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domenica 16 gennaio 2022

Incontri
CONVERSAZIONE CON ADAM VACCARO


 

Un primo piano di A. Vaccaro

Poeta, critico letterario, saggista di grande consapevolezza civile, instancabile organizzatore culturale, animatore da oltre vent’anni dell’Associazione culturale “Milanocosa” che ha diffuso in ogni angolo della città meneghina e nei suoi luoghi più insoliti, poesia, musica, riflessione. Attivissimo e caparbio pur avendo superato gli ottanta, appassionatamente radicale nelle sue visioni politiche, Adam Vaccaro per molti di questi aspetti, e non solo per l’amicizia, lo sento fortemente vicino. Autori di generazioni diverse gli devono tutti qualcosa e fra i poeti suoi coetanei (o di qualche decennio più anziani) egli avrebbe meritato un riconoscimento maggiore. Mi permetto di affermare che la sua poesia ha un valore decisamente superiore a molti di loro.   
 
Gaccione: I bilanci di una esistenza sono sempre in perdita, per ogni uomo che è rimasto tale, e tuttavia dopo una parabola intellettuale e poetica così lunga, un bilancio va tentato.
 
Vaccaro: Innanzitutto ringrazio Angelo Gaccione di questo spazio di attenzione, entro un arco di decenni di scambi alimentati da passione culturale, civile e creativa. E provo a rispondere alla tua domanda che coglie il nervo centrale di ogni altro discorso che seguirà. In particolare alla mia età, l’esercizio del bilancio è quotidiano, e non a caso ho scelto di chiudere il mio ultimo libro, Google – Il nome di Dio, col testo Perfezioni dell’imperfezione, di cui cito i versi iniziali e finali, sintesi della mia risposta: “E tu, amica mia crudele, amorosa corte di tutta/ la mia Cosa che passi e ripassi sui suoi mille passi/ sbagliati… piccola lepre in lotta che cerca l’altro/ mezzo mondo di perfezioni create da questa/ mia preziosa imperfezione”. Siamo tutti imperfetti, e qualunque cosa facciamo restiamo tali. Ma proprio per questo l’essere umano sogna la perfezione, cui dà nomi e forme diverse, che coinvolgono non solo creatività ed arte, ma tutte le attività in ogni campo – senso del sacro, lavoro, famiglia, società – che richiedono sempre immaginazione, creazione e relazioni. Poi, ciascuno di noi valuta i risultati realizzati con autocritica amica e impietosa, se non si è malati di delirio egolalico. Se poi fortuna e capacità ci regalano un nostro Mosè di bellezza cartacea, materica o affettiva, gli chiediamo di parlare con stupore michelangiolesco, perché il flusso vitale continui. Cioè, il senso dell’aneddoto è: a una bellezza che ci toglie la parola, chiediamo di non incarnare una chiusura parmenidea, ma punto di ripartenza e rinascita entro un flusso eracliteo, in cui anche il fascino della perfezione non si riduca a un dio che basta a sé stesso. È questa una malattia oggi diffusa, al pari della pandemia covid, consona a un contesto dominato da visione neoliberista, che riduce a uno la soggettività e disgrega i sensi di polis e comunità. Per tale visione (parola di M. Thatcher), non esiste la società ma solo gli individui, che così oscilleranno tra esaltazione e depressione, e favoriranno autoritarismi sociali. Sono considerazioni prioritarie e prodromiche delle altre risposte.


Adam Vaccaro

Gaccione: Oltre vent’anni di “Milanocosa” non sono uno scherzo. Chi va a dare anche un semplice sguardo al fascicolo che è stato prodotto per il ventennale del 2020, rimane stupefatto per la quantità di eventi prodotti e per le personalità che sono state coinvolte.
 
