Con i miei quarant’anni e più di convivenza con i
giovani come docente prima, e poi come preside, già in pensione da tanto altro
tempo, durante cui non ho mai smesso di seguire, sia pure dall’esterno, le
vicende della scuola italiana, attraverso le sue varie peripezie nell’ambito
della società e delle istituzioni, sono ancora pienamente convinto che essi
hanno piena ragione a muoversi e ad ‘abbaiare’ nelle aule e nelle piazze ogni
volta che la scuola viene trattata come la cenerentola, che non è presa mai sul
serio da nessuno, e a cui ogni volta si promette tutto e poi non si dà nulla,
come è successo finora. E mentre scriviamo gli studenti, infatti
manifestano ancora una volta nelle piazze sull’onda della rabbia per la morte
assurda del loro sfortunato compagno Lorenzo, sacrificato ad una delle trovate
della ‘Buona scuola’ del ragazzo prodigio di Rignano; ma manifestano anche per
l’esame di maturità, riportato alla ‘normalità’ con le due prove scritte, senza
tenere presente che, da ben due anni, con la DAD di scuola se ne è fatta ben
poca. Tutto questo perché sulla scuola vengono prese decisioni calate ogni
volta dall’alto, senza tenere conto di tutto ciò che in essa realmente accade,
senza concordare dal basso le varie decisioni con i soggetti che realmente
operano ogni giorno nelle aule: gli studenti, i docenti, i presidi e tutte le
altre figure che sostanziano la scuola; per non parlare dei vari ministri del
Dicastero scolastico, i quali quasi sempre vengono nominati e operano senza
avere nessuna competenza e idea di cosa sia la scuola nel fattuale svolgimento
della sua opera formativa quotidiana. Un’opera che si concretizza sempre, al di
là di qualsiasi riforma e regolamento, attraverso l’atto formativo che
scaturisce di volta in volta tra docente e discente in mille modi diversi; un
atto che è fortemente determinato in termini artigianali, personali, con
l’intervento attivo dei due attori, da cui non si può mai prescindere. Da qui
l’impossibilità di dare corpo attivo e davvero fattivo in modalità DAD. In tale
modalità viene a mancare infatti l’incontro-scontro tra discente e docente
perché non possono stare insieme, guardarsi, studiarsi per sentirsi soggetti
attivi dell’atto educativo in termini anche empatici, condizioni indispensabili
per la crescita dell’uomo pensante e cittadino del mondo, preparato a vivere
con gli altri e per gli altri. La pratica DAD è del tutto mancante di questi rapporti,
perché essa tende a fare del soggetto una monade a sé stante, non abituata a
stare con gli altri, che rischiano così di essere considerati estranei e ostili. Ma la scuola pubblica italiana oggi non soffre
soltanto per i guasti e i ritardi indotti dalla terribile pandemia, essa soffre
anche di ritardi ormai storici, che nessun governo dell’era repubblicana ha
voluto mai affrontare e risolvere seriamente: strutture fatiscenti, corpo
docente e non docente mal pagato e lasciato solo senza adeguata e continua
preparazione; obbligo scolastico non fatto rispettare specie nelle periferie
delle grandi città, dove si assiste ad un analfabetismo sempre più diffuso e
preoccupante per la mancanza pressoché totale di ogni difesa dei diritti dei
minori, abbandonati a se stessi e troppo spesso abusati dalla delinquenza
organizzata. E così non si è capito, o non si vuole capire che
buona parte della delinquenza e violenza del mondo dei giovani e dei
giovanissimi è dovuta proprio a questa scellerata politica di mancata, seria
scolarizzazione, che inizia a fare acqua a partire dagli asili nido e dalle
scuole materne, che sono la culla dove nasce e si sviluppa la civiltà di un
popolo! Sindacati e Partiti di sinistra, società civile e Istituzioni non hanno
mai voluto prendere in mano questi problemi, perché? È una domanda, questa, che
ci stiamo facendo da decenni senza avere risposta alcuna.