Le tecniche
del colpo di stato “democratico”. Ancora Occidente contro Oriente e contro Sud. L'egemonia Usa nel mondo agisce in un
contesto molto cambiato dai tempi della guerra fredda, del mondo bipolare (o
tripolare, se consideriamo anche i movimenti di liberazione e i paesi
non-allineati). Oggi non è assoluta e indiscussa. Nuovi attori e nuovi
competitori si sono affacciati. Tuttavia gli Usa giocano le loro carte per
mantenere questa egemonia, repubblicani e democratici al governo, non importa. Le guerre
umanitarie e l'esportazione della democrazia sono i mezzi, i veicoli preferiti
in questa fase per mantenere un ordine mondiale a loro favorevole,
economicamente e geostrategicamente. Per esempio, il contesto attuale e i
cambiamenti dei rapporti di forza in America Latina non consentono un bel colpo
di stato, brutale e sanguinoso, come si faceva nei bei tempi andati, come in
Cile nel 1973. In Venezuela, contro Chavez e la rivoluzione bolivariana, gli
Usa ci tentano in vari modi. Nell'aprile 2002 tentarono sempre con i loro
scherani interni, “oppositori democratici”, ma troppo palese fu l'ingerenza.
Ora in America Latina esistono alleanze regionali importanti antiegemonia Usa e
i giochi si complicano. Oggi la
strategia obbligata è quella del colpo di stato “democratico”, la cui
fenomenologia è varia e i cui attori variano, ma possiamo individuare alcune
costanti. Si tratta di favorire, alimentare, foraggiare con milionate di
dollari, addestrare, attraverso varie Ong (di preferenza Usaid e soprattutto
Ned, nata nel 1983 per volere di Reagan e controllata dal Congresso, quindi da
democratici e repubblicani assieme e con l'apporto del sindacato Usa Afl-Cio),
dei “movimenti” locali, spontanei anche, per definizione “democratici” e
indirizzarli verso il fine voluto, rovesciando i governi a loro invisi, anche
democraticamente eletti. Per esempio, Yanukovich in Ucraina, a suo tempo eletto
nel 2010 (con tanto di dichiarazione di Soares dell'Osce “impressionante
manifestazione di democrazia”). Questo è avvenuto in Serbia, in Georgia, in
Ucraina con la cosiddetta “rivoluzione arancione” del 2004, nata e costruita
per evitare il secondo turno delle elezioni che avrebbe vinte Yanukovitch, in
Kirghisistan, prima alleate della Russia. Va da sé, per creare un cordone
attorno alla Russia, dal punto di vista geostrategico, con tanto di presenza
della Nato, e per giocare la partita sul gas e sul petrolio e sugli
oleodotti-gasdotti, dal punto di vista economico.
Questa
descrizione naturalmente prescinde dalla presentabilità o meno dei governi o
dei despoti o degli oligarchi al potere che si rovesciano. Ladrone di stato
Yanukovich, ma ladronissima e oligarca la signora del gas con la treccia a mo'
di santarellina Timoscenko. Non si tratta di questo. Si tratta solo di
smascherare l'immane ipocrisia di questa dinamica. Il buon
samaritano del mondo agisce sempre per “la salvaguardia democratica e per
l'aiuto umanitario alla popolazione”. Con tanto di apporto dei media
occidentali (fondamentali, attori indispensabili della manipolazione delle
coscienze), di uso sapiente di tecnologie sociali e comunicative (Facebook e
Twitter, in primo luogo, alla faccia degli esaltatori di questi “social
network” a sinistra). Come truppe ausiliare, come indispensabile apporto c'è anche
l'immane cretinismo “democratico”, del political correct del
centrosinistra, di varia natura e storia, in Occidente. In Italia, in modo
esemplare con tanto di giornalisti e di giornaliste in quota centrosinistra
(soprattutto giornaliste), sempre “democratiche”, infervorate, “sul campo”,
zelanti come poche. Ricordiamo, per completare, il nostro attuale capo del
governo con l'immancabile uscita “non possiamo non ascoltare il grido di dolore
che si leva dal popolo ucraino” e via cretinando. Immanuel Wallerstein
giustamente ricorda che gli Usa si danno da fare per scongiurare l'asse
Parigi-Berlino-Mosca e quindi il costituirsi di un polo autonomo europeo. Meno
persuasivo, a mio modesto parere, quando dice che gli Usa guardino al Pacifico,
per giungere perfino a costituire un polo con la Cina. Tutto opinabile.