Vaccaro: In effetti, mi stupisco io stesso quando scorro quelle immagini, redatte da Marcello Montedoro prima di lasciarci. È stata una cavalcata e una corsa a ostacoli diventata via via maratona di un progetto, che ha coinvolto fino a migliaia di partecipanti e contributi di forme diverse di poièin, esponenti di primario livello nazionale e internazionale, di cui non posso qui elencare tutti i nomi. Tutto è memorizzato sia nel Sito di Milanocosa, sia nei libri che ho curato e pubblicato, sia nei video della pagina YouTube di  Milanocosa. Posso dire che è stata una corsa che ha attraversato Milano, l’Italia e aree europee e americane, ricordando solo la Biennale di Venezia del 2001 e la Carovana di Poesia e Musica del 2003. Poi Riviste ed Esponenti tra i più autorevoli, non solo della Poesia (anche se questa è sempre stata al centro), dell’Arte, della Musica, della Letteratura, della Critica, della Filosofia, della Psicoanalisi, della Linguistica, della Storia, delle Scienze e altre discipline speculative, che alimentarono l’atto di nascita con quel convegno storico, Scritture/Realtà, del 2000. Sono ovviamente orgoglioso del percorso realizzato, di cui, come diceva Gio Ferri, io ero il motore. Ma lo correggevo dicendo che senza altri motori quel percorso si sarebbe ridotto a solo qualche centinaio di metri, e non alla maratona che è poi diventata. 


Poesia in azione

Il mio merito è stato certo questo: stimolare tante intelligenze. Ma questo è stato possibile perché era condivisa la ricerca di pensiero critico, liberato da schemi precotti e specialistici. Visione di una ricerca molteplice di realtà interiore ed esteriore, che nasceva dal bisogno di esserci (ricordando Seamus Heaney), per essere meno alienati. Il che implicava un approccio pluridisciplinare entro un orizzonte – geografico, culturale, linguistico – non chiuso o delimitato.
Quanto questo obiettivo ambizioso, complesso e oppositivo alle tendenze prevalenti in atto, storicosociali e culturali, sia stato realizzato, è da me stato sottoposto a spietata autocritica lungo il binario della mia prima risposta e di quei versi citati, con le attenuanti della pochezza di mezzi, rispetto all’impetuoso vento epocale che procede con obiettivi opposti di disgregazione. Mi consolano certo i documenti ricordati, che parlano a chi vuole ascoltare di momenti collettivi di gioia, bellezza e a loro modo di perfezione, generata da tutte le mie e altre imperfezioni. Roberto Caracci, col suo intervento nel video che ha celebrato i vent’anni dell’Associazione confida nei nostri semi (richiamando il mio libro, Seeds del 2014, pubblicato in USA da De Palchi e Chelsea Ed.). Spero che i fatti gli daranno ragione.  

La copertina di Seeds

Gaccione: Il tuo lavoro di indagine critica è inscindibile da quello strettamente creativo di poeta che ti vede attivo da oltre mezzo secolo.
 
Vaccaro: Sono in effetti tre le gambe essenziali e inscindibili del mio personale percorso di ricerca: Azione socioculturale compiuta soprattutto con Milanocosa (dopo precedenti esperienze, milanesi e nel mio paese d’origine), Ricerca critica e Poesia. Ognuna di esse non sarebbe stata quella che è stata senza le altre due. Tanti testi di poesia non sarebbero mai nati senza letture e scritture critiche, e senza l’attività organizzativa, creativa ed editoriale di Milanocosa. Altrettanto posso dire di progetti di quest’ultima, generati da ricerca critica e da letture/scritture poetiche. Infine, la mia metodologia teorico-critica, cui ho dato il nome di Adiacenza, nasce dall’incrocio di pratica creativa e letture interdisciplinari. Senza la passione del demone poetico, non mi sarei mai posto domande su di esso. Ne è scaturita una ricerca che ha coinvolto, oltre a cultura umanistica, filosofica, letteraria e linguistica, imprescindibili ambiti dell’altra cultura, dalle scoperte delle strutture soggettive della psicoanalisi a quelle della fisica quantistica o dell’operatività mentale delle nuove scienze. Un percorso che mi ha via via portato a una visione di poesia come linguaggio totale, sintetizzato nella formula, Tutte le lingue del corpo nel corpo della poesia. Ed era la prassi poetica che confermava le ipotesi teoriche: mi rendevo conto che nel focus di stato di coscienza modificato da cui scaturivano versi, operava la totalità di me stesso, non più divisa o schizoide tra i suoi livelli e diversità. La gioia e la bellezza della poesia (non solo quella scritta) nascono dalla sua azione disalienante di adiacenza tra le strutture costitutive (Io-Es-SuperIo) del Soggetto, scrivente o lettore che sia. E i frutti sono di bilancio liberatorio e rinascita.

