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sabato 29 gennaio 2022

QUIRINALE
di Massimo Pamio


Qualche considerazione sull’elezione del Presidente della Repubblica     
 
L’indecoroso spettacolo a cui stiamo assistendo in questi giorni in cui i grandi elettori non riescono a eleggere il Presidente della Repubblica è stato sanzionato da molti come esemplare immagine dello stato di crisi in cui verserebbe l’attuale sistema democratico rappresentativo italiano. A mio avviso invece si sta appalesando sempre di più la crisi del leaderismo, ovvero dell’attuale inopinata delega che i partiti hanno affidato ai loro capi, responsabili unici delle scelte e della gestione politica.  
La restrizione del modulo del partitismo al leaderismo è la questione irrisolta del nostro Paese, che ormai affida le sue sorti agli umori personali. Evoca lo stantio ricordo di monarchie e dittature.
A che cosa è dovuto il passaggio dal partitismo al leaderismo? Alla superficialità che proviene dalle esigenze dei tempi che l’attuale società turbocapitalista impone, a tutto detrimento della vita riflessiva e molto più consapevole che la vita sociale e il bene comune richiedono. Il leaderismo porta inevitabilmente al prevalere degli interessi egoistici e privati e alla formazione di ristretti centri di potere che vanno a occupare tutti i centri e a dirigere l’intera dinamica sociale, creando squilibri, privilegi intoccabili, differenze insormontabili, il consenso organizzato attorno a una gestione sempre più ristretta.
Il leaderismo è pericolosissimo, e il cosiddetto populismo di cui si è parlato a proposito del consenso che questi leader riescono a conseguire nelle piazze e presso le folle, sta a sancire proprio la mancanza di un dialogo democratico che veniva organizzato fino agli anni Settanta in Italia dai partiti. I partiti non esistono più, non esistono più i circoli dei partiti, le sedi dove la gente – il popolo, la base – si riuniva per discutere i problemi della cittadinanza. Tutto questo è scomparso per motivi legati ai tempi e ai tagli delle spese: gli affitti delle sedi sono esosi, è meglio dibattere tra pochi leader, tanto il risultato non cambia. A quanto pare, non è stato così. Ormai c’è un distacco completo tra il leaderismo e la democrazia. I nodi vengono al pettine: i leader non convincono più, non riempiono più le piazze, anzi, al contrario, la gente li contesta, diffidando di loro che non riescono neanche a formulare un nome apprezzabile per il Quirinale. Come se in Italia non ci fossero migliaia di Donne e Uomini di alta cultura, dotati di elevate capacità diplomatiche. E di provata fede antifascista, perché la Repubblica Italiana è nata dalla reazione al fascismo e la continuità va mantenuta.