L'Ucraina. Occorreva approfittare della questione se
accettare o meno l'accordo di libero scambio con l'Europa (naturalmente a
svantaggio dell'Ucraina). Piazza Maidan non vedeva solo in azione i vari partiti
filoccidentali di Klitschko e della Timoshenko, ma anche la massiccia presenza
dell'estrema destra di Svoboda (che si rifà al collaborazionista dei nazisti
Stepan Bandera) e del Settore Destro, ben armati e inquadrati a controllare la
piazza. La tattica è sempre quella: la piazza è non-violenta e “democratica”,
le forze governative violente e repressive. Cecchini ben addestrati e
infiltrati colpiscono dimostranti e forze di polizia. Nel caos si guadagna
sempre. Il risultato è il governo autoproclamato con gli “americani” Turchinov
e Yatseniuk (ampiamente fotografati con la plenipotenziaria Usa per l'Europa e
l'Eurasia neocon Victoria Nuland, la quale graziosamente chiama il suo
protetto autoproclamato primo ministro “Yatsi”) e con il neo procuratore generale
Mahnitsky di Svoboda alla sua testa.
La Russia di
Putin, nella nuova versione della guerra fredda, gioca le sue carte e vedremo
come va a finire. La secessione di Crimea e dell'Ucraina orientale filorussa è
il risultato, come paventavano analisti realisti italiani, per niente prorussi,
come Sergio Romano e Fabio Mini. Quest'ultimo, a suo tempo, comandante delle
truppe italiane in Kosovo. E a proposito di Kosovo, ricordiamo la madre di
tutte le nefandezze, la guerra dei Balcani del 1999 e l'allora, benedetta
dall'Occidente, secessione del Kosovo. Infine è intervenuto il sinistro e
realista Kissinger, dicendo apertamente che se si agisce così sotto casa della
Russia, anche con il voler mettere basi Nato non solo in Polonia e Lituania, ma
anche in Ucraina, il minimo che ci si può attendere è la violenta reazione
della Russia. In Venezuela, la partita è altrettanto
importante. Per mezzo delle solite Ong Usa, soprattutto la Ned, si fanno
arrivare tanti soldi alla opposizione. Oggi a Leopoldo Lopez. Sempre la feroce
oligarchia venezuelana, ancor più rabbiosa perché, malgrado la scomparsa
dell'arci-odiato meticcio Hugo Chavez, il chavismo resiste e anzi viene
legittimato dalle elezioni presidenziali dell'aprile scorso e dalle recenti
elezioni amministrative. Dimostrazioni di giovani delle classi medie cittadine,
amplificate a dismisura dai media occidentali, vengono indirizzate e anche qui
agiscono cecchini professionisti che debbono colpire poliziotti e dimostranti
per creare caos. I media occidentali, zelanti sempre, a diffondere, per
esempio, la foto della giovane modella colpita e portata in moto in ospedale
per poi scoprire che a ucciderla è una pallottola di arma non in dotazione alla
polizia. E così è avvenuto per altri morti in questi giorni. Per chiudere
questa nota. A piazza Majdan si è fatto vedere immancabilmente Bernard Henry
Levy, detto Bhl, per la rapidità con cui si muove e porta a destinazione la sua
persona. È ridicola la foto che lo ritrae in posa sulle barricate, con tanto di
fotografi e di scorta di chi controlla la piazza. Questo ineffabile trombone
postsessantotino, o sedicente tale, sedicente allievo di Jean Paul Sartre. Di
quel filone comunque parolaio, modernizzatore e “democratico”, filone, ahinoi,
molto presente e prolifico, che dal Sessantotto è scaturito.
Di chi si sente autorizzato a parlare sempre
e comunque, facendo professione, continuamente, sempre, di anticomunismo e di
antimarxismo, ma “democratico”, anzi in odore di essere “di sinistra”, che usa
l'accusa di antisemitismo come fosse una clava, come intimidazione, a ogni pie'
sospinto, gratuitamente, contro chi non la pensa come lui. Ebbene, ha detto,
dopo la visita a Maidan, “una piazza democratica senza ombra di dubbio”. Alla
faccia dei trucidi nazistoni di Svoboda e di Settore Destro, le cui
manifestazioni di xenofobia e di antisemitismo sono universalmente note e
palesi. Per concludere
veramente. La controinformazione è un pezzo importante di questa partita.
Essendo la formazione del giudizio critico, del pensiero autonomo, un problema,
anche a sinistra. Ho sentito personalmente esponenti di sinistra alternativa
(non moderata, “democratica”, di cui sopra) accusare Chavez di antisemitismo a
causa della sua sacrosanta condanna di Israele e del suo adoperarsi nel creare
l'alleanza-cartello in funzione antimperialistica, a mo' di novella Opec, dei
paesi produttori di petrolio, incluso quindi l'Iran. Molta
controinformazione è prodotta all'estero. Cito solo quelli che ho consultato in
internet e nella newsletter regolarmente inviatami: Other News (in
inglese e in spagnolo), InvestigAction del belga Michel Collon, Carta
Maior del Brasile. Ma molti altri esistono. In Italia soffriamo ancora dei
retaggi storici del provincialismo. Ma anche della subordinazione atlantica. Questa nota è dedicata
a Hugo Chavez Frias, leader venuto dal popolo e in profonda sintonia con il
sentire popolare. Catalizzatore impressionante delle migliori energie popolari
venezuelane, dei giovani e delle giovani in primo luogo. A un anno dalla sua
prematura scomparsa.