Ricerche e forme
di Adiacenza
 
Gaccione: La tua poesia non ha mai concesso nulla all’effimero e al disimpegno; la sperimentazione e la ricerca linguistica sono state sempre ‘al servizio’ di un dire attento a non perdere mai di vista la necessaria ricerca di senso. Una consapevolezza che sin dal suo esordio ha scelto da che parte stare. Non sempre questo è avvenuto nei poeti e con tanta coerenza: in particolare a partire dagli anni Novanta in poi. La scomparsa nei giorni scorsi del militante antirazzista sudafricano Desmond Tutu mi ricorda una sua frase che ben si attaglia allo schierarsi della tua pratica poetica: “Se siete neutrali in situazioni di ingiustizia, avete scelto la parte dell’oppressore”.     
 
Vaccaro: Consegue da quanto detto finora, che a me non interessa né una poesia chiusa nel letterario, né una priva di ogni complessità di linguaggi. Ho parlato di due rive, una appartata, rarefatta e appagata dal culto di sé in qualche Parnaso, l’altra di minimalismi privi di complessità linguistica. Una che esalta il significante, l’altra il significato. Forme della poesia contemporanea, affollata e ininfluente, rispetto alle quali ho auspicato una Terza riva lungo la ricerca di Adiacenza richiamata. Poesia non come mondo a parte, ma parte del mondo, che non può essere né semplice né fuori dalle sue contraddizioni vitali (individuali e sociali), che impongono di scegliere da che parte stare, come sottolineava Roberto Roversi. Esserci in questo tra, è scegliere in particolare rispetto alla Gòrgone Medusa del Potere. Da tali presupposti, non è possibile un poièin autoreferenziale di patetici jeux de mots, che sognano peraltro rivoluzioni immaginarie con le proprie formiche nere sulla carta.


La vita nonostante
 

Gaccione: Il tuo più recente lavoro GoogleIl nome di Dio e che porta come sottotitolo: In quattro quarti di cuore è una impietosa e radicale critica alla società pervasiva dei mezzi di “omologazione e appiattimento” come scrive Massimo Pamio nell’introduzione. Ho trovato in molti dei versi di questo libro più efficacia e più forza di qualsiasi editoriale di osservatori politici che i quotidiani ci propinano al mattino. È tutta l’insopportabile retorica che questi versi mettono sotto accusa, la carità perbenista per lavarsi la coscienza, la disumanità di un algoritmo, il gioco di prestigio per imbrogliare le carte. Le classi continuano ad esistere, così come i responsabili dell’oppressione.
 
Vaccaro: Se la tensione creativa sta in tale gorgo incessante e irrisolto della Storia, senza pace e soluzioni definitive, la poesia deve per me incarnarlo con le sue forme. Tutti i miei libri, sia pure con accenti diversi, traggono alimento da questa selva oscura, con cui cerchiamo di misurarci. Abbiamo celebrato i 700 anni dalla morte di Dante, ma molte celebrazioni sono retoriche e poco conseguenti alla immensa lezione dantesca. Da parte mia, ho cercato di farlo senza supponenze e false modestie. I miei libri (da La vita nonostante) sono sempre progetti con forma a U: immersione nell’inferno in cui la vita ci pone, per poi cercare vie di risalita a paradisi concessi. Che, nel mio caso, sono sempre state laiche e affidate a quelle relazioni gioiose illuminate da Spinoza.
Quest’ultimo mio libro lo evidenzia in modi particolari. Dopo un piccolo catalogo di ombre e orrori delle prime due sezioni, Cuore nero e Cuore viola, del contesto e dei poteri in atto, cerca vie di resistenza e rinascita vitale, nelle sezioni Cuore rosso e Cuore bianco, che coinvolgono anche gli affetti privati. Ma come diceva felicemente lo slogan del femminismo storico, il personale o il privato sono politici.

