Qualche
considerazione sull’elezione del Presidente della Repubblica L’indecoroso
spettacolo a cui stiamo assistendo in questi giorni in cui i grandi elettori
non riescono a eleggere il Presidente della Repubblica è stato sanzionato da
molti come esemplare immagine dello stato di crisi in cui verserebbe l’attuale
sistema democratico rappresentativo italiano. A mio avviso invece si sta
appalesando sempre di più la crisi del leaderismo, ovvero dell’attuale
inopinata delega che i partiti hanno affidato ai loro capi, responsabili unici delle
scelte e della gestione politica. La
restrizione del modulo del partitismo al leaderismo è la questione irrisolta del
nostro Paese, che ormai affida le sue sorti agli umori personali. Evoca lo
stantio ricordo di monarchie e dittature. A
che cosa è dovuto il passaggio dal partitismo al leaderismo? Alla
superficialità che proviene dalle esigenze dei tempi che l’attuale società
turbocapitalista impone, a tutto detrimento della vita riflessiva e molto più
consapevole che la vita sociale e il bene comune richiedono. Il leaderismo
porta inevitabilmente al prevalere degli interessi egoistici e privati e alla
formazione di ristretti centri di potere che vanno a occupare tutti i centri e
a dirigere l’intera dinamica sociale, creando squilibri, privilegi intoccabili,
differenze insormontabili, il consenso organizzato attorno a una gestione
sempre più ristretta. Il
leaderismo è pericolosissimo, e il cosiddetto populismo di cui si è parlato a
proposito del consenso che questi leader riescono a conseguire nelle piazze e
presso le folle, sta a sancire proprio la mancanza di un dialogo democratico che
veniva organizzato fino agli anni Settanta in Italia dai partiti. I partiti non
esistono più, non esistono più i circoli dei partiti, le sedi dove la gente –
il popolo, la base – si riuniva per discutere i problemi della cittadinanza.
Tutto questo è scomparso per motivi legati ai tempi e ai tagli delle spese: gli
affitti delle sedi sono esosi, è meglio dibattere tra pochi leader, tanto il
risultato non cambia. A quanto pare, non è stato così. Ormai c’è un distacco
completo tra il leaderismo e la democrazia. I nodi vengono al pettine: i leader
non convincono più, non riempiono più le piazze, anzi, al contrario, la gente
li contesta, diffidando di loro che non riescono neanche a formulare un nome
apprezzabile per il Quirinale. Come se in Italia non ci fossero migliaia di Donne
e Uomini di alta cultura, dotati di elevate capacità diplomatiche. E di provata
fede antifascista, perché la Repubblica Italiana è nata dalla reazione al
fascismo e la continuità va mantenuta.