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venerdì 21 gennaio 2022

FILOSOFI
di Fulvio Papi


Abitudine all’incertezza.
 
Credo che non vi sia nessuno che in questo tempo di diffusa epidemia tenti una qualsiasi ragionevole previsione sulla sua durata. Una pioggia liberatoria come quella famosa delle pagine di Manzoni è un artificio letterario e una metafora provvidenziale. È più facile che si trovi una intelligenza emotiva che parli di una trasformazione del mondo che rende difficile la sua statica abitudine. Questa tesi così immediatamente drammatica ha a suo vantaggio la verità severa secondo cui il mondo è sempre stato un processo di trasformazione per lo più invisibile agli occhi e quindi assente alla semantica quotidiana. Ma a questo vuoto troppo difficile la gente risponde con il pregiudizio della domanda. La normalità che passata la catastrofe costruirà il mondo come prima. È una illusione che ignora le variabili della temporalità e ci restituisce un pianeta disponibile ad ogni avventura dell’uomo “grande miracolo” che governa un mondo che tuttavia procede secondo una facile normalità. È l’oggetto che risorge sempre e che le nostre invenzioni tecnologiche riescono a vedere nel diritto e anche nel rovescio.
Di definitivo non c’è nulla e questo è il nostro appello e dobbiamo abituarci a un nuovo mondo fatto magari di piccole variabili fatali.