Google. Il nome di Dio
 
Gaccione: La lettura della tua poesia delle radici è stata per me una gioia per moltissimi motivi. Parlo del libro Identità Bonefrana pubblicato nel 2020 nella elegantissima e prestigiosa Collana poetica delle Edizioni Di Felice. Un innesto anche di versi in lingua madre si trova in questa raccolta, vorrei che me ne parlassi, che mi facessi capire quanto è stato per te necessario ricorrere alla forza del dialetto.
 
Vaccaro: Nel percorso della mia vita che stai richiamando, rimane fondante il punto di partenza, il mio paese di nascita, Bonefro, in Molise. Tutta la mia ricerca, culturale, espressiva e sociale, ruota intorno al tema dell’identità, oggi squalificata dal neoliberismo – nemico di ogni specificità, entro il suo universo liquido di atomi consumistici, senza memoria e capacità critica. Per contro, il tema dell’identità, abbandonato da una sinistra cooptata interamente nella ideologia neoliberista, è stato acquisito dalle formazioni di destra, che lo declinano come chiusura e rifiuto di misurarsi con l’Altro o estraneo.
La mia ricerca è sempre stata incentrata tra due poli simbolici di sensi: Cosa e Casa. Termini che hanno dato nome alle mie iniziative e che implicano né chiusura, né apertura, prive di contrappesi. Casa, dunque, come bisogno di protezione, Cosa come bisogno di ricerca ed esplorazione dell’oltre, capace insomma di non far diventare prigione la casa, ma anche di non far diventare questa una dimora che perde il culto e la memoria, la cultura e il diritto della propria soglia. Senza di che la casa non esiste più.


Bonefro nel dopoguerra

A Bonefro, per quanto detto, ho dedicato versi, iniziative culturali e da ultimo, il libro Identità Bonefrana. Testimonianze vitali della mia identità dinamica, che è imprescindibile dal luogo dove il cuore ha cominciato a battere. Il libro è stato un dono di restituzione e gratitudine verso l’alveo collettivo che mi ha dato la vita. Ma devo dire che anche questo alveo è stato oggetto di disgregazione, accentuata nel corso dell’ultimo secolo come in tutto il Sud. Il mio libro si misura con i problemi di identità (che o è collettiva o non è) di una comunità che si è ridotta a un quinto di quella che era alla mia nascita, e con cui devono fare i conti anche l'attuale Amministrazione e le migliori intelligenze bonefrane. Il mio libro raccoglie testi di oltre mezzo secolo, di poesie, oltre a narrazioni e riflessioni storiche sulle origini sannite del paese.  

Identità Bonefrana

Gaccione: Per chiudere vorrei citare un breve passaggio della postfazione di John Picchione in Google: “La poesia di Vaccaro ha desiderio di rincontrare il mondo” con “conflittualità verso l’oscenità del reale… del capitale globalizzato” e dei “dispositivi tecnologici di controllo di cui dispone”. E fa inoltre degli accostamenti molto pertinenti fra te e Antonio Porta.  


Una veduta di Bonefro
in una foto d'epoca

Vaccaro: Quanto scrive John Picchione su questo mio ultimo libro, oltre che su tutto il mio percorso critico ed espressivo, è di grande importanza. I suoi riferimenti a Porta sono per me fonte di emozione e orgoglio, per la stima che ho di lui. In particolare, è indubbio che Antonio Porta sia tra gli autori contemporanei che hanno inciso molto sul mio modo di concepire, vivere e fare poesia. Ovviamente ulteriori valutazioni le lascio ai lettori, co-autori senza i quali l’alito di vita della poesia rimane monco.