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venerdì 4 marzo 2022

PACE, NON GUERRA


 
Brutti tempi per la pace. Come sempre a pagare saranno gli ultimi, tutti coloro di cui ci si ricorda quando diventano lo specchietto per le allodole sotto il quale nascondere i grandi interessi di sempre.
Abbiamo seguito il dibattito parlamentare sul sostegno all’Ucraina, sentendo solo le dichiarazioni di voto favorevoli alla “risoluzione unitaria”, infatti le dichiarazioni di voto contrari o gli astenuti (che pure c’erano) non hanno avuto voce in Tivù. Proviamo una forte nausea a sentire questa cosiddetta unanimità del Parlamento che, parlando di pace e di diritti umani, manda al governo ucraino armamenti (buon affare per i mercanti d’armi, i maggiori affaristi delle guerre!), dichiara fedeltà alla NATO, ringrazia Polonia e Ungheria per l’accoglienza dei profughi, dimenticando le barriere di cemento e filo spinato innalzate da questi paesi verso il popolo dei migranti, quelli che fuggono da guerre e fame, ma non sono gestibili per il teatrino della solidarietà atlantica e NATO.
Coloro che ora si riempiono la bocca di solidarietà e di rispetto per la sovranità nazionale contro le autonomie locali sono gli stessi che, nell’ambito della NATO, in nome delle “autonomie locali”, hanno disintegrato la Jugoslavia. Né dobbiamo avere la memoria corta sulle guerre NATO contro l’Iraq, l’Afghanistan, i paesi africani e asiatici, dovunque ci fossero risorse da rapinare e interessi del capitale da difendere….
Ancora una considerazione: la crisi energetica che si aggraverebbe con le sanzioni alla Russia ha una soluzione per i portavoce dei gruppi intervenuti oggi nel dibattito parlamentare: tornare al nucleare! Così, con una fava, si prendono due piccioni!
Che la guerra sia sempre un enorme profitto per i potenti e una rovina per i popoli, siano essi vinti o vincitori, non ce lo devono insegnare i sepolcri imbiancati che continuano a fare il deserto e a chiamarlo pace.
La difesa per tutti gli aggrediti non può venire dagli aggressori. Per questo la solidarietà sincera alla popolazione ucraina (la cui autonomia proprio Lenin aveva voluto e difeso) merita sostenitori diversi dai guerrafondai di sempre.
Mentre si parla di pace si potenziano gli armamenti, ci si impegna ad inviare aiuti militari, si pensa a nuove basi atomiche.
Le basi militari a marchio NATO e USA che infestano il territorio italiano rappresentano un pericolo costante, un segno di sudditanza che nega il diritto all’autodeterminazione dei popoli.
Dire NO alla guerra per noi significa non solo chiedere che tacciano le armi in Ucraina, ma lottare perché il nostro paese esca immediatamente dalla NATO e che NATO e USA escano dall’Italia.
Silvano Giai e Nicoletta Dosio