alle 4 del mattino del 28 marzo 1979 con il fuori servizio delle pompe alimento
acqua circuito secondario che provoca lo scatto turbina: la centrale va fuori
servizio e viene disconnessa dalla rete. Lo scatto turbina dà inizio alla
sequenza degli eventi che porteranno all’incidente.
Per compensare l’aumento di pressione del circuito primario, si
apre automaticamente la valvola di sfioro del pressurizzatore (porv) che riversa acqua in un apposito
serbatoio di contenimento situato nel contenitore primario di calcestruzzo;
intanto la pressione all’interno del nocciolo ha raggiunto il valore massimo; Scatto del reattore (scram)
per alta pressione nocciolo con apertura valvola di sicurezza; la pressione del
reattore scende ad un valore tale per cui dovrebbe richiudersi la valvola porv: ma questo non avviene (1°
malfunzionamento); Le pompe di emergenza alimento acqua circuito secondario si
avviano automaticamente per assicurare il rifornimento di acqua al nocciolo, ma
l’acqua non arriva perché le valvole sulla mandata delle pompe sono chiuse (2°
malfunzionamento); Il misuratore di livello dell’acqua nel pressurizzatore indica che
il livello sta salendo: invece non è così perché l’aumento di temperatura del
nocciolo e lo sfioro continuo del pressurizzatore (la porv è rimasta aperta) falsano la misura, ed in realtà
l’acqua nel nocciolo sta cominciando a scendere (3° malfunzionamento); Entrano in funzione automaticamente le pompe di emergenza ad alta
pressione per il raffreddamento del nocciolo (eccs
Emergency core cooling system), ma una delle due pompe viene fermata dagli
operatori perché l’indicatore di livello pressurizzatore era al massimo (4°
malfunzionamento); Scende ancora il livello di acqua nel nocciolo ed iniziano a
formarsi sacche di vapore che porteranno al surriscaldamento e poi
danneggiamento del combustibile: sono passati 6 minuti dall’inizio
dell’incidente; Si avvia automaticamente la pompa di svuotamento drenaggi del
contenitore primario scaricando l’acqua contaminata nell’adiacente edificio
ausiliario che dispone di sfiati liberi con l’ambiente esterno (questo
risulterà essere un errore di progetto) e rimarrà aperta per molte ore
favorendo poi la contaminazione esterna (5° malfunzionamento); Si rompono i dischi di rottura del serbatoio di contenimento dello
sfiato del pressurizzatore per sovrapressione: vapore ed acqua contaminata si
riversano nel contenitore primario; Le pompe di ricircolazione acqua al reattore che fino a quel
momento avevano assicurato un minimo di portata di acqua al nocciolo vengono
fermate per sospetta cavitazione (6° malfunzionamento). È passata circa un’ora
e venti minuti dall’inizio dell’incidente. Da questo momento in poi la situazione precipita per l’aumento di
temperatura all’interno del nocciolo e dell’intero circuito primario, che porta
nel giro di pochi minuti: alla rottura dei tubi di un generatore di vapore; a
far salire la temperatura del combustibile fino a 1982° C con parziale fusione
del nocciolo (circa il 25% degli elementi di combustibile); alla formazione di
una grande bolla di vapore, idrogeno, ossigeno e gas di fissione dentro il
contenitore primario, rischiando di farlo esplodere per sovrapressione interna;
al rilascio di 189 t di acqua contaminata anche da prodotti di fissione
nell’edificio ausiliario, che era in contatto con l’ambiente esterno. Dopo
questo incidente molti impianti in tutto il mondo dovettero essere fermati per
consentire l’adeguamento dei circuiti di sicurezza e la modifica di alcuni
sistemi legati al funzionamento del reattore, secondo quanto previsto dalle
nuove norme della nrc a cui si
adeguarono più o meno tutti gli altri paesi; tra questi anche l’Italia, dove la
centrale di Trino Vercellese restò ferma circa tre anni per l’effettuazione dei
lavori inerenti all’adeguamento delle salvaguardie.
AFukushima gli incidenti gravi sono stati 4 perché secondo la normativa vigente
ogni reattore fa storia a sé in quanto la sua sicurezza di funzionamento non
può dipendere che dai sistemi appositamente previsti per ogni unità. Ci fu la
fusione dei noccioli dei reattori n.1, 2, e 3 e parziale fusione del
combustibile irraggiato depositato nella piscina del reattore n.4. La fusione
del reattore n.1 e 2 è avvenuta prima dell’arrivo dell’onda di tsunami che,
come è noto è arrivata a colpire la centrale 45 minuti dopo l’inizio del
terremoto. L’eccezionalità dell’evento non toglie nulla alle deficienze di
progetto dei sistemi di sicurezza, al fatto che la perdita dell’alimentazione
esterna al reattore (la sottostazione elettrica è crollata subito con il
terremoto, non per lo tsunami) ha messo le sale controllo al buio;
all’assurdità di aver collocato i diesel di emergenza sotto il piano stradale;
all’aver posizionato ben sei reattori nucleari a ridosso del mare in un paese
in cui i terremoti e gli tsunami sono più che possibili. La gravità
dell’incidente di Fukushima (forse non basteranno 50 anni a risolverlo) sta
nella conferma che non si riesce ad evitare la fusione del combustibile in caso
di incidenti che comportino la perdita del refrigerante (analogo a Three Mile Island)
e ciò è tanto più grave perché i reattori di Fukushima erano tutti di
tecnologia occidentale (General electric) e fatti funzionare in un paese (il
Giappone) considerato tra i più evoluti al mondo. A dieci anni di distanza non
si sa esattamente come procedere: si è continuato a raffreddare questi reattori
fusi con acqua che in parte si disperde nel sottosuolo e poi va in mare, e in
parte viene accumulata in serbatoi di metallo nella stessa area di centrale, ma
dato che ormai non c’è più posto (oltre 1.200.000 t di acqua contaminata sono racchiuse
in questi serbatoi) si pensa di scaricarla in mare con la benedizione
dell’agenzia internazionale dell’energia atomica. Dispiace
che in un articolo, apparentemente improntato all’equilibrio, si sorvoli su
questioni rilevanti come la sicurezza, o si trascuri di sorreggere certe
affermazioni con riferimenti verificabili; tanto più quando si comincia col
dire che la critica alle innovazioni tecnologiche, il più delle volte, è
alimentata da “mitologia o leggenda metropolitana” e poi ci si affida a trattazioni
generaliste su questa o quella soluzione tecnologica senza fornire alcun
riscontro.